Il Covid fa chiudere i lavoratori autonomi under 40
Diminuiti del 10% in un anno e di un terzo nell’ultimo decennio, potrebbero non garantire un adeguato ricambio generazionale nel tessuto produttivo
di M.Pri.
3' di lettura
La crisi economica innescata dal Covid-19 si fa sentire pesantemente sulle nuove generazioni di lavoratori autonomi. Tra il secondo trimestre del 2019 e quello del 2020, si sono persi 110mila lavoratori autonomi nella fascia di età 30-39 anni. La metà della contrazione complessiva del settore. I numeri emergono da uno studio elaborato dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro sulla base dei dati Istat, studio che evidenzia peraltro l'esistenza di un trend negativo per il comparto che dura almeno da dieci anni.
Comparto in difficoltà
Nel 2010 se ne contavano 5,7 milioni, diventati 5,3 l'anno scorso, per poi scendere a 5,1 milioni quest'anno. Di conseguenza si è assottigliata la quota del lavoro autonomo rispetto al totale, che in dieci anni ha perso quasi tre punti percentuale, passando dal 25,3 al 22,7 per cento. Difficoltà che si sono fatte sentire in modo particolare sui giovani imprenditori. Nel medio periodo, gli under 40 hanno sofferto di più, tanto che dagli oltre 2 milioni del 2010 sono diventati poco più di 1,4 milioni, con un calo di oltre il 30 per cento. Hanno alzato bandiera bianca, inoltre, gli over 60, anch'essi ridotti di un terzo. Nell'ultimo anno, però, la crisi si è fatta sentire soprattutto tra i 30-39enni, diminuiti di oltre il 10%, mentre le altre fasce d'età non sono andate oltre il 4 per cento.
Secondo la Fondazione studi, ciò è dovuto al fatto che le misure messe in campo dal Governo a sostegno dell'occupazione non sono state sufficienti e, soprattutto, sono state rivolte al lavoro dipendente. Questo, nonostante ben 4,1 milioni di autonomi abbiano beneficiato delle indennità create dai vari decreti legge (cura Italia, rilancio, agosto) a sostegno di diverse categorie. Ma più in generale, gli autonomi e i liberi professionisti in particolare, da tempo vedono erodersi i redditi, come testimoniato anche dalle rilevazioni annuali condotte dall'Adepp, l'associazione delle casse di previdenza privatizzate.
Quanto ai settori, sono soprattutto i piccoli imprenditori del commercio ad aver subito gli effetti maggiori della crisi nell’ultimo anno, diminuiti in numero del 7,1%, nonché gli imprenditori alla guida di aziende, scesi del 9,2 per cento. Hanno contenuto i danni, invece, gli autonomi delle professioni intellettuali ad altra qualificazione e di quelle tecniche, con una contrazione non superiore al 4 per cento.
Futuro senza giovani
È vero che il nocciolo duro degli autonomi è costituito dalla fascia 40-59 anni, che nell'ultimo decennio ha sostanzialmente tenuto (-2,5%), tuttavia il trend in atto tra i giovani, secondo lo studio, è preoccupante perché determina un mancato ricambio generazionale. I 110mila autonomi persi nell'ultimo anno, si legge nel rapporto, costituiscono «un dato estremamente critico, perché riguarda proprio la fascia di età (30-39 anni ndr) in cui avviene il consolidamento e, in alcuni casi, l'avvio dell'attività in proprio e dove le difficoltà congiunturali, unitamente al carico di adempimenti burocratici e fiscali, rischiano di produrre maggiori criticità, fino a determinare l'abbandono della stessa iniziativa imprenditoriale».
Questo, visto in prospettiva, «fa venir meno il sostrato di attività potenzialmente più vitali, destinate a supportare i processi di sostituzione e alimentazione del tessuto imprenditoriale negli anni a venire». Altro campanello d'allarme è costituito dal fatto che a chiudere sono soprattutto le attività autonome con dipendenti, generando quindi un doppio effetto negativo sull'occupazione e sulla produzione e distribuzione della ricchezza. Questi sono solo un quarto del totale degli autonomi, ma nell'ultimo anno sono calati di quasi il 5 per cento.
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