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Il carbon footprint dello streaming: la riunione inquina di più con la telecamera accesa

Uno studio stima le «impronte» di carbonio, acqua e suolo associate a ciascuna ora di dati trascorsa nelle app Internet più diffuse

di Marco Trabucchi

(rawpixel.com / McKinsey )

3' di lettura

Non si tratta solo di nascondere il disordine, o il pigiama che si indossa, ma scegliere di lasciare spenta la telecamera durante una video-conferenza in smart working, può essere un gesto utile alla salvaguardia del pianeta e ridurre la carbon footprint del 96 per cento. Come anche abbassare la qualità dello streaming, quando si guardano contenuti on demand, potrebbe portare a una riduzione dell'86% della stessa impronta.

Sono i dati diffusi dalla ricerca della Purdue University, pubblicata su Resources, Conservation & Recycling, sull'impatto del lavoro a distanza e della fruizione dell'intrattenimento domestico in streaming (video e videogiochi).

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Un dato della ricerca è particolarmente significativo: un'ora di videoconferenza (quindi una riunione su Zoom) emette circa 150 grammi di anidride carbonica, mentre un'ora di streaming (un film su Netflix per esempio) circa 450 grammi di anidride carbonica. Certo sono pochi, se raffrontati per esempio ad un litro di benzina, che ne emette più o meno 3.200 grammi, ma in un computo globale di lavor da remoto con continua riunioni online hanno sicuramente un impatto ambientale significativo.

Non solo, la ricerca ha stimato, oltre all'impronta di carbonio, anche il consumo di acqua e terra associate a ogni gigabyte di dati utilizzati su internet, scoprendo che un'ora di videoconferenza e streaming richiederebbero per essere alimentate rispettivamente 2 e 12 litri di acqua e una superficie terrestre pari a circa le dimensioni di un iPad.

Le stime sono approssimative, dicono i ricercatori, poiché sono dati messi a disposizione dai fornitori di servizi e da terze parti. Ma il team ritiene che le stime aiutino a documentare una tendenza e portare una comprensione più completa delle impronte ambientali associate all'uso di Internet.

Di sicuro, afferma la ricerca, «maggiore è il numero di video utilizzati in un'applicazione, maggiore sarà l'impatto energetico necessario per alimentare i dati center, i centri di elaborazione che servono alle piattaforme per trasmettere i dati».

E visto che lo streaming assumerà sempre più un ruolo centrale nella fruizione dei contenuti online, video e soprattutto videogiochi, per funzionare i data center avranno bisogno di molta energia. Si stima infatti che nel 2030 il 13% dell'elettricità complessiva prodotta sarà assorbita proprio dai data center, che saranno responsabili del 6% delle emissioni di anidride carbonica.

Un problema che le grosse piattaforme hanno dichiarato di voler affrontare attraverso svolte green senza precedenti. Google è stato il primo, dichiarando di voler utilizzare entro il 2030 il 100% di energia carbon-free, prodotta senza emissioni di carbonio, per alimentare i sui data center, circa 900.000 in tutto il mondo.

Obiettivi ambiziosi, che anche gli altri colossi come Apple, Amazon e Microsoft hanno dichiarato di voler portare avanti nei prossimi anni.

Una maggior consapevolezza ambientale che si dovrebbe tradurrebbe in un'informazione più trasparente, capace di innescare comportamenti più responsabili da parte degli utilizzatori, come auspicato dai ricercatori.

«I sistemi bancari ti dicono l'impatto ambientale positivo dell'abbandono della carta, ma nessuno ti dice il vantaggio di spegnere la videocamera o ridurre la qualità dello streaming. Quindi, senza il tuo consenso, queste piattaforme stanno aumentando il tuo impatto ambientale. L'impronta di carbonio di Internet era già aumentata prima del blocco del COVID-19, rappresentando circa il 3,7% delle emissioni globali di gas serra. Ma l'impronta idrica e terrestre dell'infrastruttura Internet è stata ampiamente trascurata negli studi su come l'uso di Internet influisce sull'ambiente», ha affermato Kaveh Madani , che ha condotto e diretto lo studio.

La ricerca ha evidenziato che alcuni Paesi hanno segnalato un aumento di almeno il 20% del traffico Internet da marzo. Se la tendenza continuerà fino alla fine del 2021 gli studiosi prevedono che questo aumento richiederebbe una foresta di circa 71.600 miglia quadrate - il doppio della superficie terrestre dell'Ungheria - per far fronte al carbonio emesso.

L'acqua aggiuntiva necessaria per l'elaborazione e la trasmissione dei dati sarebbe sufficiente invece per riempire più di 300.000 piscine olimpioniche, mentre l'impronta risultante a livello di terreno sarebbe quasi uguale alle dimensioni di Los Angeles.

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