Il ghiacciaio dell’Adamello aiuta a scoprire l’evoluzione del clima
Un carotaggio di oltre 200 metri di ghiaccio, mai effettuato nelle Alpi, permette di leggere gli ultimi mille anni. E capire come sarà l’evoluzione
di M.Cristina Ceresa
3' di lettura
Un campione di 224 metri di ghiaccio estratti dal ghiacciaio dell'Adamello è sotto osservazione nei laboratori dell'EuroCold, dove l'Università Milano Bicocca garantisce la temperatura costante di meno 50 gradi.
Da questa operazione, la prima mai effettuata nell'intero arco alpino, gli esperti del progetto ClimAda si attendono indicazioni per capire il clima degli ultimi mille anni e tentare di prevedere come potrebbe essere quello di domani. Difficile che sia dei prossimi mille poiché il ghiaccio è destinato a sciogliersi prima.
I ghiacciai sono sentinelle dell'azione antropica, spiega Mita Lapi, responsabile ricerca, sviluppo e sostenibilità della Fondazione Lombardia per l'Ambiente, capofila del progetto ClimAda, supportato da Fondazione Cariplo con 190mila euro: «Vediamo per esempio le alterazioni dovute alle polveri che si sono depositate nel ghiaccio, perché questa è una zona dove si è cannoneggiato molto durante la Prima Guerra Mondiale». Ma le informazioni arrivano anche a svelare le fasi di rapidi cambiamenti climatici come la Piccola Età Glaciale.
In occasione della giornata internazionale per la Riduzione dei Disastri Naturali, che si celebra il 13 ottobre, Antonio Ballarin Denti, presidente del comitato scientifico di Fondazione Lombardia per l'Ambiente, ha anticipato qualche evidenza del progetto ClimAda, da cui si deduce subito un dato di fatto: i ghiacciai, proprio quelli che una volta venivano definiti “eterni”, sono ora sotto scacco a causa dell'innalzamento della temperatura dell'atmosfera.
«Un incremento di 1-2 gradi rispetto a qualche decennio fa può sembrare poca cosa – commenta il professore Ballarin Denti -, ma quando un ghiacciaio ha sempre vissuto a -1°C e si trova poi a + 1°C, significa che la sua massa di ghiaccio diventa acqua, con l'aggravante che si tratta di un processo irreversibile, cioè senza ritorno».
Un dato di fatto che ci toccherà da vicino anche nella vita di tuti i giorni: «Si perderanno quasi tutte le aree utilizzate per lo sci estivo - fa notare il docente alla Cattolica - pensando a siti come quello di Cervinia o dello Stelvio, e lo sci invernale si potrà praticare in media solo oltre i 2.000 metri».
Ma non solo: nell'arco dei prossimi decenni, parlando sempre delle nostre Alpi, si prevede che continuerà la diminuzione di superficie e massa di ghiacciai e nevai perenni: «I versanti montani su cui essi si appoggiano diventeranno più instabili perché diminuirà la “tenuta” dello strato di suolo sottostante perennemente gelato (il permafrost) con rischio di più frequenti frane e valanghe. La minore massa dei ghiaccio e neve farà diminuire la quantità di acqua che alimenta i bacini alpini idroelettrici con calo della produzione di elettricità», che già quest'anno, anche a causa della siccità, è calata del 39% rispetto agli anni precedenti.
Più a lungo termine (dopo il 2050), la gran parte dei ghiacciai del versante italiano delle Alpi sarà scomparsa e gli effetti prima detti sulla stabilità dei versanti anche sui bacini idroelettrici «saranno ancor più drammatici».
Ballarin Denti è schietto quando dice che «il danno è ormai fatto». Possiamo solo fare in modo che non peggiori e allora «dobbiamo arrestare la deriva climatica in atto azzerando la produzione di quei gas che provocano il riscaldamento dell'atmosfera. Per prima cosa non impiegando più combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale) nei processi industriali, nella produzione di elettricità e nei trasporti. Ovviamente tutto ciò richiederà decenni per non metter in crisi tutta la nostra economia, ma nel frattempo il cambiamento del clima continuerà. È necessario quindi mettere in campo anche robuste politiche di adattamento, cioè misure che neutralizzino gli impatti negativi del cambiamento del clima e permettano semmai di sfruttarne6 le opportunità».
Intanto, il progetto ClimAda procede nel suo intento di studiare il ghiacciaio dell'Adamello come fosse un libro da cui trarre nozioni fondamentali per capire i fattori che nel passato hanno influenzato la formazione, le trasformazioni e le diminuzioni dei ghiacciai non solo dell'arco alpino.
L'uso di fibre ottiche permetterà di valutare meglio gli effetti del clima e prevenire rischi come valanghe, cadute di seracchi, frane e distacco di blocchi di roccia. Dati che saranno messi a disposizione – anche grazie al supporto di Fondazione Cariplo - di tutte le comunità che vivono in ambiente montano.
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