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Il cofondatore di Facebook dice che l’azienda va smembrata

di Luca Salvioli

Chris Hughes e Mark Zuckerberg insieme dai tempi della fondazione del social network sui banchi di Harvard

3' di lettura

«L’ultima volta che ho incontrato Mark Zuckerberg era l’estate 2017. Ci siamo visti negli uffici di Menlo Park, poi siamo andati nella sua casa, in un quartiere tranquillo e pieno di verde. Abbiamo trascorso un'ora o due insieme, mentre sua figlia ci girava intorno. Abbiamo parlato soprattutto di politica, un po' di Facebook, un po' delle nostre famiglie. Verso sera sono andato via. Ho abbracciato sua moglie, Priscilla, e ho salutato Mark». Inizia così un lungo e dettagliato editoriale di Chris Hughes sul New York Times. Huges, classe 1983, è uno dei cofondatori di Facebook insieme ai compagni di cameretta ad Harvard: Mark Zuckerberg, Eduardo Saverin e Dustin Moskovitz.

Se ne andò nel 2007 e dunque dopo 4 anni dalla fondazione di quello che in origine si chiamava Facemash. Successivamente fece il volontario per Obama per le elezioni del 2008, poi acquisì la rivista americana The New Republic ma il rilancio non funzionò e la cedette. Per quanto l’inizio della lettera sia piuttosto intimista e amichevole, più si avanti più si capisce che quello di Hughes è un affondo durissimo a quello che oggi è Zuckerberg e la galassia Facebook. Dice che Mark è «umano. Ma è proprio la sua stessa umanità che rende così problematico il suo potere incontrollato».

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«L'influenza di Mark è sconcertante, va al di là di chiunque altro nel settore privato o nel governo. Controlla tre piattaforme di comunicazione che miliardi di persone usano tutti i giorni. Il consiglio di amministrazione di Facebook funziona più come comitato consultivo che come organo di supervisione perché Mark controlla il 60% dei voti» afferma Hughes. Le sue parole arrivano mentre Facebook è nel mirino delle autorità americane, che si apprestano a comminarle una multa fino a 5 miliardi di dollari per le violazioni della privacy dopo i ripetuti scandali degli ultimi mesi. «Non è abbastanza» dice Hughes, che in sostanza propone che il governo americano ne prenda il controllo per smembrare l’azienda in tre parti.

Facebook tratta con gli Usa, sul piatto un comitato privacy

«Mark è una brava persona. Ma sono arrabbiato perché la sua attenzione sulla crescita lo ha portato a sacrificare la sicurezza e la civiltà dei click. E sono preoccupato dal fatto che Mark si è circondato da una squadra che rafforza le sue idee invece di metterle in dubbio» aggiunge Hughes. L’autore aggiunge «sono contrariato da me stesso e dal team delle prime fasi di Facebook per non aver riflettuto di più su come l’algoritmo del news feed avrebbe cambiato la nostra cultura, influenzato le elezioni e rafforzato i leader nazionalisti». Il governo deve ritenere «Mark responsabile. Per troppo tempo la politica è rimasta meravigliata dalla crescita di Facebook ed è passata sopra la sua responsabilità di assicurare che gli americani siano protetti» spiega Hughes.

«Siamo un paese che ha la tradizione di governare i monopoli, a prescindere dalle buone intenzione delle persone che guidano le aziende» dominanti: «Il potere di Mark è senza precedenti, è anti-americano» dice Hughes, precisando che l’«America è basata sull'idea che il potere non dovrebbe essere concentrato su una singola persona perché tutti siamo fallibili». Secondo Hugher «Adam Smith aveva ragione: la concorrenza stimola la crescita e l'innovazione», ma separare Facebook» è solo l’inizio. «Abbiamo bisogno di una nuova agenzia, che abbia il potere di regolamentare le società tecnologiche. Il suo primo mandato dovrebbe essere tutelare la privacy».

Facebook ha risposto con una nota di Nick Clegg, l’ex vicepremier ed ex leader del partito liberaldemocratico che da ottobre è il capo degli affari globali e delle comunicazioni dell’azienda: «Facebook accetta che con il successo arriva la responsabilità. Ma non si impone la responsabilità chiedendo la disgregazione di un'azienda americana di successo. La responsabilità delle aziende tecnologiche può essere raggiunta solo attraverso l'introduzione scrupolosa di nuove regole per Internet. Questo è esattamente ciò che Mark Zuckerberg ha chiesto. Per questo sta incontrando dei leader del governo americano».

L'appello di Hughes potrebbe avere una certa risonanza, dato il momento politico. La senatrice democratica e candidata alla presidenza Elizabeth Warren ha chiesto esplicitamente il “break up”, ovvero lo smembramento delle grandi piattaforme come Amazon, Apple, Google e Facebook. Un altro candidato presidenziale democratico, il senatore Amy Klobuchar del Minnesota, le ha fatto eco dicendo che il paese ha un «problema di monopolio».

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