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Il ciclismo italiano cerca nuovi sponsor per risalire in Serie A

Ivan Basso (Eolo-Kometa): «Da un budget di 4 milioni dovremmo salire a 10 per competere con i migliori»

di Marco Bellinazzo

4' di lettura

Il Giro d’Italia che si è chiuso con la vittoria dello sloveno Primoz Roglic (team Jumbo-Visma) sul gallese Geraint Thomas è stato un successo di audience tv e social. Un successo a cui fa però da controaltare la crisi strutturale de ciclismo italiano, simboleggiata dal fatto che, dopo la scomparsa della Liquigas nel 2012 e della Lampre nel 2016, non ci sono più team della Penisola che corrono nell’Uci WorldTeam, il circuito internazionale di prima fascia.

Il ciclismo internazionale

Tra le 18 formazioni che partecipano di diritto alle grandi corse a tappe (Tour de France, Giro e Vuelta di Spagna) e alla classiche-monumento, ci sono big del calibro della Ineos, finanziata dal colosso chimico di Jim Ratcliffe, dell’Uae Team, sostenuta dal governo degli Emirati Arabi Uniti, e della Bahrain Victorious. Ma del roster fanno parte anche quattro squadre francesi, tre belghe, due olandesi, tutte dotate di standard etici, finanziari, amministrativi, organizzativi e sportivi verificati dall’Unione ciclistica internazionale. Queste formazioni possono fare affidamento su budget che vanno dai 25 ai 10 milioni di euro, assicurati dalla proprietà ovvero dagli sponsor.

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La seconda divisione del ciclismo mondiale, la Uci ProTeam, è composta da altri 18 team che possono partecipare alle competizioni continentali e solo grazie a una wild card concessa dagli organizzatori possono accedere alle competizioni del calendario principale, il World Tour. Il budget stagionale per queste squadre oscilla tra i 10 e i 3 milioni. Della “Serie B” del ciclismo internazionale fanno parte tre formazioni italiane: il Team Corratec Selle Italia; la Green Project-Bardiani- Csf-Faizanè; e la Eolo-Kometa Cycling Team.

Tutte e tre hanno perso parte in queste tre settimane alla Corsa Rosa. L’unica a portare a casa una tappa con Davide Bais è stata quest’ultima, lanciata nel 2018 dagli ex campioni di ciclismo Alberto Contador e Ivan Basso.

Giovani e territorio

«Il nostro progetto ha salde fondamenta italiane - spiega Basso, due volte vincitore del Giro -. La sede è a Besozzo, in provincia di Varese, e i due main sponsor, Eolo e Kometa, rappresentano l’emblema della visione imprenditoriale italiana. Da sempre poi abbiamo puntato sullo spirito di squadre e sui giovani. L’età media dei nostri atleti è di 26 anni, con 11 ciclisti che ne hanno meno di 25. E soprattutto vogliamo fra crescere e maturare i ragazzi delle nostre formazioni Under 23 e Junior».

Un progetto attraverso il quale sono stati conseguiti in questi anni risultati sportivi di rilievo, ma che adesso per crescere e riportare finalmente un team italiano in Serie A ha bisogno di un maggiore supporto da parte degli sponsor. Un ritorno nel circuito principale che, del resto, sarebbe in linea con le tradizioni ciclistiche di un paese in cui il ciclismo è il quinto sport più diffuso, con oltre 2 milioni di praticanti e più di 5 milioni di appassionati ,e che nonostante tutto resta il terzo al mondo per numero di atleti ingaggiati in squadre del World Tour. Un paese che in passato ha visto sodalizi unici che hanno fatto la storia delle due ruote come la Mapei del patron Giorgio Squinzi, la Mercatone Uno legata alle imprese di Marco Pantani o la Carrera diretta da Davide Boifava.

«La ritirata delle grandi proprietà e dei grandi sponsor - ammette Basso - è cominciata con gli scandali del doping che hanno funestato la nostra disciplina. È inutile girarci intorno. Ma oggi questa macchia è stata lavata via e il ciclismo, a mio avviso, si presenta con una rinnovata immagine. A parte il fatto che uno sponsor nel ciclismo non è mai solo uno sponsor, ma dà il nome e i colori alla squadra e dunque può far leva su un’identificazione e una riconoscibilità uniche per i milioni di appassionati. Ma, ecco, ci sono aspetti moderni nel ciclismo come quelli della sostenibilità ambientale e della socialità che vanno valorizzati di più. E vanno comunicate meglio. Il ciclismo regala esperienze. Il nostro stadio è la strada, sono le case della gente, sono le salite che attraversano i paesini di montagna. La bicicletta fa parte della nostra storia e del nostro futuro».

Media value

I numeri, in questo senso, sono incoraggianti. Secondo un report della Nieslen realizzato nella stagione 2022, gli spettatori tv raggiunti durane gli appuntamenti dell’UCIWorld Tour - in particolare il Tour de France e il Giro - sono stati 2,4 miliardi per una copertura televisiva di circa 70mila ore.

Per quanto concerne la Corsa Rosa nel 2022 sono stati generati dai team 218 milioni di euro di “QI Media Value”, di cui 80,5 milioni per i cosiddetti title partner, vale a dire lo sponsor che dà il nome alla squadra, grazie a 11300 ore di esposizione. Numeri e tendenze che, d’altronde, trovano conferma negli ottimi dati di audience dell’edizione 2023. Nel caso del Tour de France quest’ultimo valore sale a 341 milioni di euro. Sempre secondo l’analisi della valorizzazione mediatica delle sponsorizzazioni, lo scorso anno al Giro, Eolo Kometa ha prodotto 11,5 milioni di QI media value, il 40% per il partner principale e il resto per gli altri brand. «Lo spazio e la qualità per crescere e investire nel ciclismo e nelle squadre italiane c’è - conclude Basso - ed è arrivato il momento di provare a fare il salto di qualità per tornare a competere e vincere come un tempo.»

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