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I costi dell’energia e delle materie prime, la crisi delle catene di rifornimento: dopo la pandemia alcuni temi sono diventati sempre più urgenti per le imprese. Ma ce n’è un altro, altrettanto importante, che riceve spesso meno attenzione nel dibattito pubblico: il capitale umano. «È sempre più difficile trovare personale qualificato e professionalità in linea con quello che le aziende cercano», dice Monica Poggio, vicepresidente di Assolombarda con delega a Università, Ricerca e capitale umano.
Quali sono le competenze di cui c’è maggiore carenza?
Oggi le aziende devono affrontare sfide come la transizione digitale o la sostenibilità, oltre a una complessità di contesto che richiede grande velocità di apprendimento da parte di tutta l’organizzazione e competenze tecniche specialistiche. Purtroppo, il mercato del lavoro non è pronto e non offre queste professionalità, così come il sistema educativo non sempre riesce ad adeguare la propria offerta formativa. Inoltre, servono competenze “soft”, come la capacità di lavorare in team, di adattarsi in maniera proattiva ai cambiamenti, di esercitare il pensiero critico e di leggere i fenomeni nella loro complessità.
Partiamo dal sistema formativo: cosa occorre fare?
C’è bisogno di più formazione tecnica, perché mancano gli operai e i tecnici specializzati. Purtroppo nel nostro Paese c’è da sempre la percezione che la formazione umanistica e accademica siano più nobili o dignitose di quella tecnica, ma non è così: servono entrambe, solo che andrebbero ribilanciate tenendo conto di quello che serve allo sviluppo del Paese. È importante orientare i giovani, soprattutto le ragazze, verso studi tecnici e verso le discipline Stem, dalle scuole superiori agli Its e all’università.
Dalla ricerca emerge anche una forte richiesta di manager: i migliori vanno all’estero?
Per i manager serve un aggiornamento continuo e questo devono farlo le aziende. In un contesto così complesso, la competenza primaria è imparare a imparare. La velocità dei cambiamenti rende facilmente obsoleti approcci e competenze, perciò serve un continuo aggiornamento delle professionalità. Per le piccole aziende non è sempre facile, ma come Assolombarda siamo a disposizione per dare supporto ai processi di managerializzazione e innovazione.
Altro tema cruciale: come attrarre e trattenere i talenti?
Le nuove generazioni hanno un approccio diverso al mondo del lavoro. Non condivido il luogo comune secondo cui i giovani oggi hanno poca voglia di lavorare. Hanno valori diversi, che vanno riconosciuti e compresi, non combattuti. Cercano una maggiore valorizzazione della propria identità e delle competenze acquisite. Chiedono la possibilità di un apprendimento continuo e un diverso equilibrio tra vita privata e lavoro. Vogliono lavorare in un ambiente innovativo e digitale, in un clima organizzativo dove ci siano fiducia e senso di partecipazione. Vedo che le aziende sono sempre più consapevoli di questo e stanno adeguando la propria offerta, ma è un cambiamento radicale e occorre tempo.
Come riorientare la disponibilità di competenze?
Lavorando sulla filiera professionalizzante. Regione Lombardia è molto attenta a questo tema e noi collaboriamo con loro ad esempio sul fronte degli Its e della formazione professionale. Il primo passo è l’orientamento dei giovani, nelle scuole, poi il riorientamento dei giovani diplomati, che rischiano di non proseguire gli studi. Infine la formazione continua in azienda.
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