Mostra di Venezia. Il documentario

Il cittadino che svelò la corruzione nel Dopoguerra

Il ritratto di uno dei più grandi registi italiani attraverso gli occhi coraggiosi e amorevoli della figlia Carolina

di Cristina Battocletti

Citizen Rosi, il trailer ufficiale

2' di lettura

Carolina Rosi ha fatto con “Citizen Rosi” un lavoro di scavo sul regista- inchiestista, che ha fatto luce sul sistema clientelare e di corruttela del Novecento italiano, con pudore, rigore e dolcezza.

Il film con la regia di Didi Gnocchi e Carolina Rosi ci porta a capire non solo l’uomo, ma anche l’Italia, le sue trame e sottotrame, dal Dopoguerra in poi.

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Rosi appare davanti alla macchina da presa dialogando con la figlia, critico circa l’esito dell’operazione. «Non sarà mica un’autocelebrazione?» si chiede. E alla figlia tocca pazientemente spiegare l’intento della pellicola: raccontare l’uomo, il regista e il secolo scorso.

Omaggio a Francesco Rosi

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C’è un filmato d’archivio in cui Carolina tenta di arrampicarsi sulle ginocchia di suo padre, e lui, che deve tenere il filo di un discorso serio, si intenerisce e si spazientisce; ci sono i dolorosi ricordi dell’altra figlia di Rosi, morta in un incidente. E ci sono le voci di giornalisti e registi - tra di essi, Lirio Abbate, Roberto Andò, Vincenzo Calia, Furio Colombo,
Gherardo Colombo, Francesco La Licata, Roberto Saviano, Giuseppe Tornatore - che spiegano il valore delle opere di Rosi. “ Le mani sulla città” (1963), sugli intrighi dei palazzinari durante il boom economico; “Salvatore Giuliano”, l’esegesi del rapporto Stato- mafia attraverso la figura del bandito; “Cristo si è fermato a Eboli” (1979) dal libro di Carlo Levi sullo scandalo della povertà nel Sud Italia; “Il Caso Mattei” di Francesco Rosi (1972), sulla morte del fondatore dell’Eni.

GUARDA IL TRAILER UFFICIALE - Citizen Rosi

Emerge soprattutto l’uomo ossessionato dalla precisione e il cui lavoro sulla fiction parte sempre da materiale documentale, esaminato certosinamente.

Rosi ricorda anche i suoi esordi ne “La Terra trema” (1948) di Luchino Visconti assieme a Franco Zeffirelli, entrambi assistenti alla regia.

La figlia ha cercato di sottolineare il nuovo stile narrativo cinematografico, che prima di lui non esisteva, e il legame con il suo attore feticcio, Gian Maria Volonté, “condiviso” con Elio Petri, un altro grande attore di quegli anni.

Carolina Rosi è riuscita a raccontare l’intellettuale che ha denunciato il potere e la criminalità, restituendone anche un dolce ritratto nelle scaramucce, nelle asperità e nelle insicurezze senili.

Commovente, interessante, attualissimo.

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