Il coraggio di andare controcorrente
di Sergio Mattarella
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In un contesto internazionale, segnato da forti elementi di discontinuità, ci troviamo ad affrontare un quadro complesso, con significative instabilità rispetto al passato, che, con evidenza, possono portare a modificare gli equilibri regionali e globali.
La discussione sulla conferma di scelte di apertura della politica commerciale e le possibili contromisure, il ridimensionamento di alcuni trattati internazionali, le vicende interne in alcuni Paesi e le prossime tornate elettorali in Europa, possono alimentare l’incertezza e la volatilità dei mercati. Alcune aree del mondo, in particolare, continuano a essere minacciate dal terrorismo e, accanto alle indicibili sofferenze delle popolazioni, non mancano le ripercussioni anche sul fronte economico, con un ulteriore peggioramento delle aspettative, dei flussi turistici e degli investimenti. L’annuncio di misure protezionistiche è in aumento e gli scambi internazionali - indicatore della domanda globale per i nostri prodotti - crescono sensibilmente meno rispetto al periodo pre-crisi, rendendo più difficile il contesto anche per le nostre aziende, pur reduci da un anno di successi sul terreno dell’export.
Sembra, talvolta, trovare diritto di cittadinanza una anacronistica visione mercantilistica “ancien regime”, indifferente ai danni che la sua applicazione potrebbe recare in particolare a una economia come la nostra, fortemente orientata all’estero.
Gli operatori sanno come, in un sistema fortemente integrato quale l’attuale, in cui le filiere produttive si avvalgono di scambi di beni intermedi tra produttori di Paesi diversi, la sfida per la crescita sia giocata sul posto che si riesce ad occupare nella catena di creazione del valore e non su logore strategie di chiusura dei mercati al commercio internazionale.
In questo scenario è essenziale andare risolutamente controcorrente, rafforzando la cooperazione e gli strumenti di governance internazionale, europei e mondiali, sapendo che da soli non si va lontano.
La recessione economica, sperimentata nell’ultimo decennio in numerose aree del mondo, sembra volersi accompagnare ora ad una sorta di recessione geopolitica, incapace di dare risposte concrete alle sfide che abbiamo di fronte e che appare di abbandono delle responsabilità nella costruzione di destini comuni per l’umanità, con il risultato di alimentare conflitti e il rischio di violenze.
Per le imprese, come per ogni attore del sistema internazionale, la consapevolezza e la conoscenza dei rischi sono fondamentali per poter definire strategie di crescita, utilizzare strumenti di mitigazione che consentano di operare anche in mercati difficili. Decisivi sono, in questa direzione, gli investimenti in ricerca, innovazione e formazione per rafforzare la competitività, cogliere le opportunità dell’internazionalizzazione e della trasformazione digitale. Gli investimenti di qualità rafforzano non solo le imprese che li attuano ma l’intero capitale sociale del Paese.
I forti cambiamenti in atto, che incidono sulle modalità di produzione e sulla definizione stessa di settori, tra manifattura e servizi, richiedono uno sforzo aggiuntivo, un cambio di paradigma. L’apertura del commercio e il progresso tecnologico sono stati elementi trainanti per la crescita economica globale, i cui benefici dovrebbero però essere distribuiti in maniera più equilibrata. Sono fenomeni che non possiamo rinunciare a governare.
È indispensabile la ricerca di un nuovo equilibrio tra Stati e quanto a benessere e inclusione, che associ le iniziative dirette alla ricerca di maggior competitività alle tutele per una società più giusta e per uno sviluppo più sostenibile, con regole da rispettare: dai diritti dei lavoratori alla responsabilità ambientale, in ogni contesto, come ha più volte sottolineato l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, nelle sue raccomandazioni in ordine agli sviluppi dei processi di globalizzazione.
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