ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùEmpowerment

Il design è donna. 12 talenti con un’altra visione della creatività

Da Milano a Singapore, il furniture si scopre terreno fertile per idee e progetti femminili. Facendo tornare in auge progettiste a lungo sottovalutate.

di Victoria Woodcock

Sabine Marcelis con il prototipo di una luce creata su misura per il nuovo Galeries Lafayette di Annecy, in Francia. Foto Chris Brooks.

8' di lettura

«Sarò molto felice se, in futuro, nessuno dovrà più definirmi “designer donna”». Bec Brittain, lighting designer di New York, ammette però che l'etichetta non è ancora superflua. «Anche per questo è importante seguire con attenzione il lavoro delle donne e dei creativi di colore. Perché l'assuefazione – consapevole o no – alla visione creativa dei maschi bianchi alla fine influenza il gusto di tutti». Nel 2018 una ricerca del Design Council nel Regno Unito ha sottolineato che, nonostante sia donna il 63 per cento degli studenti iscritti ai corsi universitari d'arte e design, solo per il 22 per cento di loro gli studi si trasformano in una carriera nel settore. E nel design del prodotto – un comparto ad assoluta predominanza maschile – la presenza femminile scende al 5 per cento. Stessa situazione negli Stati Uniti: secondo un recente sondaggio della community Coroflot, le donne sono solo il 19 per cento dei 10.307 industrial designer presenti sulla piattaforma.

Ma nuove idee possono contribuire a riequilibrare le cose. «Proprio partendo da questi dati nel 2019 abbiamo lanciato la piattaforma Design Can, che fornisce risorse e strumenti per la diversity e l'inclusione», spiega Sabine Zettler, direttrice della comunicazione in un'agenzia di consulenza focalizzata sul design. Accanto a lei, nomi come Priya Khanchandani, curatrice capo del Design Museum, e l'artista multidisciplinare Yinka Ilori. «Condividevamo la stessa frustrazione durante gli eventi e le design week, a Londra come a Milano: nei panel si ripetevano sempre i nomi dei soliti maschi bianchi. Oggi ricevo circa 200 email al mese da persone che mi chiedono a chi dovrebbero commissionare il progetto di una collezione di arredi, o chi potrebbero invitare a una tavola rotonda per essere sicuri che sia inclusiva. C'è stato un cambiamento».

Loading...

Da un lato, questo cambiamento è dovuto alla rinnovata attenzione verso designer a lungo sottovalutate a cui, di recente, sono state dedicate riedizioni e retrospettive. Come Charlotte Perriand, celebrata nel 2019 in una mostra della Fondation Louis Vuitton con il sostegno di Cassina, poi dal Design Museum di Londra nel 2021 e quest'anno, fino al 3 luglio, nella sede newyorkese della Carpenters Workshop Gallery, all'interno della collettiva The Female Voice in Modern Design: 1950-2000. Sempre nel 2021 Phaidon ha pubblicato Woman Made di Jane Hall (tra i fondatori del collettivo di progettisti Assemble), un volume che «riscrive e ribalta la narrazione di un settore storicamente patriarcale», spiega Laurent Claquin, presidente di Kering Americas che ha sostenuto il progetto e ora lancerà Women In Motion Design Scholarship, una borsa di studio da 25mila dollari per supportare il talento femminile.

Poi stanno emergendo nomi nuovi, forti, capaci di scuotere lo status quo, come quelli raccontati in queste pagine. Per fare alcuni esempi, la designer olandese Sabine Marcelis è stata scelta da La Prairie come mentore di una nuova iniziativa: un collettivo di cinque designer realizzerà lavori ispirati al Bauhaus che verranno presentati ad Art Basel, a giugno. A New York, le fondatrici dello studio Egg Collective ospitano – ogni anno dal 2017 – un aggiornamento della mostra Designing Women nel loro showroom di SoHo. «L'importante è immaginare una strada e renderla poi percorribile», spiega Crystal Ellis, una delle co-fondatrici di Egg, riferendosi alla creazione di piattaforme che possano essere fonte di ispirazione per le nuove generazioni, ma non solo. «Sono la prova concreta che è possibile farcela».

ROOMS STUDIO

Le designer di Rooms Studio, Keti Toloraia (a sinistra) e Nata Janberidze con (da sinistra) Sculptural Chair I, Half Moon Coffee Table II e Sculptural Chair III. Foto Adrianna Glaviano.

Nata Janberidze e Keti Toloraia, duo di designer di Tbilisi, definiscono il loro studio una «confluenza di energie». Lanciato nel 2007, Rooms Studio propone arredi che vogliono dare forma a «una narrazione di esperienze femminili e molto personali», arricchitasi ulteriormente quando entrambe sono diventate mamme. «Io ho tre figlie, Keti due figli», racconta la 40enne Nata. «Non credo, però, che il nostro lavoro abbia una specifica connotazione di genere, ciò che lo caratterizza è piuttosto l'uso dell'intuizione femminile». La loro collezione Wild Minimalism rilegge e attualizza forme arcaiche usando il legno di quercia riciclato, che mantiene una finitura grezza e un colore molto scuro. Il loro Triple Coffee Table, con una base che richiama la silhouette di un tronco e il piano in ottone, è uno degli oggetti preferiti dell'interior designer Kelly Wearstler e si può vedere anche al Rooms Hotel Kokhta – il terzo hotel progettato dal duo in Georgia – insieme ai tappeti creati per CC-Tapis (Night of a Hunter Deer at Night è in vendita su 1stdibs a 8.292 euro) e a un grande camino in metallo intarsiato con simboli e caratteri simili ai geroglifici.

SABINE MARCELIS

Nel suo studio-laboratorio di Rotterdam, la designer olandese Sabine Marcelis spiega che il suo modo di rapportarsi ai materiali è influenzato dalla figura di suo padre, che era un ingegnere. «Arrivato a casa, raccontava a me e a mia sorella dei macchinari più strani presenti nelle fabbriche in cui lavorava e ci mostrava foto di come si realizzavano le viti o componenti simili. Forse per questo m'interessa da sempre utilizzare i processi produttivi tradizionali in modi inaspettati e trasformare la materia. È quello che continuo a esplorare oggi». Uno dei materiali che più la caratterizza è la resina, colata su tavoli e sgabelli e poi lucidata per creare una finitura che sembra illuminare gli oggetti dall'interno. I Candy Cubes (a partire da 3.500 euro, su 1stdibs) sono forse i suoi pezzi più iconici, realizzati in sfumature delicate come il rosa confetto. Il Vitra Design Museum ha scelto proprio un Candy Cube di questo colore per la sua collezione permanente. Marcelis lavora molto anche con il vetro, con cui realizza tavoli e specchi iridescenti e cangianti, che giocano a far incontrare luci, ombre e colori, creati insieme al collega di Rotterdam Brit van Nerven. A maggio è stata inaugurata un'installazione site-specific all'interno del nuovo Galeries Lafayette di Annecy che comprende un suo grande specchio sui toni del giallo, mentre a ottobre lancerà una collezione per Ikea.

BEC BRITTAIN

Bec Brittain con le sue lampade a sospensione Helix Short e Long (da 7.800 $). Foto Lauren Coleman.

Lo studio di lighting design di Bec Brittain è nato dalla sua passione per la lavorazione del metallo. «C'è tanta competenza e know-how tecnologico dietro», dice Brittain, che disegnava maniglie e sistemi per porte prima che Lindsey Adelman l'avvicinasse al settore e poi, nel 2011, decidesse di mettersi in proprio. «È un ramo certamente legato alla funzionalità, ma ha una forte componente scultorea». Il suo approccio è evidente nella collezione Helix, forme geometriche che inglobano elementi in vetro, ottone, bronzo, peltro o nickel. Tra i suoi pezzi più sperimentali, una coppia di applique a forma di seni stilizzati con grandi drappi che arrivano a toccare terra e il lampadario Aries Rising Capricorn, una massa di fibre ottiche in materiale acrilico ritorte e intrecciate. «I miei oggetti sono bizzarri, mi diverto molto a sperimentare. Al momento sto cercando di creare delle sculture gonfiabili usando dei paracadute».

OLIVA LEE

Olivia Lee nella fabbrica Eshes con i prototipi della nuova collezione. Foto Jovian Lim.

Where Athena Lives, la prima collezione di arredi di Olivia Lee, fonde mitologia greca e tecnologia. Concepita nel 2017 per presentare internazionalmente il suo studio alla Milano Design Week, «è ribelle e femminile», dice oggi la designer di Singapore. La console da trucco Altar, per esempio, ha una luce che corre tutta intorno allo specchio circolare e un porta-smartphone per selfie perfetti. «Far parte del mondo dell'industrial design non significa dover sacrificare la propria femminilità», puntualizza commentando la scelta della palette, con colori pastello. E dei suoi esordi dice: «Prima di iniziare ho pensato: ci voglio provare e basta. Sarò il più eccentrica, divertente, meno pratica e funzionale possibile». L'anticonformismo non manca nei suoi progetti, come il flagship store di Two Lips, brand di intimate skincare, a Singapore. «L'interior e i prodotti hanno un design giocoso e delicato e uno sguardo femminile su temi come la vanità, l'amore per se stesse e la percezione del proprio corpo». Lee ha appena lanciato la prima collezione di arredi di Eshes, un nuovo brand fondato da un'azienda locale che lavora il vetro, e continua a insegnare alla National University di Singapore. «Metà dei miei studenti sono donne e cerco di trasmettere loro un senso di empowerment, dicendo che possono essere brave quanto i maschi anche negli aspetti tecnici e strutturali come la progettazione 3D», aggiunge. «So bene quanto sia importante il modo in cui ti presenti e si presentano le cose».

MIMI SHODEINDE

Mimi Shodeinde nel suo atelier londinese. Dietro di lei, una sezione dell'armadio Rina (58.850 £). Foto Adama Jalloh.

Secondo Mimi Shodeinde è vitale che le donne si sostengano a vicenda. «La stilista Roksanda Ilinčić, per esempio, è stata la mia mentore e mi ha aiutato tantissimo», dice la designer anglo-nigeriana 27enne. Tra le sue creazioni spicca la sinuosa seduta Dip Lounger in legno curvato, inizialmente realizzata solo per il suo studio, e l'Howard Desk, in acero americano con top a mezzaluna, che l'anno scorso è stato esposto nella mostra Discovered: Designers for Tomorrow del London Design Museum. Shodeinde lavora con due atelier artigianali a Londra – uno per il legno, l'altro per i progetti di illuminazione – e i risultati sono pezzi dinamici e scultorei come le grandi sospensioni e applique d'ispirazione art déco Jude, in ottone e vetro fumé. Al momento è concentrata su due progetti di interni a Lagos, in Nigeria, che esprimono la sua estetica raffinata ed essenziale.

EGG COLLECTIVE

Da sinistra: Stephanie Beamer, Crystal Ellis e Hillary Petrie di Egg Collective, dietro un tavolino Isla. Foto Chris Brooks e Adama Jalloh

Un anno dopo avere avviato il loro studio, nel 2011, le amiche ed ex studentesse di architettura Crystal Ellis, Stephanie Beamer e Hillary Petrie hanno ricevuto il Best New Designer Award all'International Contemporary Furniture Fair di New York. Grazie al premio, il New York City Ballet ha commissionato loro un progetto e così sono nate le ottomane Georgie (da 2.500 dollari), sedute modulari composte da pezzi trapezoidali o esagonali ricombinabili a piacimento – come i ballerini che si uniscono o separano durante una coreografia – o integrati al tavolino triangolare Samuel, in ottone satinato o brunito. L'estetica di Egg Collective è sobria, semplice, predilige materiali grezzi come il noce, l'acero e la corda danese, utilizzati per la sedia minimalista Densen (da 2.400 dollari), o la lana, che veste il divano Howard in una collezione di rivestimenti in toni écru creata in collaborazione con la textile artist Hiroko Takeda. «Il marchio è cresciuto in modo organico e stiamo per trasferire la produzione in una sede molto più grande», spiega Beamer, aggiungendo che, come trio, hanno creato una struttura integrata di supporto. «Ognuna di noi può scambiare idee e confrontarsi con le altre, e questo ci aiuta a evolvere».

STUDIOPEPE

Arianna Lelli Mami (sinistra) e Chiara Di Pinto di Studiopepe. Foto Silvia Rivoltella.

Arianna Lelli Mami e Chiara Di Pinto, fondatrici di Studiopepe, si sono distinte fin da subito come innovatrici sia nel design d'interni sia in quello di prodotto. Dal 2006, anno in cui hanno aperto lo studio a Milano, collezionano collaborazioni con nomi noti, ma hanno anche creato edizioni limitate più artistiche e concettuali. L'orizzonte è ampio: si va dal pop-up progettato per Hermès a Roma alla nuova collezione per Baxter, una serie di pezzi scultorei per esterni che viene presentata a giugno, fino al debutto nel collectible design, durante il Fuorisalone, con un'installazione per Galerie Philia che presenta sedute, tavoli e lampade ispirate alle loro ricerche antropologiche. Il contesto è quello di Baranzate Ateliers, che, per il secondo anno, propone all'interno dell'ex fabbrica Necchi, nell'hinterland milanese, un percorso espositivo focalizzato sulla sperimentazione. Le disturba un po' essere identificate come duo femminile: «Non mi piace quando qualcuno suppone che il nostro sia un lavoro prettamente decorativo», dice Di Pinto. Nel complesso, però, pensano che essere donne in un'industria prevalentemente maschile sia un vantaggio. Come dice Lelli Mami: «I brand storici vogliono lavorare con noi perché sanno che portiamo aria nuova».

ENY LEE PARKER

Eny Lee Parker con la lampada Twist Column, della B.C. Collection. Foto Sean Davidson.

Quando nel 2018, la designer Eny Lee Parker ha presentato la sua lampada Oo, i social sono impazziti e il pezzo è stato subito scelto da influencer come la modella svedese Elsa Hosk. Nel mentre, la creativa coreana, nata in Brasile e oggi di stanza a New York, ha trasformato il suo appartamento in showroom e ospita eventi che ruotano intorno a pezzi come la torreggiante lampada Twist Column e il sinuoso Stitch Stool (2.800 dollari), uno sgabello imbottito che Parker ha disegnato al college, «quando mia mamma mi ha insegnato il punto croce». Lo stile fonde lavorazioni tradizionali e gusto millennial, e molti pezzi vengono realizzati a mano – «ciò che li rende speciali» – preferibilmente in argilla. «Io e le altre cinque componenti della squadra lavoriamo con piccoli artigiani anche per i rivestimenti e le lavorazioni in legno», spiega, ma ama molto fare da sé. Vedere per credere: in un video sul suo account Instagram appare scalza e in tuta da lavoro, alle prese con una smerigliatrice angolare, con cui liscia la superficie di uno dei suoi tavoli Cell in ceramica da 6mila dollari.

Riproduzione riservata ©
Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti