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Il futuro dell’Italia e della Ue sono legati a doppio filo

Elemento preliminare e indispensabile per la prosecuzione di tutte le iniziative per il futuro dell’Unione europea verso un assetto federale compiuto è la volontà politica di procedere in queste direzioni da parte dei Governi di Francia e Germania.

di Antonio Padoa Schioppa

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3' di lettura

Elemento preliminare e indispensabile per la prosecuzione di tutte le iniziative per il futuro dell’Unione europea verso un assetto federale compiuto è la volontà politica di procedere in queste direzioni da parte dei Governi di Francia e Germania. (...) Occorre porsi a questo punto la questione del ruolo del nostro Paese in tale contesto. L’interrogativo maggiore della grave crisi politica che si è aperta con le dimissioni del governo Draghi è costituito proprio dalla relazione che il governo post-elettorale istituirà con l’Europa. Per il futuro dell’Italia sarebbe esiziale l’avvento di un governo intenzionato a promuovere l’abbandono delle quote di sovra-nazionalità che hanno reso possibile lo straordinario successo ottenuto in Italia dal mercato unico ed a rivendicare un nuovo ordine limitativo o abolitivo dei poteri di decisione e di governo oggi esistenti entro l’Unione. Le ingenti risorse attribuite al nostro Paese dal Recovery Plan europeo, fondamentali per la nostra crescita, sono condizionate al rispetto degli impegni di riforma democraticamente approvati nel 2021. In mancanza di questo, non solo il nostro Paese perderebbe un’opportunità irripetibile di crescita sostenibile, ma il fallimento renderebbe ardua la trasformazione dell’iniziativa lungimirante di Next Generation Europe da occasionale a strutturale e costante, come invece sarebbe necessario.

(...) Va poi assolutamente evitato che l’Italia, adottando una politica miope, non sia in grado di ottemperare alle riforme promesse e alla puntuale realizzazione degli interventi di sostegno e degli investimenti europei cui è legata l’erogazione delle prossime quote delle ingenti risorse ottenute dall’Unione. Ciò metterebbe in pericolo sia la tenuta economica e sociale del nostro Paese, sia le politiche economiche fiscali dell’Unione alle quali la nostra economia ed il nostro benessere sono strettamente legati.

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Ancora più grave sarebbe che il nuovo governo uscito dalle elezioni mettesse in discussione il primato del diritto dell’Unione sul diritto nazionale dichiarando non necessariamente vincolanti i trattati in tema di diritti e di rule of law e adottando con ciò una concezione nazional-sovranista dell’integrazione europea. (...) Nel Consiglio europeo un governo italiano di matrice ideologica e politica ispirata ad un proclamato e praticato “sovranismo” nazionale si schiererebbe quasi certamente al fianco di quei governi (anzitutto l’Ungheria e la Polonia, ma non solo loro) che da anni si oppongono al potenziamento dell’Unione, all’accrescimento delle sue funzioni di governo e della politica internazionale e soprattutto alla fondamentale normativa europea sul primato del diritto europeo e sull’inderogabilità della rule of law e dei principi sanciti dalla Carta europea dei diritti.

Tutto ciò va compreso ed esplicitato in ogni sede con grande chiarezza, anche perché l’opinione pubblica italiana, tuttora nettamente pro-europea, non sembra consapevole dei rischi che il Paese correrebbe adottando una linea politica all’insegna di “meno Europa”, una linea oggi tenuta sottotraccia in fase elettorale, ben sapendo che gli elettori la rifiuterebbero. Dopo un settantennio di governi italiani di diverso colore ma costantemente pro-europei, questa sarebbe una retromarcia epocale. Già il Manifesto di Ventotene aveva lucidamente previsto che il vero spartiacque sarebbe stato in futuro non tra destra e sinistra ma tra nazionalisti e federalisti, tra gli avversari e i fautori dell’unione europea. Ciò è vero anche oggi.

L’Italia non si salva senza l’Europa. Ma un’Unione europea con un’Italia in condizioni di precarietà e di retroguardia sarebbe a sua volta esposta a gravi rischi involutivi. Questa ci pare oggi per l’Italia, alla vigilia delle elezioni, la maggiore posta in gioco.

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