Serie tv

Il chip aziendale che divide la vita

Una grande impresa sviluppa un impianto cerebrale per i dipendenti, in grado di separare la sfera personale e quella lavorativa nelle ore di ufficio: l’eccellente serie di Dan Erickson tiene alta la suspense con ritmo avvincente

di Gianluigi Rossini

Da sinistra, Zach Cherry, Britt Lower e John Turturro in «Scissione»

2' di lettura

L’equilibrio tra vita privata e lavoro è uno di quei miti del capitalismo contemporaneo che finiscono per scaricare sui singoli individui la responsabilità di far quadrare richieste inconciliabili: se hai un lavoro impegnativo e non trovi il tempo di andare in palestra o giocare con i tuoi figli, forse è colpa tua perché dovresti bilanciarti meglio. Uno dei punti di partenza di questo ideale è tracciare una netta linea di demarcazione tra il tempo del lavoro e il tempo personale, separarli il più possibile.

Scissione (su Apple TV+ dal 18 febbraio) prende l’idea alla lettera: in un futuro molto prossimo, una grande azienda ha sviluppato un impianto cerebrale che permette di scindere completamente la memoria lavorativa da quella personale. Mark S. (Adam Scott) entra ogni giorno in ufficio alle 9:00 e dimentica completamente la sua vita esterna, per poi uscirne alle 17:00 senza nessun ricordo della giornata trascorsa. Il pilota mostra per intero la lunga camminata dall’ascensore alla sua stanza attraverso i bianchissimi, labirintici corridoi dell’azienda, impostando sin da subito in modo efficace il tono da distopia satirica.

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La sequenza immediatamente precedente aveva invece presentato il problema fondamentale: Helly (Britt Lower), nuova arrivata, si sveglia su un tavolo senza nessun ricordo personale, terrorizzata, condannata a vivere rinchiusa in ufficio per scelta di una versione di sé che è a tutti gli effetti un’altra persona. L’impianto del chip genera una nuova coscienza delle cui sofferenze, per lo più, le versioni esterne se ne fregano altamente.

Ideata dall’esordiente Dan Erickson, Scissione rimescola molte cose già viste. I falsissimi eufemismi della lingua aziendale, usata da manager torturatori, o l’algido ambiente aziendale fanno venire in mente Homecoming (Prime) e The girlfriend experience (Starz), oppure Maniac (Netflix), per alcune scelte di design retrofuturista. Non per questo è meno interessante, però: l’impostazione da thriller, l’ottima caratterizzazione dei personaggi e l’inventiva regia di Ben Stiller, che firma sei episodi su nove, la rendono assolutamente avvincente. L’ultimo episodio, 40 minuti di suspense altissima, si chiude senza risolvere tutti gli enigmi: speriamo ci sia data presto la notizia di una seconda stagione.

Scissione

Dan Erickson

Apple TV+, dal 18 febbraio

Riproduzione riservata ©

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