Il cesto natalizio ai Carabinieri non basta per far scattare l’istigazione alla corruzione
I generi alimentari regalati dall’imprenditore che ha subìto un sequestro non è sufficiente, visto il modico valore, per distogliere i militari dal loro dovere
di Patrizia Maciocchi
I punti chiave
3' di lettura
Il regalo di un cesto natalizio ai carabinieri e all’ufficiale, che aveva partecipato al sequestro di un impianto di smaltimento di rifiuti, non basta a far scattare l’istigazione alla corruzione a carico del legale rappresentante della società. L’affermazione della responsabilità non può, infatti, prescindere da una seria valutazione del modico valore del cadeaux rispetto all’atto che si vorrebbe indurre il pubblico ufficiale a non compiere o, a compiere, a seconda dei casi. E per la Cassazione (sentenza 47216) un panettone un po’ di lenticchie, uno zampone eccetera, insomma tutte le leccornie contenute in un cesto di natale, del valore di circa 100 euro, non sono sufficienti a sviare i militari dal loro dovere.
Nello specifico, i carabinieri avevano anche rifiutato e rispedito al mittente il pensiero, mentre la difesa del ricorrente aveva invocato il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (Dpr 62/2013, articolo 4) che esclude il reato di istigazione alla corruzione per i regali di scarso valore, con un tetto fissato a 150 euro.
Solo gratitudine o corruzione?
La Suprema corte accoglie il ricorso dell’imprenditore che non accettava la decisione dei giudici di merito di “assolverlo” per la particolare tenuità del fatto, come previsto dall’articolo 131-bis del Codice penale. Un beneficio che consente di restare impuniti, pur affermando che il reato è stato commesso. Ad avviso del ricorrente però il suo gesto non poteva essere letto come un “crimine”, ma solo come un modo di ringraziare i militari per l’umanità dimostrata in un momento per lui difficile.
Per la disponibilità a dare un supporto nell’emergenza rifiuti che si era creata dopo il sequestro e per il contributo dato per comporre un dissidio tra il ricorrente e il suo socio, considerato responsabile per le azioni che avevano portato ad adottare la misura preventiva.
Una riconoscenza non riconosciuta
Una riconoscenza alla quale non avevano creduto i giudici di merito, che avevano invece visto nel regalo piuttosto un mezzo per ingraziarsi i carabinieri in vista di azioni future. Visto lo stadio iniziale delle investigazioni, infatti, i militari potevano essere chiamati a compiere altri atti urgenti o a testimoniare. Per la Suprema corte ipotesi evanescenti, in merito a scenari futuri, che i giudici di merito hanno dovuto formulare per considerare rilevante, ai fini del reato, il pacco di alimenti fatto recapitare a tre pubblici ufficiali la vigilia di Natale. Gli ermellini annullano senza rinvio perché il fatto non sussiste.
Olio, castagne e sicurezza lavoro
Gli ermellini applicano lo stesso orientamento, e nello stesso giorno, (sentenza 47237), per il dono di un «quantitativo imprecisato di castagne e di due lattine d’olio». Questa volta, in gioco c’era la richiesta di annullare un’ordinanza che disponeva la misura cautelare del divieto di dimora nella provincia, nell’ambito di un’inchiesta con incolpazione provvisoria per il reato di corruzione in atti giudiziari.
A fare il regalo era stato il direttore dei lavori di un cantiere edile che, in concorso con il sindaco e il vicesindaco, aveva dato marroni e olio all’ispettore del lavoro, chiedendogli la cortesia - almeno così risultava da intercettazioni non utilizzabili - di rivedere al ribasso l’importo delle ammende per la riscontrata violazione delle norme anti-infortunistiche.
Pesa il modico valore
Anche in questo caso per la Cassazione pesa il modico valore dei beni in natura e il fatto che il pubblico ufficiale si era già impegnato, ancora prima di ricevere i frutti della terra, «a fare quanto in suo potere per agevolare la pratica amministrativa di competenza del suo ufficio».
Ad avviso della Cassazione non ci sono i margini per applicare le misure cautelari, come emerge dal “vuoto” di motivazione dell’ordinanza impugnata. Per la Cassazione l’ordinanza impugnata ha considerato la condotta esaminata come indice di spregiudicatezza e professionalità a delinquere solo sulla base di un giudizio disvalore del fatto, esasperandone la gravità.
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