Il coronavirus manda a picco petrolio e rame, mentre l’oro vola
Il rapido diffondersi dell’epidemia solleva timori per l’economia, in Cina e non solo. E i mercati delle materie prime sono tra i più colpiti dalle vendite
di Sissi Bellomo
3' di lettura
Petrolio sotto 60 dollari, rame ai minimi da due mesi. E oro in volata verso 1.590 dollari l’oncia. Il coronavirus fa sempre più paura e i mercati delle materie prime reagiscono in modo drastico al timore – che si sta facendo concreto – di un rallentamento dell’economia globale.
Lo spiraglio di ottimismo aperto dalla tregua commerciale Usa-Cina si è richiuso. E gli investitori sono ormai concentrati solo sulle potenziali conseguenze di una frenata della Cina.
Un virus che fa più paura della Sars
Il gigante asiatico – che nel 2019 era cresciuto del 6,1%, il tasso più basso da trent’anni – si sta fermando davvero. Pechino sta mettendo in quarantena un numero crescente di città e ha ordinato di prolungare le ferie per il Capodanno lunare, dopo che il contagio ha dimostrato di diffondersi a un ritmo più veloce del previsto
Nella Repubblica popolare oltre 2.700 persone sono state infettate e i morti sono 81. Casi di coronavirus sono già stati registrati in altri dieci Paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti e la Francia.
Rispetto all’influenza Sars – che si era diffusa nel 2002-2003 in Asia, uccidendo circa 800 persone – stavolta secondo le autorità cinesi c’è rischio di contagio anche durante la fase di incubazione del virus, che dura fino a 15 giorni.
Al momento è difficile capire quanto durerà l’emergenza e se l’epidemia riuscirà ad essere contenuta in modo efficace. E proprio questa incertezza accentua la reazione negativa dei mercati.
La fuga dagli asset finanziari più rischiosi oggi ha anche una forte componente emotiva. E ad amplificare le vendite c’è l’effetto sorpresa: il coronavirus è un «cigno nero», imprevedibile e inatteso.
Nel caso del petrolio questo ha prodotto una corsa alle ricoperture da parte dei fondi, che fino a poco tempo fa erano molto sbilanciati su posizioni rialziste: al 21 gennaio, prima del coronavirus, sul greggio c’erano 6 posizioni lunghe (all’acquisto) per ogni posizione corta (alla vendita).
L’impatto del virus sul petrolio
Le quotazioni del Brent, già in declino la settimana scorsa, nella seduta di oggi sono arrivate a perdere circa il 3%, sfondando al ribasso la soglia dei 60 dollari al barile e scendendo fino a 58,50 dollari, il minimo da tre mesi.
Il ministro saudita Abdulaziz Bin Salman ha cercato – finora con scarsi risultati – di tranquilizzare il mercato, affermando che il coronavirus ha «un impatto molto limitato sulla domanda petrolifera globale» e che la discesa dei prezzi è oggi «guidata soprattutto da fattori psicologici e dalle aspettative estremamente negative adottate da alcuni partecipanti al mercato».
L’Opec Plus, ha aggiunto il ministro, ha in ogni caso «la capacità e la flessibilità necessarie per rispondere a qualunque sviluppo, se la situazione lo richiederà». La prossima riunione del gruppo è già convocata per il 5-6 marzo a Vienna, con il compito di rivedere i tagli di produzione.
Sul tavolo c’è una probabile estensione delle misure oltre la scadenza attuale del 31, se non addirittura un ulteriore accentuazione dei tagli, secondo fonti Bloomberg. La Libia, a causa del blocco dei porti imposto dal generale Haftar, ha comunque perso proprio in questi giorni un milione di barili al giorno di greggio.
L’effetto sui metalli
Il panico da coronavirus ha colpito anche il London Metal Exchange, accelerando i ribassi del rame, che è sceso ai minimi da due mesi (5810 dollari per tonnellata). Per il metallo rosso è la nona seduta consecutiva di perdite: una serie negativa che non si ripeteva da sei anni.
Tra i non ferrosi più colpiti al Lme c’è anche il nickel, sceso a 12.630 dollari per tonnellata, il minimo da oltre sei mesi.
Tra le materie prime il ribasso più forte è però quello del minerale di ferro: il prezzo dell’«ingrediente» dell’acciaio (di cui la Cina consuma oltre metà dell’offerta mondiale) ha ripiegato verso 85 dollari per tonnellata, arrivando a perdere quasi il 7%. Il timore, a questo punto molto concreto, è che nella Repubblica popolare le attività industriali e il settore delle costruzioni subiscano un brusco rallentamento, anche solo nel breve periodo, con il rientro ritardato dalle festività del Capodanno lunare.
Per approfondire:
● Coronavirus, cosa sappiamo finora e quali rischi stiamo correndo
● Virus Cina: chiusa la frontiera con la Mongolia, il premier a Wuhan
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