l’analisi

Il caso che fece partire la riforma delle finanze vaticane

di Carlo Marroni

2' di lettura

Fu la vicenda che fece partire il lungo processo di riforma delle finanze vaticane. Il caso giudiziario che oggi vede la richiesta di condanne dei due ex manager dello Ior, Cipriani e Tulli, scoppiò nel mezzo del pontificato di Benedetto XVI e spinse l’allora papa, oggi emerito, ad avviare una profonda revisione delle regole di trasparenza, processo poi accelerato da Francesco, e tuttora in parte ancora in corso. Fu indagato anche l’allora presidente Ettore Gotti Tedeschi, poi completamente scagionato dopo la sua estromissione dall’Istituto avvenuta nel 2012, nella fase più problematica del pontificato, in piena Vatileaks-1.

Cipriani e Tulli rimasero al vertice operativo dello Ior fino al luglio 2013, quando Francesco, da poco eletto Papa, decise la loro sostituzione dopo lo scoppio del caso relativo al monsignore di Curia, Nunzio Scarano, altra vicenda di cui si è occupata la magistratura italiana. Rispetto alla vicenda dei 23 milioni molte cose sono cambiate dentro le mura leonine: è nata l’Aif, l’Autorità di controllo rafforzata poi da Bergoglio, e anche lo Ior ha visto ridurre progressivamente i suoi ambiti operativi, ricondotti in buona parte a quelli originari di assistenza alle organizzazioni religiose e pagamenti interni.

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Inoltre nel frattempo sono stati siglati accordi tra la Santa Sede e l’Italia sia nella lotta al riciclaggio che in materia di vigilanza finanziaria per lo scambio di informazioni: quest’ultimo, firmato la scorsa estate, ha normalizzato le relazioni con la Banca d’Italia, segnando quindi la “pace” dopo anni di interruzione. Il quadro quindi oggi si presenta oggettivamente cambiato rispetto all’epoca dei fatti sotto inchiesta - quando lo Ior spesso agiva come una vera e propria banca “offshore”, implicata in altre vicende - anche se non è escluso che possano restare delle residue criticità.

Allo Ior da tempo possono aprire dei conti solo delle categorie ben definite di soggetti e per scopi legati all’attività della Chiesa. Oggi alla guida operativa dello Ior come direttore generale c’è Gian Franco Mammì, un funzionario di lungo corso del Torrione Niccolo' V, nominato da poco più di anno per volere espresso del Papa che lo conosceva sin dai tempi di quando era arcivescovo di Buenos Aires.

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