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Il commercio elettronico fa crescere gli stipendi nel digitale

di Valeria Uva

Dall’Ict alla sanità: pronte oltre 15mila offerte di lavoro per i giovani

3' di lettura

Una laurea e una brevissima esperienza sul campo in data science valgono da subito uno stipendio annuo di 40mila euro (lordi). La stessa cifra è riconosciuta anche a un growth hacker, figura specializzata nel marketing digitale delle start up in grado di accrescere gli indicatori chiave di performance della società andando a monitorare (e se serve a modificare) il servizio offerto.

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Figure che restano difficili da trovare sul mercato e che per questo possono aspirare a compensi da subito piuttosto elevati . Lo testimoniano anche i numeri della ricerca sulla «Retribuzione nel digital e new media» messa a punto dalle società specializzate in ricerca e selezione del personale di Pagegroup .

IL BORSINO

Compenso annuo lordo secondo gli anni di esperienza. Medie nazionali italiane. In migliaia di euro. (Fonte: Digital salary survey Pagegroup)

IL BORSINO

«Rispetto a una decina di anni fa - nota Andrea Policardi, executive manager per questo settore di Pagegroup - sono aumentati in particolare i salari di ingresso: la competizione tra agenzie per strapparsi i migliori talenti in entrata è tale che le politiche retributive sono state riviste al rialzo. Mentre poco si è mosso nella fascia con una maggiore seniority da due a cinque anni».

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Commercio online e pubblicità

L’osservatorio Digital salary survey di Pagegroup si concentra, in particolare, sulle professioni digitali necessarie per l’e-commerce e il mondo pubblicitario.

Lo studio, aggiornato al 2018, si basa sugli incarichi ricevuti in questo settore negli ultimi due anni, sull’analisi del data base aziendale e sui colloqui con i candidati. Le ricerche riguardano figure formate con almeno un anno di esperienza, esclusi quindi i neolaureati o diplomati.

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«L’accelerazione digitale continua anche quest’anno - si legge nel rapporto - con una forte dinamicità di reclutamento». La crescita è trainata in particolare dall’e-commerce:  non solo a grandi player quali Amazon e Ali Baba, ma anche a molte aziende italiane, ad esempio nel food delivery, mancano tuttora specialisti nella gestione della vendita online. Fondamentale, quindi, la “caccia al talento” che viene attratto, oltre che dalla retribuzione attestata a livelli spesso superiori a quelli di altri settori, anche «dai progetti, dall’ambiente tecnologico e dalle prospettive in un contesto di mercato teso».

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Le figure al top e la concorrenza

La funzione più difficile da trovare? «Il programmatic manager è indispensabile per i player della pubblicità anche se in calo come richiesta - commenta Policardi - gestisce il budget media, è in grado di seguire gli utenti e orientare velocemente la pianificazione pubblicitaria online».

Per strappare alla concorrenza un manager così al top della carriera servono in media 70mila euro. Ma al vertice della piramide retributiva si collocano il creative director e l’head of digital con retribuzioni a cinque zeri che raddoppiano nella progressione di carriera (si veda il grafico sotto).

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Anche in questa parte del digitale non si guarda solo alle lauree in area Stem (Science, technology, engeenering and mathematics). «Proprio il creative director ha una formazione umanistica - precisa Policandri - anche se oggi deve essere necessariamente focalizzato sul digitale e sui social». Per Pagegroup l’offerta accademica resta disallineata rispetto al mondo del lavoro «ma qualcosa si sta muovendo, in particolare nelle business school si cominciano ad offrire corsi adeguati ai profili digitali richiesti». Profili che oggi si cercano anche oltre confine, alimentando così una piccola corrente di rientro dei cervelli.

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«Sono tanti gli italiani emigrati anni fa con il primo boom informatico, ad esempio in Irlanda, che hanno accumulato anni di esperienza in giganti quali Google e Facebook - conclude Policardi -. Molti di loro ora stanno pensando di rientrare, anche per le incertezze legate alla Brexit». Almeno per i talenti della tecnologia, quindi, l’Italia sembrerebbe essere ancora attrattiva.

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