Il cartone adulto di Zerocalcare
Strappare lungo i bordi. Il fumettista aretino disegna una serie animata dal ritmo serratissimo, parlata in romanesco stretto da lui e da Valerio Mastandrea: sei episodi con un'ottima cura del dettaglio e gag visive che si bevono d'un fiato
di Gianluigi Rossini
2' di lettura
Dimenticata la débâcle del tremendo film La profezia dell’armadillo (2018) e dopo il buon auspicio dei corti a tema pandemia realizzati nel 2020 per Propaganda Live, la transizione sullo schermo dei fumetti di Zerocalcare (al secolo Michele Rech) arriva alla sintesi perfetta con Strappare lungo i bordi, scritta e diretta interamente da lui stesso, in uscita il 17 novembre su Netflix. Che io sappia, è la prima vera serie animata italiana non per ragazzi (su Netflix è VM14) dai tempi della Linea di Cavandoli, e riesce lì dove anche Cattivik e Rat-Man hanno fallito.
Ritmo serratissimo
Strappare lungo i bordi funziona, innanzitutto, perché si assume dei rischi: il ritmo è serratissimo, c’è molto turpiloquio, la voce narrante di Zerocalcare non si preoccupa né di introdurre il suo mondo (l’armadillo, Secco, Sarah, Cinghiale), né di spiegare il suo vocabolario romanesco, né di scandire bene le parole. Forse chi ha poche frequentazioni romane perderà qualche passaggio, ma i tempi comici ne guadagnano enormemente. L’armadillo ha la voce di Valerio Mastandrea, tutti gli altri personaggi sono doppiati da Rech, tranne che per l’ultimo episodio. Non so se la scelta sia stata dettata da questioni di budget, ma è ben motivata nella storia: nell’episodio finale il protagonista ha una rivelazione che lo fa finalmente uscire dal suo egocentrismo.
C’è una gran cura del dettaglio che ottiene il massimo da mezzi limitati: pochi ambienti ma molta inventiva, un sonoro espressivo e stratificato, scelte musicali coerenti, gag visive che durano una frazione di secondo o si nascondono sullo sfondo. I sei episodi da venti minuti si bevono d’un fiato, ma vale la pena rivederli per cogliere citazioni ed easter eggs.
Con senso della misura Zerocalcare resta in un territorio familiare: il ritratto dell’adolescenza lunga, quello stato di sospensione tra l’attaccamento alla dimensione epica della gioventù e l’approssimarsi inesorabile dell’età adulta per la quale ci si sente inadeguati. È un po’ una comfort-zone, un po’ una prigione: le iperboli sulle piccole nevrosi fanno ridere di gusto, ma nascondono la tentazione di deviare il pensiero da ciò che fa davvero paura: la morte, il fallimento, la stasi.
Strappare lungo i bordi, Zerocalcare, Netflix, dal 17 novembre
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