arte

Il caos ordinato di Luca Pancrazzi

di Filippo Brunamonti

KURSK, 2016 graphite on canvas, exposed to natural elements 53 x 75 inches (135 x 190 cm)

3' di lettura

Il bianco scompare, l'invisibile diventa cespuglio. Bush on the way, l'acrilico che sembra scivolare fuori da un bosco e apre la mostra Big Bang Gang Bang, ha per metà la luce della luna. E per metà è argento fuso. “Un gran caos. Ma è un caos ordinato” mette in chiaro Luca Pancrazzi, pittore, disegnatore, scultore, fotografo, allievo dello studio di Alighiero Boetti (“Quel che la biro rappresenta per un occidentale, per un Afgano è il ricamo che come una memoria sovraindividuale reca in sé parti della biografia collettiva” scriveva lo storico dell'arte Jean Christophe Amman di Boetti).

Big Bang Gang Bang, presso TOTAH nel Lower East Side, è il trip di un mezzano milanese (nato a Firenze) sulle montagne di upstate New York. “I soggetti sono sempre un pretesto. Nelle mie ricerche vorrei quasi trovare un ipersoggetto e dipingere sempre quello. A cambiare i quadri è la pittura, non il soggetto” spiega Pancrazzi (Big Bang Gang Bang è la sua prima personale a New York). Dalla Biennale di Venezia a quella di Mosca, dalla Triennale di Nuova Delhi al Whitney Museum: le creazioni di Pancrazzi, così strette dalla percezione del naturale e delle forme fatte a mano, arrivano da un doppio gesto: la pittura di fondo - generalmente affidata al preparatore e non all'artista - e il gesso uniforme che scaccia ogni colore ad olio. Il fondo racconta il mondo di Luca. “Le diluizioni fanno l'opera” prosegue. “Parto spesso con 1400 parti di acqua, 20 parti di colore, fino ad arrivare al colore puro. La prima volta che dipingo un quadro, dipingo praticamente con l'acqua. Una volta asciugato, non resta niente”. E l'immagine comincia a imprimersi. I segni si sovrappongono e lasciano stampati punti di bianco puro. “Lì capisco che il quadro è finito. Perché ha tutta la gamma tonale: dalla tela di sfondo al bianco”.

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Il gallerista David Totah trova in Pancrazzi la proiezione di un'ossessione che gli sta a cuore, quella di un sottomarino che ha ispirato l'opera KURSK in grafite. “A volte incontro figure e devo fermami a pensare, a chiedermi il significato di quelle immagini così potenti” dice Pancrazzi. “Nel 2000, un sottomarino sovietico rimase coinvolto in un incidente; a me tornò in mente il periodo della Guerra Fredda. Sono nato e cresciuto dal '61 in poi e la Guerra Fredda per me era una sorta di vita naturale e parallela. Lo scontro del sottomarino sovietico con un sottomarino americano, con tanto di missili e misteriose esplosioni, pare si sia placato grazie a un'offerta del governo americano ai sovietici pari a 10 miliardi di dollari, per mettere tutto a tacere. Ancora oggi è un mistero. A me intriga il caos apparente di questa struttura esplosa e implosa. Non si sa bene cosa sia. Se non vi dicessi che è un sottomarino, si tratterebbe solo di un'entità astratta. È un caos che prelude ad un ordine esistente”. Per KURSK, Pancrazzi ha utilizzato la stessa polvere di grafite usata come lubrificante per i motori dei sottomarini atomici.

Tenuto esposto al sole in Toscana un'estate intera, “affinché la storia lo ingrigisse e gli desse la patina del tempo”, KURSK ha preso forma. Altrimenti “da solo, io non sarei riuscito a finirlo”.
A fare da contraltare al bianco di Big Bang Gang Bang c'è la china su carta che dà il nome alla mostra: “Big Bang Gang Bang è un'opera nata pulendo lo studio. Un'operazione semplice, quotidiana, che restituisce dei veri e propri disegni lunari. La polvere e le altre tracce di materiali e puntine sparse nel mio studio lì ho spazzati sopra dei fogli bianchi, e su ognuno di questi ho soffiato con la bocca della classica china nera indiana. Mi sono spompato i polmoni; la testa ha continuato a girare per due giorni di fila, eppure, anche qui, un risultato inaspettato: il foglio di carta e il caos del colore spruzzato a bocca hanno reso visibile l'invisibile. Le particelle subatomiche sono atterrate sui fogli, mentre, là fuori, una ricerca scientifica sulle onde gravitazionali identificava un momento esatto nella storia dell'universo: il momento prima del Big Bang, il momento prima dell'origine. Ecco: le onde gravitazionali ci portano dritte all'attimo in cui ancora il tempo non esisteva”. L'esplosione, e l'intuizione, di quel che arriva “prima” è il piccolo, grande mistero dell'arte di Luca Pancrazzi. Chissà, sotto quel caos, che cosa accadrà “dopo”.

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