Il Covid rallenta i sequestri, ma i falsi guadagnano spazio sul web
Durante il lockdown meno attività illecite e meno ispezioni, ma il terreno più fertile è online. Da Ferragamo a Louis Vuitton e Moon Boot: brand e marketplace in prima linea con inedite alleanze
di Marta Casadei
3' di lettura
Il Covid-19 frena l’emergere della contraffazione, con solo un milione di prodotti di moda sequestrati dalla Guardia di Finanza nel primo semestre 2020. E il ministero dell’Interno conferma, sempre riguardo al periodo gennaio-giugno 2020, un calo del 43% dei reati di contraffazione in generale.
La pandemia dimezza i prodotti falsi sequestrati
Il numero dei prodotti falsi sequestrati dalle Fiamme gialle nella prima parte dell’anno è irrisoria se comparata con quella degli anni precedenti: secondo stime riportate da Confindustria moda durante l’ultima edizione della settimana anticontraffazione, i “fake” requisiti sono passati dai 26 milioni di articoli sequestrati nel 2016 agli oltre 52 milioni nel 2018.
Ma la spiegazione è facile, se si contestualizza il dato: tra marzo e maggio il lockdown nazionale ha bloccato l’intero Paese, fermando attività, anche quelle delle imprese (lecite e illecite), e bloccato i movimenti nazionali e internazionali, mettendo i bastoni tra le ruote anche ai contraffattori. Inoltre la Guardia di finanza ha concentrato i propri sforzi altrove e, più precisamente, come scrivono dal Comando generale, «all’illecita commercializzazione di beni utili a fronteggiare l'emergenza sanitaria (a partire da mascherine e dai dispositivi di protezione individuale)». Nel cercare mascherine non a norma, c’è da dire, i militari si sono imbattuti anche in falsi griffati: a fine 2020 la Gdf ha scoperto, a Torino e provincia, due sartorie illegali e un negozio dove venivano confezionate e vendute mascherine di tessuto e articoli con marchi contraffatti del calibro di Chanel, Armani, Louis Vuitton.
Abbigliamento e accessori in testa per falsi, poi le scarpe
Tra i prodotti finiti, la maggior parte di quelli sequestrati è rappresentata dagli indumenti e accessori di abbigliamento, con circa 750mila prodotti sequestrati, seguita dalle calzature, con circa 230mila pezzi.
Oltre a questi, sempre più spesso, la Gdf intercetta e sequestra materiali per etichettatura e confezionamento dei prodotti di abbigliamento contraffatti, introdotti illegalmente in Italia, che violano i diritti di proprietà intellettuale.
Nonostante il Covid-19 abbia temporaneamente rallentato anche questo business, tuttavia, non è lecito tirare un sorriso di sollievo. E non solo perché, come appena in ottobre Confindustria moda aveva sottolineato - citando dati Ocse - il fenomeno dei falsi nel segmento tessile moda e accessorio vale ogni anno 5,2 miliardi di euro, con 1,3 miliardi di euro all’anno di danni alle aziende manifatturiere per le mancate vendite e 1,4 miliardi ai consumatori per il costo da questi pagato ingiustamente nella convinzione di acquistare un prodotto autentico. Ma anche perché, se un tempo i falsi erano commercializzati nell’ombra, oggi è possibile acquistarli (in maniera più o meno consapevole) sul Web.
Il canale digitale, infatti, gioca un ruolo sempre più decisivo nell’alimentare il business dei prodotti contraffatti. Che secondo il recente Annual Intellectual Property Report dell’Ipec, l’autorità Usa che vigila sulla proprietà intellettuale starebbe traendo vantaggio dal coronavirus non solo nel segmento farmaci e Dpi, ma anche in quello delle truffe online.
La battaglia ai falsi online continua online
Ne è un esempio la recente doppia causa presentata congiuntamente proprio negli Usa da Amazon e Salvatore Ferragamo contro persone che hanno tentato tramite loro account di porre in vendita prodotti contraffatti a marchio Ferragamo sul marketplace. L’alleanza suggella l’impegno che le singole aziende stanno mettendo in queste battaglie su scala globale: nel 2020 Ferragamo ha intercettato e fatto rimuovere dai siti di aste online circa 94mila inserzioni di prodotti contraffatti e ha ottenuto il sequestro di circa 240mila prodotti in tutto il mondo. Amazon, dal canto suo, ha istituito la Counterfeit Crimes Unit che lavora a stretto contatto anche con i brand di moda e lusso.
Se il monitoraggio continuo è senza dubbio una delle strategie chiave per individuare i falsi, è importante tutelarsi legalmente sul piano della proprietà intellettuale.
Ne sono un esempio le recenti sentenze a favore di Moon Boot, del gruppo Tecnica, e di Louis Vuitton. Nel primo caso, il tribunale di Milano ha stabilito che i doposci “lunari” sono un’opera di design industriale e sono protetti dalle norme che regolano il diritto d’autore. Le “copie” incriminate (che verranno ritirate) sono, in questo caso, i boots prodotti da tre aziende per il marchio Chiara Ferragni.
Nel secondo, la griffe del gruppo Lvmh, assistita dallo studio Spheriens, ha ottenuto un’importante decisione della Cassazione per la tutela dei suoi marchi Damier che secondo la Corte sono chiaramente associati alla produzione della Louis Vuitton.
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