Il coronavirus metterà fine al turismo di massa?
Sul breve termine stabilimenti balneari e strutture ricettive si stanno organizzando per gestire il distanziamento tra i turisti e garantire le misure di sicurezza. Ma sul lungo termine sarà necessario ripensare e riqualificare l’offerta turistica del nostro Paese
di Giovanna Mancini
4' di lettura
Sarà l’estate degli italiani in Italia. Al mare e in montagna. Scaglionati. Come in ufficio, sui mezzi pubblici e al supermercato. «Dobbiamo metterci in testa che occorre imparare a convivere con questo virus e lavorare di conseguenza per ripensare anche l’offerta turistica», osserva Matteo Caroli, docente di economia e gestione delle imprese all’Università Luiss e responsabile del Master in Tourism Management.
È la fine del turismo di massa?
La pandemia da Covid-19 potrebbe assestare il colpo finale al turismo di massa, per come lo abbiamo conosciuto in questi anni, accelerando un processo di trasformazione dell’offerta che era già in atto da tempo.
«Già prima del Covid il turismo di massa veniva messo in discussione per la sua sostenibilità – conferma Caroli – ed è evidente che in futuro questa forma di accoglienza andrà diminuendo. Ma perché ciò avvenga occorre ripensare e adeguare un’offerta che invece per anni si è fondata su questo modello. Non è facile né immediato».
Un’occasione per riqualificare l’offerta
Per Magda Antonioli Corigliano, direttore del Master in Economia del Turismo della Bocconi, «questa situazione per tanti versi drammatica può essere l’occasione, per tanti operatori e per il sistema Paese, per rivedere l’offerta turistica italiana, e non soltanto sul breve termine per garantire standard di sicurezza sulle spiagge o nelle località turistiche più frequentate, ma anche sul medio e lungo termine, riqualificando e riposizionando la proposta».
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Affrontare la crisi, dunque, investendo sulla qualità delle strutture e dei servizi, sulla sostenibilità dell’offerta, sulla valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale.
Le soluzioni nel breve termine
Nell’immediato, tuttavia, è necessario «identificare misure e soluzioni che mettano in condizioni di sicurezza le strutture ricettive, siano esse stabilimenti balneari, alberghi o rifugi di montagna, ma consentano al tempo stesso di rimettere in moto l’offerta turistica – dice ancora Caroli - perché questo settore ha un peso troppo importante per l’economia italiana (genera il 13% del Pil, ndr), non può essere trascurato. Bisogna ragionare su un adeguamento offerta, elaborando modalità di fruizione delle spiagge che, tenendo conto di tutte le precauzioni sanitarie, permettano comunque di portare la gente al mare».
Operazione sicurezza
Un lavoro che prevede la riqualificazione e costante sanificazione delle strutture (cabine, sdraio, ombrelloni), ma anche la messa a punto di tecnologie e infrastrutture adeguate per la gestione delle persone in spiaggia, al mare o nelle docce.
«Ma tutto questo richiede organizzazione, investimenti e lavoro, deve iniziare subito – osserva Caroli -. Perciò è importante che le istituzioni lancino un segnale, in modo che le persone comincino a prenotare le vacanze al mare e che gli operatori abbiano una base di certezza su cui avviare i lavori per la stagione».
Solo per i lavori “ordinari” (come i lavori di manutenzione, il riassetto della spiaggia, le pulizie generali ecc.) occorre all’incirca un mese di tempo, osserva Massimo Feuruzzi, amministratore unico di Jfc, società di consulenza in ambito turistico. «Oltre a questo – osserva Feruzzi – gli stabilimenti balneari dovranno adeguarsi alle disposizioni che verranno emanate. Sicuramente dovrà essere ridotto il numero degli ombrelloni e sdraio, che potranno essere non più del 40% rispetto a quelli collocati la scorsa estate». Le strutture dovranno essere in grado inoltre di garantire servizi di ristorazione e bar direttamente sotto l’ombrellone, attraverso ad esempio una prenotazione sul sito o la app dello stabilimento, in modo da evitare affollamenti nell’area dei buffet-bar.
Uno sguardo sul medio-lungo periodo
Se in questo modo si potrà salvare, almeno in parte, la stagione estiva sulle spiagge italiane, per gli anni a venire la lezione del Covid-19 impone di ripensare l’offerta turistica: «Il turismo in Italia era già in trasformazione – spiega Magda Antonioli – con una domanda in crescita per vacanze nella natura, destinazioni minori e poco affollate. A maggior ragione dopo questa vicenda mi aspetto che aumenterà una domanda più attenta a certi valori, culturali e paesaggistici, che riafferma il nostro patrimonio».
Quindi una opportunità per il turismo italiano – sebbene in questo momento di grave crisi sia difficile osservare la situazione da questa prospettiva. «Cogliamo questa occasione per riposizionare alcune località e strutture di un patrimonio ricchissimo che ha però bisogno di essere riqualificato - aggiunge la professoressa – anche per allinearsi ai criteri internazionali di sostenibilità, etica ed estetica e risposizionarsi su nuovi mercati».
Approfittarne dunque, se così si può dire, per riallocare le risorse, mitigare l’«overtourism» di alcune località, investire su rispetto dell’ambiente, cura delle persone e del territorio. «Cerchiamo di non ripresentarci, al termine di questo dramma, uguali a prima – conclude Antonioli - ma cerchiamo nuovi modelli di business, fondati su valori diversi, su cui l’Italia ha moltissime carte da giocare».
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