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Il charter nautico rischia di perdere il 15% dei contratti

In bilico il futuro di 5mila posti di lavoro: le aziende valutano di lasciare l'Italia

di Raoul de Forcade

2' di lettura

Il charter nautico, con l’aumento dall’11 al 22% dell’Iva previsto a novembre, rischia di perdere almeno «il 15% dei contratti», che si aggiunge «al -62% causato dalle cancellazioni per la pandemia Covid».

Si arriva quindi a -77%, «un crollo che può portare al fallimento di molti imprenditori», spiega Stefano Pizzi, alla guida di Spartivento, azienda specializzata nel noleggio di barche a vela in Italia e nel Mediterraneo.

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A rischio ci sono oltre 5mila posti di lavoro. E per non morire, aggiunge, «le aziende di charter stanno valutando di spostarsi all’estero, in Paesi vicini all’Italia dove l’Iva è molto meno “salata”».

Il rinvio, da giugno a novembre, dell’entrata in vigore delle nuove regole sull’Iva, inserito nell’articolo 48 del decreto Semplificazione (numero 76 del 2020), ha salvato la stagione delle società italiane di noleggio a breve termine di barche, che altrimenti avrebbero dovuto farsi carico degli extracosti dell’imposta (perché i listini vengono chiusi l’anno precedente e per il cliente l’Iva è compresa nel costo pattuito); tuttavia lo spostamento in autunno ha rimandato il problema, senza risolverlo. E la preoccupazione aleggia nelle ultime fasi di preparazione di un Salone nautico, a Genova, che già deve combattere contro le ricadute negative della pandemia.

Con l’Iva all’11%, dice Pizzi, «il noleggio di una barca a vela di 10 metri è di circa 5mila euro, che possono cresce a 10mila in agosto; si va, insomma, dai 600 a 1.100 euro a persona. A novembre ci troveremo a dover ritoccare al rialzo i listini. Ma un aumento, poniamo, del 15% significa non far arrivare i clienti. Non dimentichiamoci poi che alcuni devono affrontare anche i costi dei biglietti aerei per raggiungere la barca. Un cliente proveniente da Dusseldorf facilmente preferirà andare a noleggiare in Croazia. Paese che è in Ue, ha l’Iva al 25% ma, per il charter nautico, offre un’agevolazione che abbatte della metà l’imposta. Se poi il cliente parte dall’Albania paga l’Iva al 6%. In Tunisia, invece, l’imposta si paga all’8%». Ma anche la Francia ha sospeso (chiamando in causa la crisi post Covid) l’introduzione di un aumento dell’imposta e manterrà, per ora, un imponibile al 10%. La Grecia ha, invece, individuato un escamotage per sottrarsi alle nuove regole Ue.

«Ci sono armatori – afferma Pizzi – che si sono già spostati all’estero perché sapevano che l’aumento italiano doveva entrare in vigore a giugno. E tante aziende di charter stanno valutando di andare all’estero. La Tunisia, ad esempio, non è lontana dalla Sicilia».

Spartivento, che ha il quartier generale a Roma, ha sedi in Sicilia, in Calabria e a Salerno. Poi ha basi nei Caraibi: a Grenada e nelle Isole Vergini britanniche.

«Per trovare soluzioni alternative – sottolinea Pizzi – dobbiamo valutare se è possibile sfruttare, per imbarchi con Iva agevolata, le zone franche, come quelle di Trieste e di Gioia Tauro. Ma che si possa fare è tutto da vedere».

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