festival del cinema

Il dramma di un’adolescente gravemente malata nell’esordio australiano «Babyteeth»

Oggi in concorso a Venezia sono stati presentati l’opera prima di Shannon Murphy e il film cinese «Saturday Fiction»

di Andrea Chimento

2' di lettura

A Venezia è il giorno del secondo (e ultimo) film in concorso diretto da una donna: si tratta di «Babyteeth», opera prima dell'australiana Shannon Murphy, nuova presenza femminile in lizza per il Leone d'oro dopo Haifaa Al-Mansour con «The Perfect Candidate».

Tratto da una pièce di Rita Kalnejais, vede protagonista una quindicenne, gravemente ammalata, che si innamora di un giovane spacciatore. I suoi genitori non approvano il nuovo fidanzato, ma la ritrovata gioia di vivere della ragazza farà capire a tutti coloro che la circondano quanto possa essere importante questo legame.

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Quello che potrebbe sembrare in apparenza un teen-movie come tanti, è in realtà un delicato dramma adolescenziale, capace di mostrare come, di fronte a un amore che fronteggia la morte, la morale tradizionale non abbia più alcun peso.

Attraverso uno stile fresco e brillante, la neoregista costruisce un lungometraggio capace di incuriosire e di toccare corde profonde.

Non manca qualche prolissità e alcuni passaggi narrativi sono piuttosto banali, ma complessivamente è un esordio riuscito, che lascia ben sperare per il proseguimento di carriera della sua autrice.

«Saturday Fiction»

In concorso è stato presentato anche «Saturday Fiction» del regista cinese Lou Ye.

Ambientato nel 1941, in un momento in cui la Cina, sin dall'occupazione giapponese, è terreno di una guerra di intelligence tra gli Alleati e le potenze dell'Asse. La celebre attrice Jean Yu ritorna a Shanghai, apparentemente per recitare, diretta dal suo ex amante, ma il suo scopo potrebbe essere diverso.

A metà tra lo spy-movie, il noir e il melodramma, «Saturday Fiction» è un film che mescola generi e registri diversi, valorizzato da un bianco e nero d'altri tempi che regala un'atmosfera vintage all'intera operazione.

Il fascino non manca, anche se il film pecca per lo scarso coinvolgimento dello spettatore, che fatica a entrare nelle vicende e a seguire con attenzione l'intero svolgimento della storia.

Liberamente tratto dal romanzo «La donna vestita di rugiada», è un film incentrato su un continuo gioco di finzione tra realtà e teatro, che alterna, anche in questo caso, passaggi suggestivi ad altri meno incisivi.

Ottima, comunque, la prova della protagonista Gong Li, che potrebbe entrare nella lista delle papabili vincitrici della Coppa Volpi: per l'attrice cinese sarebbe il secondo premio a Venezia, dopo quello vinto nel 1992 con «La storia di Qiu Ju».

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