Il ddl Zan e il disconoscimento di chi è oggetto di forme di aggressione
Impedire la trasformazione in legge del decreto contro l'omotransfobia è un duro colpo per le persone che si sentono invisibili e abbandonate da uno Stato che non le protegge dai crimini dell'odio
di Vittorio Lingiardi e Guido Giovanardi
4' di lettura
Il rapper Fedez, nel discorso in occasione del concertone del 1° maggio, parlando del ddl Zan - il disegno di legge contro le discriminazioni di genere approvato il 4 novembre 2020 in testo unificato alla Camera - ha attaccato la Lega e il senatore leghista Ostellari, che osteggia il Ddl Zan, rivelando che il suo intervento era stato sottoposto ad approvazione da parte della Rai, con richiesta di «eliminare nomi e edulcorarne il contenuto». Nel suo monologo afferma come «Ostellari ha deciso che un disegno di legge di iniziativa parlamentare, quindi massima espressione del popolo che è stato già approvato alla Camera come Ddl Zan, può tranquillamente essere bloccato dalla voglia di protagonismo di un singolo, cioè se stesso. Ma d'altronde Ostellari fa parte di uno schieramento politico che negli anni si è distinto per la sua grande lotta all'uguaglianza». Il ddl Zan è stato assegnato alla commissione presieduta dal senatore leghista Ostellari, il 5 novembre 2020 e l’esame non è ancora iniziato. Ostellari ha comunicato ai membri della commissione che intende essere relatore unico del provvedimento (ndr).
Per l'ennesima volta l'ostruzionismo politico ha rallentato l'iter parlamentare del disegno di legge Zan. Il ddl Zan, tra le altre cose, è un testo contro l'omotransfobia: l'intento è quello di equiparare la discriminazione verso le persone non eterosessuali e non cisgender alle discriminazioni razziali, etniche e religiose, già punite dalla legge sui “delitti contro l'uguaglianza”.
I detrattori affermano a gran voce che: 1) è inutile, visto che i reati contro le persone sono comunque perseguiti, 2) limiterebbe la libertà di espressione.
Fa un certo effetto vedere che i primi a scendere in campo contro questi falsi caveat siano personaggi del mondo dello spettacolo, per esempio Fedez, Elodie e Mahmood. Interventi che non possono che far piacere, a dimostrazione del fatto che il tema dell'omotransfobia sta a cuore in modo trasversale, ma che, nella loro immediata vivacità, mostrano per contrasto quanto poco vivace, tranne rari casi, sia stata la reazione del mondo della cultura e della politica.
Italia prima in Europa per numero di vittime di transfobia
Per noi professionisti della salute mentale, che tutti i giorni ascoltiamo e studiamo gli effetti a breve e a lungo termine dell'odio (nelle parole, nelle azioni e nel web, si veda a questo proposito il libro di Milena Santerini “La mente ostile”, Raffaello Cortina), quei caveat appaiono scientificamente inconsistenti e politicamente pretestuosi. Giusto per dare qualche dato, l'Italia è al primo posto in Europa per numero di vittime di transfobia (36 uccisioni dal 2008 al 2016, considerando solo i casi riportati dai quotidiani; si tratta con ogni probabilità di una sottostima).
Sono molte le persone che si sentono invisibili e abbandonate da uno Stato che non le protegge dai crimini dell'odio. Ragazze e ragazzi esposti alla condizione di minority stress, bullizzati e vittimizzati. Parlando ancora come psicoterapeuti, un aspetto rilevante di questo decreto di legge ci sembra la sua attenzione a un approccio a più livelli nel contrasto all'omotransfobia: non solo aggravanti giuridiche per chi commette crimini per ragioni legate al genere, all'orientamento sessuale o all'identità di genere, ma anche percorsi alternativi “riabilitativi” e iniziative per combattere il bullismo nel mondo della scuola.
Giornata nazionale contro l'omofobia
Anche la proposta di istituire una Giornata nazionale contro l'omofobia, la transfobia e la bifobia (da celebrare, come nella maggior parte del mondo, il 17 maggio, data in cui, nel 1990, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha depennato l'omosessualità dall'elenco dei disturbi mentali) contiene, se ben sfruttate, potenzialità di riflessione e crescita collettiva.Negli ultimi anni la ricerca psicologica ha approfondito il legame tra benessere individuale e benessere collettivo, identificando nella fiducia una delle variabili principali da tenere in conto (ce ne siamo già occupati parlando di “epistemic trust”, si veda anche il libro di Antonio Sgobba, “La società della fiducia. Da Platone a WhatsApp”, il Saggiatore): dalla fiducia del bambino nei confronti dei suoi caregiver, a quella del cittadino nei confronti dello Stato.
Nel primo caso, sappiamo che la mancanza di un intreccio virtuoso tra attaccamento, mentalizzazione e fiducia di base è oggi considerata uno dei fattori predisponenti future forme psicopatologiche. Quanto al secondo caso, la mancanza di tutela imputabile a uno Stato distratto o, peggio, colpevolizzante, certamente peggiora la qualità del rapporto tra cittadino e istituzione. Se questa trascuratezza riguarda componenti fondamentali dell'identità, come l'etnia, il genere o l'identità di genere, allora le persone che vengono escluse dalla considerazione della comunità possono provare dolorosi sentimenti di isolamento, insicurezza, bassa autostima, autodisprezzo.
Epistemic injustice
Rimanendo nel campo dell'epistemic trust, c'è anche un altro modo di vedere la questione: impedire la trasformazione in legge del ddl Zan significa perpetrare il disconoscimento della voce di chi denuncia di essere oggetto di forme di aggressione e discriminazione in base alla sua identità sessuale e di genere. Tale disconoscimento si configura come epistemic injustice: secondo la filosofa Miranda Fricker, infatti, parliamo di ingiustizia epistemica quando un cittadino non viene ascoltato e creduto a causa di pregiudizi legati alla sua identità (di genere, razza, religione, orientamento sessuale).Ribadire il vincolo tra identità e dignità e contrastare l'odio sono modi di contribuire allo sviluppo della fiducia sociale, e quindi del benessere psicologico. L'ha detto molto bene il Presidente Mattarella in una nota dello scorso maggio, proprio in occasione della giornata contro l'omotransfobia: «Le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale costituiscono una violazione del principio di eguaglianza e ledono i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana. È compito dello Stato garantire la promozione dell'individuo non solo come singolo, ma anche nelle relazioni interpersonali e affettive».
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