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Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza: «Servono investimenti nell’educazione degli adulti»

Carla Garlatti: «Le normative sono importanti e contano, ma quando parliamo di minorenni, i danni sono tali per cui non bisognerebbe parlare solo di rimedi, ma di evitare che certi danni si creino»

di Ma.Cas.

Carla Garlatti (Imagoeconomica)

2' di lettura

«Sharenting e attività dei baby influencer sono fenomeni su cui abbiamo posto l’attenzione da molto tempo: bisogna muoversi sul piano dell’educazione. Le normative sono importanti e contano, ma quando parliamo di minorenni, i danni sono tali per cui non bisognerebbe parlare solo di rimedi, ma di evitare che certi danni si creino». Carla Garlatti, Garante per l’infanzia e l’adolescenza, non ha dubbi: contro le derive più pericolose dell’esposizione dei minori sul web bisogna agire in fretta.

Lo scorso anno ha preso parte al Tavolo per la tutela dei bambini online, alla presenza dell’allora guardasigilli Marta Cartabia. Che ne è stato delle misure che erano state messe nero su bianco a conclusione?

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Ho riassunto una serie di osservazioni sulle emergenze dell’infanzia e dell’adolescenza in una nota inviata lo scorso 8 novembre alla presidenza del Consiglio. Per ora non ho avuto risposta, ma sono fiduciosa: la sicurezza dei minori nel mondo digitale è un tema su cui non si può più temporeggiare.

In Francia esistono una legge sui baby influencer e una proposta di legge sullo sharenting. È un modello per l’Italia?

L’esempio francese può offrire spunti, ma in Italia, sebbene non esista una legge ad hoc, ci sono strumenti normativi che possono regolare la presenza e il lavoro dei minori sul web e sui social, come la norma che permette ai minori di 16 anni di lavorare in pubblicità e nello spettacolo, previo il consenso di entrambi i genitori.

In molti casi, però, i minori sui social non sono chiaramente coinvolti nei contratti...

Purtroppo quando si tratta di baby influencer ci si trova di fronte a una prateria di casi diversi in cui spesso non ci sono regole. Invece è importante, per esempio, che il minore sia contrattualizzato perché ha bisogno di tutele particolari, per esempio in merito ai contenuti del lavoro o alle ore di riposo. E poi c’è il tema dei flussi di denaro: serve ordine sui proventi.

Ricevete segnalazioni sui baby influencer?

Ci sono arrivate segnalazioni sui figli degli influencer famosi, per esempio per la violazione della privacy. Ma il problema è più ampio, va oltre i volti noti.

Ha sottolineato l’importanza dell’educazione: rivolta a chi?

Agli adulti: genitori, nonni, zii. E agli adolescenti: sono minori, esposti a rischi che spesso non comprendono. Una foto pubblicata online è per sempre.

I bambini non dovrebbero avere accesso libero ai social ma vediamo account addirittura verificati dalle piattaforme. C’è bisogno di più dialogo con loro?

Un’indagine dell’associazione nazionale dipendenze tecnologiche stima che il 33% dei bambini tra i 5 e i 6 anni abbia un account personale social. Come Autorità garante ci siamo spesi e ripetiamo che l’età giusta è 16 anni: sarebbe necessario introdurre un accertamento serio dell’età simile a uno Spid. Senza la corresponsabilità della piattaforma non si va lontano.

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