Il futuro dei musei raccontato dal XII rapporto Civita
La relazione tra istituzioni culturali e tecnologie digitali non è immediata, i grandi l’hanno sviluppata, i piccoli seguono. Dieci suggerimenti per farcela
di Giuseppe Cosenza
4' di lettura
Il futuro dei musei riparte dal passato e lo fa, simbolicamente, dalla Sala Spadolini del Ministero della Cultura, intitolata al politico che nel 1974 istituì il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e ne assunse per primo l'incarico di direzione. La trasformazione dei musei, i nuovi pubblici e le comunità di interesse, il ruolo delle imprese culturali e creative e le nuove alleanze, i diversi modelli di business e la ridefinizione della catena del valore, la produzione di contenuti digitali nativi, sono i temi trattati dal convegno phygital di presentazione del XII Rapporto Civita, «Next generation culture, tecnologie digitali e linguaggi immersivi per nuovi pubblici della cultura».
Alfabetizzazione digitale e energie nuove
La relazione tra musei e le tecnologie digitali non è semplice e immediata. Complice la mancanza di competenze e una diffidenza di fondo da parte degli addetti ai lavori, il rapporto si traduce in amore e odio, in un'ostilità verso il nuovo e l'incerto. Cosa fare per superare queste barriere? Secondo lo studio dell'Associazione Civita sono necessarie, sia campagne di alfabetizzazione digitale (digital literacy) a diversi livelli (per dirigenti, professionisti), sia la presenza di figure di mediazione digitale che facilitino la comprensione, la progettazione, la realizzazione e la gestione di processi e prodotti tecnologici. Diventa strategico favorire il ricambio generazionale e assumere figure professionali adeguate e competenti che non abbiano paura di affrontare i cambiamenti che la tecnologia impone. Si fa di necessità virtù, e quindi, durante la pandemia molti istituti culturali sono stati costretti a dotarsi di strumenti di fruizione on line delle proprie collezioni.
Le proposte
I grandi musei hanno saputo tenere il passo con l'evoluzione del digitale, come ad esempio la Pinacoteca di Brera, il Museo Egizio di Torino, il MAXXI che hanno affrontato la crisi come un'opportunità, mentre i piccoli e medi musei hanno sofferto, spesso per carenza di budget e di competenze. Nel rapporto troviamo dieci proposte post pandemia, da seguire alla lettera come i dieci comandamenti.
1) Essere (digitalmente) presenti, dato che gli istituti museali che hanno un sito web dedicato sono meno di due su tre (63,4%) e appena poco più della metà (il 57,4%) ha un account sui social media.
2) Parlare per immagini e agevolarne la circolazione gratuita, per allargare la propria base di utenti.
3) Mettersi in moto e produrre contenuti digitali nuovi, attraverso la definizione di un palinsesto a misura di un pubblico esperto.
4) Pensare in piccolo, nel senso di adattare i contenuti digitali ai piccoli schermi degli smartphone.
5) Ascoltare e rispondere al proprio pubblico che tradotto significa fare audience engagement.
6) Scrollarsi la polvere di dosso, ossia svecchiare l'immagine del museo e trasformarlo in un luogo di scoperta e immaginazione.
7) Essere reattivi e adeguare, rapidamente, l'offerta culturale.
8) Associare diverse azioni all'idea di museo, quali giocare, lavorare, studiare, viaggiare.
9) Storie, più che oggetti è una raccomandazione che favorisce nuovi approcci narrativi stimolanti e sorprendenti, in grado di catturare l'attenzione del visitatore.
10) Ascoltare i pubblici, attraverso l'analisi dei dati e la gestione del proprio database.
La spinta al cambiamento
In un processo di digitalizzazione del settore culturale le imprese creative rappresentano una forte spinta al cambiamento e all'innovazione, anche se il dialogo con l'amministrazione pubblica è spesso ostacolato dalla burocrazia e dalla carenza di competenze. Fa eccezione il Centro di Eccellenza del Distretto Tecnologico Culturale della Regione Lazio, creato nel 2018, il quale costituisce un centro di aggregazione e integrazione di competenze tecnologiche diversificate e dove la collaborazione pubblico-privato sembra funzionare. Per affrontare la criticità di questo momento storico è fondamentale avere un approccio sistemico e coinvolgere gli attori presenti a tutti i livelli della filiera comprese le comunità locali che possono trasformarsi da fruitori passivi a co-generatori di contenuti.
Le imprese culturali e creative avranno una funzione centrale, poiché saranno protagoniste del cambiamento sia dal punto di vista tecnologico che sociale. Difatti, dovranno coniugare le esigenze del profitto con il perseguimento del bene comune, sull'esempio del modello organizzativo della Società Benefit introdotta nel nostro ordinamento giuridico nel 2016.
Si commette un errore se si pensa che la tecnologia sia la soluzione a tutti i problemi strutturali del settore culturale. La tecnologia è solo una risposta parziale. Ad esempio, hanno un'importanza fondamentale gli open data e tutti gli strumenti che ne facilitano il libero utilizzo nel rispetto della privacy. Un uso consapevole dei dati potrebbe far nascere un ecosistema di startup che offrono servizi innovativi al cittadino.
Il XII Rapporto Civita raccoglie una serie di contributi che raccontano il passaggio dalla cultura al singolare a diverse tipologie di culture, all'interno delle quali troviamo linguaggi contemporanei come il videogame. Ed è proprio «Father and Son», il videogioco promosso dal MANN, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ad avere la copertina del rapporto. Come a voler significare che il museo del futuro dovrà accogliere e utilizzare tutte le espressioni artistiche della contemporaneità.
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