Il codice a barre compie 50 anni. E ora si evolve per dare più informazioni
Gli identificativi Gs1 sono presenti su oltre un miliardo di prodotti e per il futuro grazie a nuovi Qr code sarà possibile gestire scadenze, tracciabilità, offerte e riciclabilità
di Emiliano Sgambato
3' di lettura
Era il 3 aprile 1973 quando, negli Stati Uniti, le principali aziende nel settore dei beni di largo consumo decisero di introdurre uno standard unico per l’identificazione dei prodotti: un anno dopo, il primo prodotto dotato di “codice a barre Gs1” veniva scansionato alla cassa di un supermercato Marsh nella città di Troy, in Ohio: un pacchetto di chewing-gum Wrigley's del costo di 61 centesimi di dollaro
A ricostruire la storia del codice a barre (la cui prima ideazione è ancora precedente e risale al primo dopguerra) è Gs1, «l’organizzazione non profit che sviluppa gli standard più utilizzati al mondo per la comunicazione tra imprese».
Oggi i codici a barre Gs1 sono presenti su oltre un miliardo di prodotti: solo in Italia, nei supermercati, ipermercati e punti vendita a libero servizio ogni anno vengono venduti circa 350 mila prodotti di largo consumo confezionato con codice a barre GS1 (senza contare i prodotti a peso variabile e il non food) che passano in cassa 30,2 miliardi di volte generando 2,7 miliardi di scontrini.
«L’arrivo del codice a barre – raccontano da Gs1 – è stato rivoluzionario tanto che la BBC l’ha inserito tra le “50 cose che hanno reso globale l'economia”: ha cambiato per sempre il nostro modo di fare acquisti, continua a farlo oggi, collegando un prodotto fisico a informazioni digitali che viaggiano senza ostacoli lungo tutta la supply chain».
E con ogni probabilità continuerà a farlo anche in futuro, cavalcando la rivoluzione digitale che stiamo attraversando. I codici di nuova generazione (come i codici QR bidimensionali) possono contenere «quantità senza precedenti di dati affidabili per le aziende, per le autorità di regolamentazione, per i consumatori e per i pazienti, offrendo molto di più che semplici link a pagine web». Possono raccontare la “storia” di un prodotto, la sua provenienza, la presenza di allergeni, la certificazione biologica, le modalità di riciclo e la sua impronta ambientale, raggiungendo un nuovo livello di trasparenza che aiuterà le persone a prendere decisioni sempre più consapevoli su ciò che acquistano e utilizzano.
GS1 è l’organizzazione no profit presente in 116 paesi che sviluppa gli standard globali come il barcode e che è presente. In Italia dal 1978 è rappresentata da GS1 Italy, che si prepara a tagliare il traguardo dei 45 anni di attività.
GS1 Italy riunisce 40mila imprese dei settori largo consumo, sanitario, bancario, della pubblica amministrazione e della logistica. I sistemi standard GS1, i processi condivisi Ecr, i servizi e gli osservatori di ricerca che GS1 Italy mette a disposizione semplificano e accelerano il processo della trasformazione digitale delle imprese e della supply chain, perché permettono alle aziende di creare esperienze gratificanti per il consumatore, aumentare la trasparenza, ridurre i costi e fare scelte sostenibili.
GS1 sta ora «costruendo una rete di leader del settore per diffondere i barcode di nuova generazione in tutto il mondo».
«Dobbiamo replicare la visione ambiziosa dei leader che nel 1973 si unirono per il bene comune. Se passiamo tutti a una nuova generazione di codici a barre standard GS1, metteremo la tecnologia al servizio di un commercio più efficiente, di acquisti più sostenibili da parte dei consumatori e della sicurezza dei pazienti» afferma Francesco Pugliese, presidente di GS1 Italy.
Alla fine del 2020 è stato lanciato GS1 Digital Link che «definisce una nuova struttura standard di informazioni in un QR code per connettere i consumatori a tutte le informazioni di prodotto: dagli ingredienti alle indicazioni di riciclabilità, fino a offerte, valutazioni degli utenti, contenuti social e avvisi di richiamo».
Rappresentato da un normale QR code, scansionabile con lo smartphone, il GS1 Digital Link abilita insomma innumerevoli applicazioni, anche in chiave di sostenibilità: «può ad esempio – si legge in una nota – essere usato per contribuire alla riduzione degli sprechi, soprattutto alimentari, codificando la data di scadenza e abilitando in questo modo promozioni e incentivi per l’acquisto di prodotti vicini alla loro scadenza, e all'economia circolare, fornendo informazioni dettagliate sulla riciclabilità di prodotti e confezioni e consigli per il loro riuso o corretto conferimento».
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