Il debito Target2 è destinato a scendere nel 2023: i motivi
La Bce ha fornito “carburante” per la crescita dei saldi T2 - il sistema di pagamenti interbancari transfrontalieri dell'Eurozona - consentendo alle riserve bancarie in eccesso di accrescersi attraverso i programmi di acquisto dei titoli governativi e corporate ed i prestiti agevolativi alle banche
di Marcello Minenna
8' di lettura
Il ritorno repentino a tassi di interesse positivi nell'area Euro dopo un decennio con livelli ancorati al di sotto dello zero ed il graduale ridimensionamento del bilancio della Banca Centrale Europea (BCE) impatteranno sui saldi contabili Target2 (T2) dei Paesi membri. Per la prima volta dal 2012, i debiti/crediti contabili T2 sono previsti in discesa, salvo anomale fughe di liquidità dai Paesi più esposti.
E questo sarebbe un bene, nonostante questi saldi siano poco più che registrazioni contabili di operazioni “morte”. Infatti sui saldi negativi si pagano interessi al Main Refinancing Rate della BCE (MRO), che è previsto salire al 4% entro pochi mesi. Sebbene gran parte di questi interessi tornino indietro a fine anno durante la redistribuzione dei profitti alle banche centrali nazionali (BCN), l'effetto per Paesi con grande saldo debitorio come l'Italia non è neutro. Vediamo meglio.
Una crescita decennale senza interruzioni
T2 è il sistema di pagamenti interbancari transfrontalieri dell'Eurozona. Il saldo netto T2 misura il debito/credito di una banca centrale nei confronti delle BCN appartenenti all'Eurosistema; è una misura contabile aggregata dei flussi di liquidità da/verso l'estero a seguito di transazioni degli operatori finanziari nazionali.
Ad esempio, a novembre 2022 la Banca d'Italia contabilizzava 659 miliardi di euro a debito nei confronti delle altre BCN. A fine novembre 2021 questo saldo si assestava ad “appena” 544 miliardi; in sostanza in 12 mesi circa 115 miliardi hanno lasciato il Paese.
Nel complesso, il sistema dei saldi T2 è a “somma zero”: la somma dei saldi negativi dei Paesi debitori deve essere pari alla somma di quelli positivi dei Paesi creditori. A fine 2022 il quadro complessivo era il seguente (Figura 1).
Non sorprendentemente, Germania, Lussemburgo e Olanda nel tempo si sono rivelati i centri di attrazione della liquidità in uscita da Spagna, Italia e Portogallo mentre il saldo francese è rimasto grosso modo in equilibrio grazie alla grande capacità del sistema bancario transalpino di attrarre capitali dall'estero.
La contrazione del bilancio Bce farà declinare i saldi Target2
Ora, più che la redistribuzione dei flussi tra i Paesi, quello che è importante notare è l'andamento temporale dei saldi totali, con la crescita progressiva della liquidità nel sistema dovuta alla politica espansiva della BCE. In altri termini, la BCE ha fornito “carburante” per la crescita dei saldi T2, consentendo alle riserve bancarie in eccesso di accrescersi attraverso i programmi di acquisto dei titoli governativi e corporate - Quantitative Easing (QE) e programma pandemico (PEPP) - ed i prestiti agevolativi alle banche (i TLTRO). Non a caso, nel grafico i saldi si riducono proprio nel periodo (2012-2013) in cui le banche restituivano in massa i 1.000 miliardi di € di prestiti di emergenza LTRO ottenuti dalla BCE durante la crisi del 2011-2012, riducendo le proprie riserve in eccesso.
Negli ultimi mesi, con la sospensione dei programmi di acquisto titoli (QE e PEPP), la somma totale dei saldi ha smesso automaticamente di crescere. Ora che il bilancio della BCE è previsto in contrazione nel corso del 2023 al ritmo di circa 30/40 miliardi al mese, è lecito attendersi una progressiva contrazione dei saldi (vedi Figura 2, area celeste).
Naturalmente, la riduzione dei saldi totali non è una condizione sufficiente a garantire che il debito T2 dell'Italia si contragga, dato che comunque l'andamento per il singolo Paese dipende da scelte autonome degli operatori. Si crea però un contesto favorevole, che nel caso dell'Italia è sostenuto dalle dinamiche attese di altre variabili macroeconomiche.
Flussi di liquidità in ingresso/uscita dall'Italia: la situazione
La pubblicazione dei più recenti dati della bilancia dei pagamenti relativi a novembre 2022 fornisce un quadro contabile chiaro dei fattori che hanno determinato i recenti trasferimenti di liquidità transfrontalieri da/per l'Italia (vedi Figura 3).
Dai dati della Figura 3 si osserva innanzitutto lo stallo generale degli afflussi di liquidità, che prende forma da agosto 2021 (le barre impilate sopra lo 0), mentre i deflussi hanno proseguito ad accumularsi a ritmo costante. È stato questo squilibrio a determinare il peggioramento del saldo T2.
Ci sono dei trend che hanno cominciato a mostrare segni di stabilizzazione per via del rialzo dei tassi di interesse: si stanno moderando i deflussi di liquidità verso l'estero dal settore privato non finanziario italiano (barre rosa, -305 miliardi dal 2019), storicamente elevati per esigenze di diversificazione del rischio e ricerca di maggiori rendimenti.
La composizione del mix di investimenti vede le imprese/famiglie italiane ancora sbilanciate sui fondi comuni di investimento a domiciliazione estera (di cui buona parte è costituita da fondi c.d. round trip riconducibili ad entità italiane), anche se da maggio 2022 si nota un modesto declino degli stock di 15 miliardi di euro. Negli ultimi mesi inoltre è aumentata la componente di depositi a breve termine e quella degli investimenti obbligazionari, sia in risposta ad una crescita delle aspettative sui tassi di interesse sia per un'accresciuta percezione del rischio sistemico dovuta alla congiuntura globale in deterioramento.
Anche gli investimenti verso l'estero del settore bancario nazionale hanno subìto una frenata (barre grigie) riducendo la crescita dei deflussi totali, mentre si osserva una stazionarietà delle posizioni debitorie delle banche (barre gialle). Dal 2020 ha assunto rilevanza tra gli afflussi anche la componente relativa ai prestiti accesi dal governo italiano presso le istituzioni europee (barre celesti, +91 miliardi dal 2019) in risposta alla crisi pandemica: prestiti SURE - Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency - e Recovery Plan.
La bolletta energetica scende ed il saldo del conto corrente migliora
Uno dei fenomeni emergenti del 2022 che hanno contribuito alla ripresa del trend di deterioramento del saldo T2 dell'Italia è stata la riduzione progressiva degli afflussi di capitali derivati dal surplus commerciale (barre arancioni in Figura 3). Negli anni questa voce aveva contribuito alla stabilizzazione del saldo T2 in maniera importante. Negli ultimi 18 mesi tuttavia si è registrata la contrazione del 10% del surplus cumulato da inizio 2019 e questo ha influito sugli equilibri dei flussi finanziari con l'estero.
La causa determinante è stata la crescita repentina dei costi delle importazioni di materie prime ed energia dal 2021, esacerbata ovviamente dall'impatto del conflitto russo-ucraino, mentre le esportazioni sono rimaste sostanzialmente in stallo. Questo ha provocato un rapido passaggio in territorio negativo del saldo commerciale (barre grigio chiaro in Figura 4) e, come conseguenza, del saldo di conto corrente.
Attualmente si registra un miglioramento del saldo commerciale dovuto alla discesa dei prezzi internazionali di gas e petrolio, che si spera prosegua per tutto il 2023. Anche i redditi primari (barre rosse) si sono stabilizzati, grazie all'effetto di crescita dei flussi di interessi in ingresso su investimenti di portafoglio.
I tassi di interesse in rialzo riporteranno gli investitori esteri? il quadro del settore pubblico
L'altro evento rilevante del 2022 è stata l'inversione degli afflussi di liquidità dall'estero verso i titoli di Stato nazionali (barre verdi in Figura 3), prendendo gennaio 2019 come punto di riferimento. Nel momento migliore (inizio 2020), si registravano fino a 110 miliardi aggiuntivi, che si sono volatilizzati negli ultimi mesi; a fine novembre si registra un calo di 33 miliardi (vedi Figura 5).
In altri termini, gli investitori esteri hanno alleggerito la propria esposizione sul debito pubblico italiano vendendo ad un prezzo vantaggioso; la strategia è stata quella di anticipare lo stop del QE e del programma pandemico PEPP, che garantivano la presenza sul mercato di un compratore sicuro e prevedibile. Ovviamente, la sinergia tra minore domanda dalla BCE e maggiore offerta dall'estero ha spinto verso l'alto i rendimenti dei titoli governativi, con lo spread tra BTP e Bund tedeschi che ha guadagnato fino a 130 punti base per poi fortunatamente ripiegare su livelli più moderati.
Approfondiamo il fenomeno prendendo in considerazione anche la maturity dei titoli oggetto di investimento.
Si osserva come la riduzione degli stock di BTP in mano estera sia accompagnata dapprima da un effetto sostituzione di titoli a lungo termine (barre verdi) con quelli a più breve scadenza (inferiore a 12 mesi, barre rosse), un comportamento coerente con la volontà di ridurre l'esposizione al rischio di aumento dei tassi di interesse governativi, percepito come strutturalmente più alto dopo lo stop di QE e PEPP. In un secondo momento, non si tratta solo un ribilanciamento: il ritmo di dismissione di titoli a lunga scadenza supera la crescita della domanda estera di dei titoli a breve.
Dai dati non sembra che il fenomeno abbia ancora rallentato; tuttavia è ragionevole ipotizzare che la crescita dei tassi nominali (prevista più forte in Europa rispetto agli USA) a fronte di un tasso di inflazione in riduzione possa favorire il ritorno di parte della domanda estera, con effetti positivi sul saldo T2. Si può notare altresì come nel periodo di maggiore afflusso di capitali (secondo semestre del 2019), succedesse esattamente l'opposto: si riduceva lo stock di titoli a breve e cresceva quello di BTP a lunga scadenza.
Il quadro del settore privato
Infine bisogna guardare al ribilanciamento degli investimenti esteri nel settore privato italiano (barre azzurre, +121 miliardi di euro dal 2019) - una voce tutt'ora in crescita anche se in rallentamento - che negli ultimi 18 mesi ha apparentemente più che compensato la riduzione degli investimenti nel settore pubblico. Andando ad approfondire la composizione di questi flussi (vedi Figura 6), si notano due pattern distinti: in un primo periodo tra 2020 e 2021 (ripresa economica post-lockdown) crescono contemporaneamente gli investimenti in obbligazioni più a lungo termine (barre rosse) ed i depositi a vista/breve termine.
Da settembre 2021 si nota invece una ricomposizione dei portafogli di investimento verso il breve termine, che è coerente con un'aumentata percezione del rischio di crescita dei tassi di interesse e con quanto osservato sugli investimenti in titoli governativi: le barre rosse si stabilizzano, mentre crescono sensibilmente le verdi. Negli ultimi mesi si osserva un rallentamento anche in relazione alla crescita dei depositi, che ovviamente non ha aiutato il miglioramento del saldo T2.
Per il futuro prossimo, il differenziale tra i tassi di interesse USA e quelli dell'area Euro influenzerà probabilmente l'appetibilità relativa degli strumenti finanziari italiani. Infatti il ciclo di rialzi dei tassi di interesse negli Usa è nella sua fase conclusiva, mentre è probabile che la BCE aumenti i tassi di riferimento di almeno altri 200 punti base. Se il tasso di inflazione dei Paesi europei scenderà rapidamente in base alle aspettative di recessione tecnica in tutto il continente, i tassi reali dell'area Euro guadagneranno terreno su quelli USA, favorendo un afflusso di liquidità a breve (la linea nera in Figura 6 tornerà a crescere con decisione) che si rifletterà immediatamente in una riduzione dei saldi debitori T2.
In definitiva, ci sono buone probabilità che nel 2023 il saldo debitorio T2 inizi a ridursi con decisione. È importante, perché gli interessi pagati dalle BCN dei Paesi con saldo netto negativo vengono redistribuiti annualmente dalla BCE alle BCN con saldo netto positivo. Per larga parte questi costi/profitti restano potenziali per via del meccanismo di calcolo del reddito monetario annuale dell'Eurosistema, che prevede l'aggregazione dei redditi di ciascun partecipante (inclusi quelli derivanti dai saldi T2) e poi un successivo aggiustamento in modo che ogni BCN finisca con l'avere un reddito monetario pari alla corrispondente quota di partecipazione al capitale della BCE.
Tuttavia ad un tasso MRO medio del 2,5% (che potrebbe essere più alto), i saldi attuali genererebbero 18 miliardi di € di interessi passivi per la Banca d'Italia e circa 30 di interessi attivi per la Bundesbank. Pur ipotizzando un offset degli interessi dell'80%, questo corrisponderebbe a 4 miliardi di costi aggiuntivi, che francamente sarebbe meglio risparmiare.
@MarcelloMinenna, economista
Le opinioni espresse sono strettamente personali
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