Il catalogo ci dice chi è l’«Architettrice»
Il progetto «Bloomsbury Global Encyclopedia of Women in Architecture» traccia una mappa delle donne attive nel settore e riscopre figure di alta caratura troppo a lungo dimenticate
di Fulvio Irace
4' di lettura
«Una stanza tutta per sé», raccomandava Virginia Woolf alle studentesse di un college femminile a Cambridge. Era il 1928, la Grande Guerra aveva dato una spallata in favore dell’emancipazione delle donne.
Musa di Bloomsbury
L’industrializzazione aveva liberato le donne dai legacci di ruoli tradizionali e del tutto obsoleti, e le avanguardie avevano rimescolato le carte facendo emergere leggendarie figure di artiste che in Unione Sovietica si erano addirittura messe a capo della rivoluzione. Eppure, come osservava sconsolatamente la musa di Bloomsbury, «non c’è un segno sul muro per misurare l’altezza delle donne nella storia».
C’è voluto almeno secolo perché la nebbia che rendeva invisibile la presenza femminile cominciasse finalmente a diradarsi, grazie agli sforzi di almeno tre generazioni di studiose determinate a riscattare innanzitutto l’oblio dei nomi, dando cioè un volto e un’identità alla Spoon River dell’orgoglio femminile. Sembra infatti paradossale nell’epoca dei Big Data che, mentre la storia dei pionieri maschili dell’architettura moderna è segnata da croci e lapidi con precise dedicazioni votive, ci sia bisogno di ostinata fatica e scandagli filologici per ripescare dall’anonimato i tratti delle tante donne che, al di là dei pochissimi volti noti, hanno scritto l’umile prosa della professione nel campo dell’architettura, dell’ingegneria e del design.
Ancora alla fine degli anni 60, ad esempio, l’allora giovane storico Joseph Rykwert si poneva la domanda: «Eileen Gray. Chi era costei?». Oggi l’artista irlandese - la cui famosa villa a Cap Martin (E-1027) è stata recentemente dichiarata patrimonio nazionale e museo di se stessa - abita con soddisfazione l’Olimpo delle avanguardie del ’900: eppure ha dovuto aspettare più di un ventennio dopo la sua morte (1976) perché il suo ruolo di pioniera venisse riabilitato a chiare lettere.
Bloomsbury Global Encyclopedia of Women in Architecture
È il compito specifico che si è assegnato da qualche anno il progetto Bloomsbury Global Encyclopedia of Women in Architecture 1960-2015: tracciare una mappa delle attività delle donne, con la collaborazione di studiosi e architetti da ogni parte del mondo per documentare l’impatto del lavoro femminile su scala mondiale. Un progetto innovativo anche dal punto di vista metodologico, perché mette in questione le tradizionali cronologie storiche, sostituendole con un approccio geografico che copre dieci aree diverse, dall’Africa all’America Latina, dal Regno Unito ai Caraibi, all’Europa, ai Paesi dell’ex Unione Sovietica e alla Russia, fino al Medio Oriente, all’Asia agli Stati Uniti e al Canada. In tal modo, infatti, il lavoro femminile viene contestualizzato in ambiti ben precisi che consentono di evidenziare il costante rimescolamento di flussi, migrazioni, innesti: la ricostruzione di queste storie intrecciate - oltre a sdrammatizzare il ruolo autoriale che la storiografia al maschile ha enfatizzato costruendo il feticcio di veri e propri eroi di carta - fa emergere con chiarezza il complesso gioco di differenze, divergenze, alleanze nei vari contesti sociali e politici e aiuta a ripensare relazioni di sapere e di potere secondo una visione che contrasta con la tradizionale collocazione delle battaglie femminili nell’emisfero Nord del pianeta.
Non si tratta insomma solo di una giusta rivendicazione di diritti negati, ma di una battaglia per una storia più inclusiva, resa oltretutto indilazionabile dall’attuale allargamento della platea professionale nel senso della gender equality. Non si tratta insomma solo di decostruire la narrativa incentrata sul ruolo prevalente dell’Occidente, ma di costruire una nuova narrativa inclusiva e capace di dar voce a una pluralità di storie e di traiettorie.
MAXXI
È l’esperimento tentato al MAXXI da Buone Nuove, che - come la mostra del Vitra Design Museum Here We Are! Donne nel design dal 1900 a oggi - prova a raccontare un universo architettonico in evoluzione dove la commemorazione storica si accompagna al censimento e alla promozione delle energie migliori della scena contemporanea.
Negli anni 70 fu avviata una importante riflessione sul “canone” dell’architettura occidentale, con un’analisi strutturalista dei meccanismi narrativi cui dobbiamo la costruzione dei più comuni “monumenti” storiografici. Ma - con l’esclusione del poderoso lavoro di Susann Torre e Cynthia Rock, Women in American Architecture a historic and contemporary perspective - si trattava di una revisione sostanzialmente ancora tutta al maschile, che lasciava inevasa la domanda sul non detto al femminile. Dimenticarsi del ruolo delle donne architetto è stata insomma parte integrante di una narrativa del passato dettata da pregiudizi e modelli di valore oggi non più accettabili, come dimostra la presenza (o meglio l’assenza) delle donne su Google, l’Oracolo digitale che oggi decreta l’esistenza di qualcuno al mondo.
Per questo l’8 marzo 2022 sarà celebrato nel silenzio della scrittura grazie al Women Wikipedia Design, l’evento annuale di edit-a-thon, la maratona delle comunità di Wikipedia, chiamata a incrementare il numero delle voci al femminile nella storia dell’arte, dell’architettura, del design. I risultati sono stati sinora strabilianti: 320 autori hanno creato 372 nuovi articoli e rieditato più di 900, riequilibrando le distorsioni di una storia che, anche nei ruoli di coppia di partnership, ha privilegiato la preminenza dei partner maschili.
Come ha osservato Carmen Espegel, le donne architetto del periodo eroico si erano date il compito di rendere abitabile l’astratta architettura della Nuova Oggettività, rendendo abitabile quella che Le Corbusier aveva definito la “botte di Diogene”: come Lilly Reich, ad esempio, controfigura sminuita di Mies van der Rohe, che pure, con la sua acuta sensibilità per i materiali e i colori, contribuì a cementarne la fama, accontentandosi di rimanere in penombra. Una bella lezione per l’ego maschile!
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