Il Covid spinge le rimesse all’estero: +48% nel secondo trimestre
Da aprile a giugno sono stati inviati all’estero 645 milioni di euro in più rispetto al primo trimestre del 2020 (+48%). In testa per aumento dei trasferimenti ci sono i Paesi dell’Est
di Raffaele Lungarella e Valentina Melis
3' di lettura
La pandemia ha fatto crescere le rimesse degli stranieri residenti in Italia, cioè i trasferimenti di denaro verso i Paesi esteri (di provenienza o altri). È quanto emerge dall’elaborazione dei dati pubblicati dalla Banca d’Italia. Le rimesse del secondo trimestre 2020 hanno sfiorato i due miliardi di euro, con un aumento del 48% rispetto al trimestre precedente. L’aumento è rilevante anche rispetto al secondo trimestre 2019 (+36%). A trainare il balzo dei trasferimenti di denaro oltreconfine sono i Paesi dell’Est europeo, Ucraina, Romania, Moldavia, ma l’incremento è consistente anche per Senegal e Marocco.
A spingere i risparmi verso l’estero - a fine anno potrebbero arrivare a 6,7 miliardi se il trend dovesse confermarsi, a fronte dei 6 miliardi del 2019 - è stata probabilmente una reazione difensiva nei confronti della situazione di emergenza legata al Covid. Se infatti si analizza il flusso storico delle rimesse, emerge che il picco degli ultimi anni è stato toccato con i 7,3 miliardi del 2011, un anno di pesante incertezza sulla situazione economica dell’Italia, con l’aumento progressivo dello spread tra il rendimento dei Btp italiani e quello dei Bund tedeschi.
I dati del 2020
Nei mesi di aprile, maggio e giugno di quest’anno gli stranieri immigrati in Italia hanno trasferito all’estero 1,98 miliardi. Poiché nel trimestre precedente le rimesse erano state 1,35 miliardi, il loro volume è cresciuto di 645 milioni di euro (+48%). Questi sono i soldi transitati tramite banche e money transfer: non si sa, ovviamente, che cosa sia successo nei canali informali (denaro contante trasferito via autobus o con altri mezzi).
I Paesi beneficiari
L’ingrossarsi del flusso nel secondo trimestre non ha interessato tutti i Paesi di destinazione dei risparmi degli stranieri in Italia. Ma, con la sola eccezione del Bangladesh – che con oltre 800 milioni di euro è in cima alla classifica 2019 dei beneficiari delle rimesse, ma il cui ammontare nel secondo trimestre di quest’anno è diminuito di un quarto rispetto al primo – gli altri Paesi che non hanno beneficiato del boom del secondo trimestre hanno registrato una riduzione quantitativamente molto contenuta.
L’accresciuto flusso di risorse del secondo trimestre solo in minima parte si è disperso in piccoli rivoli, mentre la quota nettamente prioritaria è concentrata in un numero ristretto di paesi. I 10 Stati che hanno registrato gli incrementi più rilevati in termini assoluti hanno assorbito un buon 80% dell’aumento totale delle rimesse, cioè circa 500 milioni di euro. Sia verso l’Ucraina sia verso la Romania la crescita è stata di 100 milioni di euro.
Le possibili spiegazioni
Una possibile spiegazione di questi dati può riguardare la prospettiva con cui una parte degli stranieri residenti ha valutato gli effetti della pandemia sulla sua permanenza in Italia. Il picco delle rimesse registrato nei mesi di incertezza crescente sull’evoluzione degli effetti del Covid-19, potrebbe celare, infatti, il timore degli immigrati di un aggravamento della loro condizione, spingendoli a pensare a un ritorno nei Paesi di provenienza. In questa ipotesi, iniziare a inviare in Patria i propri risparmi potrebbe essere un passo iniziale per il successivo trasferimento personale.
Il rientro può essere una decisione anche non definitiva, ma una scelta prudenziale temporanea, per comprendere l’evoluzione della pandemia e valutare poi un eventuale ritorno in Italia. Peraltro, i Paesi che hanno assorbito una quota consistente della crescita delle rimesse, sono relativamente poco distanti dall’Italia e/o hanno comunità ben insediate nel nostro Paese.
La situazione lavorativa degli stranieri in Italia
Del resto, l’interpretazione si sposa con le difficoltà economiche legate alla pandemia che hanno riguardato anche i cittadini stranieri residenti in Italia, 5,26 milioni di persone.
Gli occupati, come rileva la Fondazione Leone Moressa in base ai dati Istat (Rilevazione sulle forze di lavoro, dati trimestrali) sono passati da 2,5 milioni del quarto trimestre 2019, a 2,2 milioni del secondo trimestre 2020. Su base annua, i posti di lavoro occupati da stranieri che sono stati persi sono 257mila, ovvero il 31% dei posti totali persi. L’incidenza dell’occupazione straniera sul totale passa così sotto la soglia del 10 per cento.
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