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Il capitale fiduciario come asset per l’innovazione sociale

L’esperienza del gruppo Goel diventa un “Manuale dell’etica efficace” per prevenire e risolvere i problemi degli ultimi, senza crearne altri

di Giuseppe Chiellino

3' di lettura

Obiettivo dell’etica è salvaguardare e promuovere la dignità umana e di correggere le asimmetrie che comunque esistono nelle relazioni sociali e personali. Dato questo assunto, l’etica non può limitarsi ad essere giusta, ma deve essere anche efficace, cioè «risolutiva». Deve cioè assumere il punto di vista dei più deboli e dei più fragili con l’obiettivo di creare le condizioni per correggere più in fretta possibile gli squilibri di dignità. In due parole, per essere efficace l’etica deve prevenire o risolvere i problemi degli ultimi, senza crearne altri. Su questa idea ruota il “Manuale dell’etica efficace” (Goel Edizioni, 257 pagine, 20€) in cui Vincenzo Linarello trasferisce, teorizzandola, la propria esperienza di innovatore sociale con Goel, gruppo cooperativo che da 20 anni lavora per creare sviluppo nella Locride e in altre aree della Calabria, opponendosi alla ’ndrangheta, attraverso la creazione e il sostegno alle piccole imprese, servizi sociali e sanitari, moda etica, agricoltura biologica, turismo responsabile.

Dall’esperienza sul campo al percorso di cambiamento

È un percorso per il “cambiamento” costruito dall’esperienza sul campo. Ma anche il tentativo di «far luce sulle potenti dinamiche della speranza che agiscono nelle trasformazioni positive della storia, piccole e grandi, locali e globali». Attraverso «l’ascolto non pregiudiziale di tutte le parti che compongono lo scenario» in cui si opera, la “fede pregiudiziale” nella bontà delle proprie convinzioni e una giusta dose di “follia creativa” che partendo dagli inevitabili fallimenti porti a esplorare nuove strade, Linarello espone lo schema, sperimentato in Goel, per innescare l’innovazione e attuare una strategia di etica efficace. L’invito è a non escludere nessuno dalla possibilità di cambiare. I “cattivi consapevoli”, cioè quelli che fanno del male sapendo di farlo, sono rari, ma anche a loro deve essere data la possibilità, con la forza delle parole e dei linguaggi. «Non vincere, ma con-vincere». La “fede pregiudiziale” nelle proprie posizioni diventa una sorta di polizza, di garanzia: posso ascoltare tutti, ma deve essere chiaro che la mia identità etica è fuori discussione.

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Mix di reputazione e fiducia

Un ruolo centrale in questo schema spetta al “capitale fiduciario”, definito come il mix di reputazione e fiducia diffuse di cui gode un’associazione o un’impresa, insieme a quelle dei soggetti che compongono la sua rete di relazioni. Tanto più alto è questo capitale, quanto più alte sono non solo la reputazione, la fiducia di cui gode e la notorietà, ma anche e soprattutto quelle della sua rete di relazioni, lavoratori, soci, fornitori, volontari, clienti.

«È l’asset di gran lunga più importante e invisibile di Goel» scrive Linarello. Nel 2014 il gruppo ha depositato il marchio. Presupposto principale per costruire il capitale fiduciario è adottare una visione etica e cercare di incorporarla nella propria mission con la massima coerenza possibile. Questa visione deve essere riconoscibile e comunicata agli stakeholder: è essenziale per creare la reputazione e la fiducia e favorire la costruzione di una rete relazionale coerente. Il messaggio è: «Noi siamo così». A ciò deve accompagnarsi un lavoro sulle relazioni per coinvolgere e motivare la rete. Infine, è necessario soppesare il capitale fiduciario di ogni persona o entità che entra nella rete, al di là delle apparenze.

Caratteristica non secondaria del capitale fiduciario è che può essere monetizzato nella misura in cui fornitori, finanziatori, clienti, istituzioni ma anche i lavoratori e i singoli individui sono disponibili a “retribuire” la “condivisione di senso” che quel capitale produce in loro: clienti disposti a pagare un prezzo più alto o sconti dai fornitori sono i due esempi più semplici.

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