MODELLI COMPORTAMENTALI

Il gioco del “se fosse...” dei bambini diventa uno strumento di management

Uno strumento insolito che consente ai componenti di un gruppo di uscire dal classico approccio di tipo razionale

di Giovanna Prina *

(AP)

3' di lettura

Durante un workshop con un gruppo di direttori, finalizzato a creare un approccio condiviso nella implementazione delle strategie definite a livello di gruppo, le persone si sono bloccate: non riuscivano a trovare una linea comune e, soprattutto, ad individuare dei criteri condivisi da utilizzare come guida per lo sviluppo dei loro piani. Per aiutarli abbiamo deciso di spostare per un momento l’attenzione dalle strategie e dai progetti per portarla su di loro, intesi come il team dei responsabili dell’azienda.

Il nostro obiettivo era aiutarli a verificare l’esistenza di un approccio comune nel gruppo e fargli esplicitare alcuni valori di fondo in cui potessero riconoscere delle linee guida di riferimento. Abbiamo chiesto loro di usare la formula del “se fosse”, detta anche il gioco del Ritratto Cinese. Credo che tutti noi l’abbiamo provata almeno una volta da bambini: si sceglie una persona e si chiede agli altri: “Se fosse un fiore, che fiore sarebbe? Se fosse una canzone? Se fosse una città? Se fosse un animale? …” e cosi via.

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A ciascuno dei direttori abbiamo assegnato in modo casuale un oggetto da utilizzare come riferimento per costruire una analogia che descrivesse il suo pensiero sul gruppo. La frase che abbiamo chiesto a ciascuno di loro di restituire era da formulare con: “Se questo gruppo fosse…, sarebbe… perché…”, dove l’aspetto importante per tutti era legato alla motivazione della scelta fatta.

Mi ha sempre stupito quanto l’uso delle analogie aiuti le persone ad esprimere i propri pensieri; a trovare il coraggio di comunicare concetti che non riescono a dire in modo esplicito. Forse perché creare un’analogia vuol dire uscire dal proprio mondo e trovarne un somigliante o assimilabile, che diventa meno definito e circoscritto: gli assomiglia, non è proprio la stessa cosa; si avvicina, ma in modo creativo, legato alle percezioni e non necessariamente ai fatti.

Probabilmente è questo che dà il permesso e in qualche modo anche il coraggio di presentare la singola analogia ai colleghi, eliminando il timore di accusare qualcuno e mettendo in luce alcuni aspetti che possono aiutare la comprensione delle dinamiche del gruppo.

Le similitudini create da ciascuno inoltre sono spesso sorprendenti e stupiscono in termini di ricchezza di spunti e di apertura del pensiero che portano. Spesso quindi offrono la possibilità di approfondire, discutere e individuare nuove chiavi di lettura dei comportamenti. Sempre restando nell’analogia, terreno protetto e accogliente per il confronto. Con il gioco del “se fosse”, il nostro gruppo di direttori ha avuto modo di esplicitare cose non dette e ha trovato poi, ragionando insieme sugli elementi forti e comuni delle diverse analogie, una chiave di lettura su cui impostare il lavoro dei piani di implementazione.

Con il gioco abbiamo portato a casa due considerazioni. La prima è legata all'importanza di creare in azienda, per i gruppi, dei momenti e delle modalità di confronto, in cui il non detto sia detto. È una considerazione già nota e condivisa, ma resta poco praticata nella vita aziendale. Spesso si sottovaluta il valore che si ottiene se si offre ai gruppi il permesso di uscire da un approccio esclusivamente razionale. Dar modo alle persone di chiarire aspetti ed elementi legati alle loro dinamiche, al loro modo di interagire e di considerare il loro essere gruppo, facilita il loro allineamento sulle logiche da seguire. Questo poi le aiuta e le supporta nella definizione dei loro piani comuni, ma anche nel quotidiano, quando si trovano come singoli a declinare operativamente quanto definito nel team.

La seconda considerazione è legata al fatto che l’utilizzo di formule infantili, ossia legate al mondo della nostra infanzia e che ci riportano indietro nel tempo, dà spazio a quel coraggio di esprimere i propri pensieri che forse solo da bambini si ha e che crescendo pian piano nel tempo si perde. Forse dobbiamo allenarci a tornare bambini. E a utilizzare le analogie più spesso, se sono loro a renderci più sicuri e diretti nell’esplicitare i nostri pensieri.

* Partner bbsette – Consulenza, Formazione e Giochi Professionali


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