SBAGLIANDO SI IMPARA

Il governo dell’imponderabile: aprirsi al rischio, alla diversità, all’errore

In una società in cui li rapporto col futuro è totalmente cambiato bisogna passare dal progetto alla progettabilità, all’illimitatezza di progetti

di Emmanuele Margiotta *

(AFP)

5' di lettura

Lorenzo ha quasi due anni. Preferisco contare l’età al massimo in semestri, come si faceva un tempo, nel mondo di prima, dove tutto sommato non c’era fretta e nemmeno troppa necessità di cogliere le differenze fra il decimo e l’undicesimo mese ad esempio. Oggi, più in generale, sembra di avere a che fare con delle forme di parmigiano. “Quanto ha il tuo”? “Ventuno mesi”. Questione di stagionatura insomma. Lorenzo fra un mese farà due anni e, in questo particolare periodo dell’esistenza umana (chiamato non a torto “i terribili due”), una delle simpatiche abitudini è il lancio degli oggetti. Meglio se fragili e pericolosi certo. Pare serva a conoscere il mondo e le cose. Questo fa rumore, questo rimbalza, questo fa disperare papà, questo pure, questo anche.

Nell’ultimo raptus da lanciatore del peso il giovane olimpionico, dopo aver colpito in piena fronte sua madre con Essere e Tempo di Heidegger (un'edizione piuttosto pesante) e infilato con precisione millimetrica in una pentola bollente 1984 di George Orwell (coglierete l’ironia della cosa), ha infine lasciato dietro di sé una scia di testi vari, fra cui questo piccolo libricino, dalla copertina nera e verde, in una carta riciclata che al tatto ricorda le vecchie collane millelire, con sopra la scritta “paginette / festival filosofia”, una foto e il nome dell'autore Salvatore Natoli (professore ordinario presso la facoltà di Scienze della formazione dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca) e il titolo: Il governo dell’imponderabile.

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Una riproposizione in forma scritta di una lezione magistrale rimasta nascosta fra altri due libri, invisibile agli occhi dal 2011, finché una forma di parmigiano di ventitré mesi, l'imponderabile appunto, non ha deciso di riportarla alla luce. Ventisette pagine. Non ho resistito alla tentazione di leggerle nuovamente, con gli occhi nuovi di chi vive l’imponderabile tutti giorni, non solo da padre, ma da cittadino di questa realtà complessa, pandemica, digitale, liquida, postmoderna, ecc.

La lezione di Natoli appare ancora oggi incredibilmente attuale, offre spunti di riflessione interessanti per uomini d’azienda (e non solo, ovviamente) ed è ricca di citazioni e riferimenti che ci danno conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che molto del pensiero manageriale o afferente al mondo del business ha origini antiche, se non antichissime. Difficile in poche righe sintetizzare tutto, più facile è soffermarmi su quattro concetti chiave che mi hanno particolarmente colpito: rischio, perturbazione, equifinalità, fiducia.

Il rischio. Il tutto prende avvio da una frase di Seneca: ducunt volentem fata, nolentem trahunt, coloro che hanno la volontà amministrano il destino, coloro che non ce l'hanno ne sono trascinati. Fin dall'inizio è chiaro che quando parliamo di destino, di imponderabile, di fortuna, il tutto ha una duplice prospettiva. Da un lato le cose che ci accadono (il clima, la pandemia, le scelte della politica o dei superiori). Fermarsi qui vuol dire vivere a caso, portati via dalla corrente. Ma l'altra prospettiva ci dice che oltre alle cose sulle quali non abbiamo controllo ci sono poi le risposte che siamo in grado di dare, il contributo che forniamo con la nostra soggettività, con le nostre azioni. Fino a qui nulla di nuovo. Parliamo da anni, anche su queste pagine, di responsabilità, sistema di attribuzione, bias e sfere di influenza. Facciamo un passo in avanti allora.

La perturbazione. Essere consapevoli del nostro contributo individuale, esercitare questa responsabilità personale, soprattutto in questa fase storica di grande incertezza, ci affranca in parte dalla corrente ma, questo è il punto, crea una costante tensione, uno stato che Natoli definisce di “perturbazione” insita nel nostro modo di vivere nell’agire, piuttosto che “non scegliere”. Siamo perturbati costantemente nel non sapere se le scelte che stiamo facendo si riveleranno efficaci o meno. Al lavoro, in famiglia, nel gestire gruppi di lavoro, nel definire una strategia di medio-lungo periodo (se ancora ha senso farlo). È una sensazione di incertezza e di rischio che viviamo quotidianamente, eppure è proprio l'accettazione del rischio l'unica strada per rendere accettabile la nostra condizione. Il mutuo che pago tutti i mesi è un rischio, ma pagandolo sto anticipando un guadagno, sto acquisendo futuro. Il rischio, l'azione nell'incertezza, mi aiuta a dominarla meglio.

C'è stato un tempo, quello dei nostri padri e dei nostri nonni in cui governare l'imponderabile equivaleva allo stare in sicurezza e sottrarsi ai pericoli. Non è più quel tempo. Insomma, di fronte a chances alternative ad un certo punto siamo chiamati a prendere decisioni responsabili. In un contesto sempre più complesso ed interconnesso occorre partire dall'imponderabile per conoscere meglio il reale. Come fronteggiarlo quindi?

L'equifinalità. Definiamo equifinalità la capacità di un sistema aperto di arrivare allo stesso stato finale in modi diversi e partendo da condizioni iniziali diverse. Quindi un sistema (sistema stato, sistema azienda, sistema famiglia) può raggiungere i propri obiettivi oltre il punto di partenza ed il percorso intrapreso. Per dirla con Natoli: “per fronteggiare l’improbabile, oggi bisogna complicare le alternative, cioè sviluppare equifinalità, che richiede un alto tasso cognitivo”. Ecco ancora una volta che il peso della soggettività, torna, sotto forma di responsabilità. Riprendere le fila delle proprie scelte.

Quello che Natoli auspica è una vera e propria rivoluzione morale, non per conformarsi a delle norme ma per darsi nuove norme per stabilizzare se stessi nell’incertezza, avere una stabilità nel mutamento. Ciò soprattutto in una società in cui li rapporto col futuro è totalmente cambiato. Non più un progetto (lineare), ma caso mai progettabilità (sistemica), cioè un’illimitatezza di progetti. Occorre migliorare la propria lettura del contesto, introdurre variabili divergenti che ci aiutino a pensare diversamente, aprirsi quindi alla diversità, al contradditorio ed all'errore (tema delicato, soprattutto in azienda, dove non è praticamente mai accettato). In sintesi, “anche se sbagliamo, apprendiamo comunque a dominare il momento”.

La fiducia. Nel concludere la sua lezione Natoli richiama Baumann e la sua modernità liquida (anche nell’ambito delle relazioni) e avvisa sull’importanza dei legami e della fiducia. Tutto costa tempo, rischio, fatica, sudore, energia. Tutto ciò a cui teniamo almeno. Tutto richiede un investimento. In un contesto nel quale “non ci sono più legami di appartenenza, ma solo di elezione, cioè forme di incontro in cui si riconosce nell’altro una partnership che fa crescere insieme” occorre sviluppare fiducia, come rilancio d’esistenza, come simbolo del rischio che bisogna correre, poiché non esiste l’una senza l’altro.

E, a proposito di fiducia e rischio, termino le ventisette pagine del saggio, alzo gli occhi e vedo mio figlio avvicinarsi di nuovo alla libreria. Mi guarda, aspettandosi che io gli dica, come al solito, di non prendere i libri. Ma stavolta sto zitto, perché tanto lo farà lo stesso, perché è tipico delle forme di parmigiano stagionate e soprattutto perché sono curioso di sapere quale sarà il prossimo volume che mi lancerà addosso.

* Partner Newton SpA


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