Il detenuto ha diritto a un’alimentazione sana, sì al reclamo contro il pane di cattiva qualità
Il diritto ad un’alimentazione sana e sufficiente rientra in quello, fondamentale, alla salute. Per questo il magistrato di sorveglianza non può respingere il reclamo senza neppure contraddittorio
di Patrizia Maciocchi
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Il detenuto ha diritto ad un’alimentazione sana e sufficiente. Un cibo di buona qualità è, infatti, un modo per tutelare il diritto fondamentale alla salute. Per questa ragione il magistrato di sorveglianza non può respingere, senza passare al contraddittorio, il reclamo del carcerato per protestare contro la cattiva qualità del pane, che viene servito nell’istituto nel quale è ristretto. La Corte di cassazione, con la sentenza 32210, accoglie il ricorso del detenuto, classe ’72. E censura la scelta del giudice di sorveglianza che aveva rigettato “de plano” l’istanza, partendo dal presupposto che la scadente qualità del pane non aveva pregiudicato la salute dei detenuti. Escludendo così la violazione di un loro diritto soggettivo.
Per la Suprema corte è una conclusione contraddittoria «poiché implicitamente presuppone, come necessario antecedente logico, proprio la considerazione del tema della tutela di quel diritto (alla salute) - si legge nella sentenza - del quale si vorrebbe poi, incongruamente, negare la valenza di diritto soggettivo, solo perché la salute non sarebbe stata, in quei frangenti, messa concretamente a rischio». Ad avviso della Cassazione, non è necessario spendere molte parole per riconoscere che ad ogni detenuto va assicurato cibo sano e sufficiente. Un diritto va che ricompreso in quello più ampio alla salute, tutelato dalla Costituzione.
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