Il centro storico va alle urne, la periferia si astiene in massa: la geografia del voto nei grandi comuni
A Roma affluenza più bassa di otto punti rispetto al 2016 ma ai Parioli vota il 56,6% degli elettori, a Tor Bella Monaca solo il 42,8. Nelle grandi città solo a Bologna la partecipazione al voto ha superato il 50%. E l’astensione ha colpito soprattutto centrodestra e M5S
di Mariolina Sesto
I punti chiave
3' di lettura
Con il dato dei votanti alle Comunali che si attesta al 54,69% questo primo turno delle amministrative fa segnare un record per la bassa partecipazione al voto: in pratica un elettore su due non si è recato alle urne. Ma da Roma a Milano, da Napoli a Torino e financo a Bologna (dove l’affluenza è sempre stata tra le più alte della penisola) un altro dato emerge con nettezza: gli abitanti del centro storico sono andati al seggio elettorale, trovando probabilmente un riscontro nell’offerta elettorale; le periferie invece hanno disertato le urne in massa, punendo - a giudicare dai risultati elettorali - soprattutto i partiti di centrodestra e il Movimento cinque stelle.
A Roma i Parioli vanno al voto, Tor Bella Monaca no
A Roma (dove ha votato il 48,83% degli elettori con una diminuzione di otto punti percentuali rispetto al dato del 2016), il municipio dove si è votato di più è stato quello che va da San Lorenzo ai Parioli e che comprende anche la zona di Villa Borghese, il Secondo: qui sono andati a votare il 56,67% dei romani. Quello dove si è votato di meno è il Sesto, più periferico, che comprende anche Tor Bella Monaca e Torre Angela, dove ha votato il 42,85% (sei punti in meno rispetto alla media).
Il sociologo Cepernich: «Questa volta le periferie hanno scelto di non votare»
«Che l’astensionismo fosse un rischio era prevedibile, ma che fosse così alto non me l’aspettavo» commenta Cristopher Cepernich, sociologo dei media e dei fenomeni politici all’Università degli Studi di Torino, dove dirige l’Osservatorio sulla Comunicazione Politica del Dipartimento di Culture, Politica e Società. «Si vota meno perché non si trova una rappresentanza in cui avere fiducia - spiega - e questo è ancora più vero nelle periferie, dove dai dati emerge che l’affluenza alle urne è stata più bassa». A Milano, come a Torino e a Napoli, la partecipazione al voto è stata la più bassa di sempre, a Roma rispetto a cinque anni fa è crollata. Tra i capoluoghi di regione solo Bologna, dove comunque è calata, ha chiuso con una affluenza superiore al 50%. «Vuol dire che nelle grandi città non ha votato neanche un cittadino su due» osserva Cepernich. Analizzando i dati per zone, emerge inoltre che «a votare sono i quartieri benestanti, mentre le periferie hanno disertato le urne - prosegue il docente universitario, autore di numerose pubblicazioni. «Se dopo il 2013 avevano trovato una rappresentanza nel Movimento 5 Stelle, questa volta non è più stato così e gli elettori hanno preferito non votare». Per le città che andranno al ballottaggio, il rischio è quello di dover fare i conti tra quindici giorni con un astensionismo ancora più alto. «La campagna elettorale deve fare un cambio di passo significativo- conclude Cepernich -. Nelle prossime due settimane l’attenzione sarà maggiore, la presenza dei candidati più visibile, ma senza cambio di passo il rischio è che la partecipazione cali ancora».
Il mea culpa di Salvini
Il campanello di allarme è suonato forte e chiaro nelle sedi dei principali partiti politici. «Sono abituato a metterci la faccia e non a dare colpe agli altri. Il primo commento è sull’affluenza: la maggior parte non ha votato. È per me e tutti un’autocritica. Occorre essere più concreti sulla vita reale. Non possiamo perdere tempo su vicende private» ha riconosciuto il leader leghista Matteo Salvini, uno di quelli che ha pgato più caro il prezzo dell’astensione. Ma anche nel collegio del senese, dove pure Enrico Letta ha vinto, l’astensione è stata altissima: l’asticella si è fermata al 35,93%, rispetto al 78,51% delle politiche del marzo 2018. Come dire che c’è da riflettere un po’ per tutti.
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