Il Castello Odescalchi porta a Bracciano 75mila visite l’anno
La principessa Maria Pace: «Collaboriamo con le istituzioni locali. Il Castello è aperto alle scuole, ospitiamo laboratori didattici. Abbiamo ospitato anche alcuni ucraini in fuga dal loro paese»
di Nicoletta Picchio
3' di lettura
Per cinque secoli è stato chiuso. Poi, all’inizio degli anni ’60, l’intuizione: aprire al pubblico. Mettere a disposizione di tutti una delle dimore rinascimentali private più belle d’Europa: il Castello Odescalchi di Bracciano, vicino Roma, un palinsesto di storia e architettura, che dal 1470, nei secoli, si è trasformato più volte tra adattamenti, restauri, espansioni.
Le sale, i giardini, le logge, le torri: uno spazio imponente dove la storia d’Italia si intreccia con i racconti della vita dei personaggi che ci hanno soggiornato, in un incrocio geopolitico che ha coinvolto le corti italiane ed europee. «È stata mia madre, Annamaria, a volere l’apertura al pubblico e a rendere così il Castello non un monumento a testimonianza del passato ma una realtà viva, inserita nella realtà del territorio, contemporanea», racconta la principessa Maria Pace Odescalchi.
La frase di Gabriel García Márquez “Le cose hanno una vita propria, si tratta solo di risvegliarne l’anima” citata in un testo dalla principessa Annamaria Odescalchi, non potrebbe essere più calzante: «collaboriamo costantemente con le istituzioni locali e non solo, il Castello è aperto alle scuole, ospitiamo laboratori didattici. Recentemente abbiamo ospitato anche alcuni ucraini andati via dal loro paese», racconta la principessa Maria Pace, proprietaria e presidente della Fondazione Livio IV Odescalchi. I ricevimenti o i matrimoni famosi sono una piccola parte di tutto ciò che avviene tra le mura del Castello: conferenze, come quella sul Rinascimento che ciclicamente porta a Bracciano esperti di tutto il mondo, mostre, come quella dei vestiti-scultura di Roberto Capucci, occasioni solenni legate alla religione, come il presepe vivente a Natale e la Passione di Cristo a Pasqua. Nel 1971 Aldo Moro, all’epoca ministro degli Esteri, convocò proprio lì una riunione dei ministri degli Esteri europei. E poi ci sono le visite di tutti i giorni, senza prenotazione: 75mila all’anno, facilitate dalla stazione ferroviaria a centro metri dell’ingresso del Castello.
«Siamo privati, ma svolgiamo nei fatti un ruolo pubblico – dice Maria Pace Odescalchi, che del Castello si occupa da sempre - non solo riusciamo a mantenere e restaurare costantemente una realtà immobiliare così imponente, patrimonio del paese, ma il nostro è un contributo importante per il territorio, con l’indotto che genera. Creiamo collegamenti anche con altre realtà, per esempio il museo dell’aeronautica, vicino a noi, che è un’eccellenza».
A livello nazionale, dice Giacomo di Thiene, presidente dell’Associazione dimore storiche italiane, i visitatori in queste realtà (quasi 38mila dimore, di cui 8.200 aperte al pubblico) sono state 45 milioni nel 2019 (ultimo disponibile), poco meno rispetto ai 49 milioni dei musei. Gli investimenti sono stati nel 2021 1,3 miliardi, viene generato un indotto sul territorio di oltre 550 milioni di euro. «È un patrimonio diffuso – dice di Thiene - che contribuisce a tenere in piedi molti borghi, ma non siamo considerati una filiera, non c’è sostegno economico». Bracciano ha un bagaglio di storia ricchissimo. È stato costruito 1470 dagli Orsini, una famiglia che aveva rami in tutta Europa, affidando i lavori probabilmente alle stesse maestranze della Cappella Sistina. Fu acquistato dagli Odescalchi nel 1686, banchieri comaschi, con un papa in famiglia, Innocenzo XI. La sala d’Ercole, la sala Gotica, la sala dei Cesari e quella delle Donne, la sala Umberto, i giardini e il museo. «Tutte le risorse vanno alla manutenzione, in stretto contatto con la Sovrintendenza. Questi luoghi se non vengono vissuti muoiono. E invece sono preziosi, per la nostra cultura e anche per l’economia».
loading...