Il collettivo russo Chto Delat tra attivismo politico e arte
Nella pratica artistica fuse teoria politica e attivismo. Si discute a Palaexpo di solidarietà, comunità e comunanza e in mostra lo zapatismo da The Gallery Apart
di Francesca Guerisoli
I punti chiave
4' di lettura
Quando dieci anni fa lo spazio espositivo Ar/ge Kunst di Bolzano presentò i “Songspiel” del collettivo russo Chto Delat (Galleria Kow, Berlino; The Gallery Apart, Roma; film costo medio 25.000-30.000 euro; textile works da 10.000 a 18.000 euro; disegni e acquerelli da 2.000 a 5.000 euro; installazioni da 5.000 a 10.000 euro), stupiva la libertà con cui talii artisti affrontassero temi politici. “The Tower: A Songspiel”, acquisito due anni dopo dal Van Abbemuseum di Eindhoven, narra infatti le proteste sorte intorno ai progetti per l’Okhta Center di San Pietroburgo, il grattacielo di 400 metri che avrebbe dovuto ospitare la sede della società del gas Gazprom, promosso dalle autorità come simbolo di una nuova Russia nonostante le proteste dei residenti della città. Ciò che colpiva dei loro lavori era il mix sapiente di linguaggi, dal teatro alle arti visive, al musical, che in quella sintesi esplicitava una netta presa di posizione politica, seppur addolcita da scenografie oniriche e azioni corali simboliche.
Tra teoria politica, arte e attivismo
Il collettivo, formato a San Pietroburgo nel 2003 da un gruppo di artisti, filosofi, critici e scrittori, opera con una vasta gamma di media, da video e spettacoli teatrali a programmi radiofonici e murales, includendo anche seminari e campagne pubbliche. Come emerge in ogni lavoro, il loro obiettivo è di fondere teoria politica, arte e attivismo alla ricerca di un orizzonte futuro basato sulla collaborazione e l’autocritica. La loro pratica artistica comprende anche la creazione di piattaforme educative: nel 2013, a San Pietroburgo, Chto Delat ha dato vita alla School of Engaged Art e finanzia lo spazio Rosa’s House of Culture, un progetto che rievoca la storia delle Case della Cultura dei paesi socialisti, così come dei centri sociali in Europa e America Latina, uno spazio “per l’ambientalismo culturale militante”.
L’attenzione dei musei
Oggi, a distanza di un decennio da “The Tower: A Songspiel”, il collettivo russo si è guadagnato spazio in diverse tra le più importanti collezioni museali, quali il MoMA di New York, il Museo Reina Sofia di Madrid, il Centre Pompidou di Parigi, il Mudam Lussemburgo, il Kiasma di Helsinki, la Kadist Art Foundation di San Francisco e una loro opera si trova anche nella capitale russa, al Tretyakov Art Gallery. Inoltre, negli anni Chto Delat è entrato a far parte di progetti istituzionali come “Journal of Journal” di documenta 12 a Kassel (2007), è stato tra i membri dell’XI Biennale di Gwangju (2016) e fa parte di un programma di ricerca del Garage Museum di Mosca (2017), che ha anche acquisito il loro archivio.
Chto Dealt a The Rome Charter
Tsaplya Olga Egorova, Nikolay Oleynikov e Dmitry Vilensky, membri del collettivo, martedì scorso sono intervenuti a nome del gruppo a Palazzo delle Esposizioni, dove sono stati protagonisti del convegno “Solidarietà, comunità, comunanza: prospettive radicali a confronto con la Carta di Roma”, a cui hanno partecipato anche Théo-Mario Coppola, curatore della Biennale Momentum – House of Commons, in corso fino al 10 ottobre a Moss, in Norvegia, e Cesare Pietroiusti, presidente di Palaexpo. L’incontro ha approfondito il dibattito aperto nell'ambito della Biennale sul tema della condivisione, tra i temi di The Rome Charter , iniziativa di Roma Capitale, Palaexpo e Commissione Cultura UCLG che mira a promuovere il diritto di partecipare alla vita culturale come condizione per una società migliore, che dal 2019 ha coinvolto 45 città.
La mostra in corso a Roma
Contestualmente all’incontro, Chto Delat ha inaugurato la propria seconda personale presso The Gallery Apart, “Nuove melodie cinetiche: su miracoli, disastri e mutazioni per il futuro”. In mostra sono esposte diverse tipologie di opere, tra disegni (2.500 euro), collage (3.500 euro), arazzi (18.000 euro), bandiere (1.500-1.800 euro), lightbox, video, videoinstallazioni e sono riuniti insieme per la prima volta i tre video della trilogia zapatista “Slow Learning by Zapatista”, girati tra il 2017 e il 2021 dopo la mostra personale al Museo MUAC di Città del Messico che ha dato avvio alla loro ricerca sulle comunità zapatiste fuori dal Chiapas.
Una di queste si trova in Puglia, a Castiglione d’Otranto, formata da migranti e rifugiati con cui Chto Delat ha lavorato al secondo video della trilogia, “Gente di farina, acqua e sale” (2019; 30.000 euro, 5+2 ap), presentato in mostra incastonato in una struttura in legno dipinta a mano (40.000 euro la video-installazione, pezzo unico). Il video si sofferma sulla Free Home University, di cui Chto Delat fa parte, esperimento pedagogico e artistico con sede a Lecce incentrato sulla generazione di nuovi modi di condividere e creare conoscenza vivendo la vita in comune, curata da Alessandra Pomarico e Shawn van Sluys e che coinvolge numerosi artisti e pensatori tra cui Rene Gabri, Lu Cafausu (Emilio Fantin, Luigi Negro, Giancarlo Norese, Cesare Pietroiusti, Luigi Presicce), Adrian Paci, Silvia Federici, Babi Badalov.
L’opera sul periodo pandemico prodotta dal Garage Museum
In mostra a Roma anche l’ultima produzione del collettivo, la video-installazione “Six Kinetic Melodies for a Required Future”, commissionata dal Garage Museum di Mosca. Il film, girato nel corso del 2021, narra la storia di un laboratorio utopico in cui i protagonisti sono contemporaneamente scienziati e cavie, con l'obiettivo di sviluppare nuove forme di comportamento sociale automatico per la sopravvivenza. Anche in questo caso, il video è corredato da opere di tipo installativo, una serie di lightbox (12.000 euro cad.) che richiedono la partecipazione del pubblico: una cornice in legno regge tende retrattili su cui sono stampate le immagini in dotazione nei pc come sfondi iconografici da applicare alle videocall e, una volta aperte, mostrano foto documentarie divenute virali che visualizzano la nuova realtà che si è imposta durante il lockdown (code di ambulanze, forze dell’ordine che circondano le città durante i raduni politici, ecc.), immagini sulle quali sono applicati dei fiori che disegnano sequenze di numeri, che corrispondono alle nuove leggi repressive emanate in Russia.
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