emergenza carburante

Il Garante chiede ai benzinai di revocare lo sciopero: ecco perché

Il presidente dell’Authority Giuseppe Santoro Passarelli spiega perché ha chiesto di revocare la serrata

di Nicoletta Cottone

Il Garante chiede ai benzinai di revocare lo sciopero: ecco perché

2' di lettura

L’emergenza coronavirus ha fatto esplodere la protesta dei benzinai, che hanno minacciato la serrata. Gli impianti di rifornimento carburanti, chiusi dalla notte di mercoledì 25 marzo in autostrada e su raccordi e tangenziali. E via via, anche in città. Un blocco che avrebbe messo rischio il trasporto delle merci essenziali, interrompendo l'approvvigionamento. La categoria, 100mila persone in tutta Italia, ha lamentato una contrazione del volume d'affari di circa l’85% e quindi l'impossibilità di assicurare la sostenibilità economica del servizio e il livello di sicurezza sanitaria.

Una situazione complessa sulla quale è intervenuta la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Ne parliamo con il presidente dell’ Authority Giuseppe Santoro Passarelli.

La Commissione ha chiesto alle organizzazioni sindacali di revocare immediatamente l’astensione. Perché era urgente intervenire?
«É urgente intervenire perchè lo dice il senso comune. Se si interrompe la distribuzione del carburante, tutti i veicoli, anche quelli che portano la distribuzione alimentare, si fermano, e quindi si può creare un blocco molto fastidioso per gli interessi dei cittadini, che vengono così compromessi. Poi soprattutto il modo con cui è stata dichiarata questa sospensione a breve termine. Anche a loro si applica la legge sullo sciopero, anche se chiamano lo sciopero serrata. ma si applica anche a loro e devono rispettare i termini previsti dalla legge».

Lei, data l'emergenza coronavirus, ha rivolto già più volte un fermo invito alle organizzazioni sindacali, fino al 30 marzo 2020, a non effettuare scioperi che coinvolgano i servizi pubblici essenziali. Gli scioperi aggraverebbero infatti la situazione emergenziale in cui versa l’Italia?
«Questo è fin troppo evidente. Noi già dal 21 febbraio abbiamo avvertito la necessità e l’esigenza di dire a tutti coloro che svolgono servizi pubblici essenziali di astenersi dallo sciopero. Perché anche il buon senso, ripeto, dice che proclamare scioperi nei servizi pubblici essenziali aggrava sicuramente il danno dei cittadini. Comprendiamo, peraltro, anche le esigenze di alcuni lavoratori che hanno anteposto alla loro vita personale - mi riferisco ai medici e agli infermieri, in particolare - la tutela della vita dei cittadini. E questo è un esempio che dovrebbe essere seguito anche da altre categorie».

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Che situazione avremo dopo la fine di questa emergenza?
«La situazione che avremo non è facile da prevedere. Certamente da come si stanno svolgendo le cose, sicuramente cambia il sistema di organizzazione del lavoro. Perchè molto più facilmente si ricorrerà a quello che si chiama allo smart working, o lavoro agile. Si tratta di vedere anche altre questioni. Certamente noi non ci siamo finora occupati della distribuzione alimentare, proprio perché nella legge non è considerato un servizio essenziale. Ma si è visto, invece, che in presenza del coronavirus la distribuzione alimentare è un servizio di prima necessità. E quindi deve essere preso in considerazione per l’avvenire anche dalla commissione di garanzia».

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