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Il latte vegetale? Non si chiamerà più latte

Il Parlamento europeo ha approvato un rafforzamento della tutela per le denominazioni lattiero-casearie dopo aver autorizzato l’uso del termine hanburger anche per quelli sintetici

di Micaela Cappellini

(Adobe Stock)

3' di lettura

Quel che non è riuscito ai produttori di carne, è riuscito a quelli di latte. Dopo aver definitivamente autorizzato l’uso del termine “hamburger” anche per quelli vegetali e sintetici, il Parlamento europeo ha cambiato rotta e in sessione plenaria ha invece approvato un rafforzamento della tutela almeno per le denominazioni lattiero-casearie.

Da tempo nell’Unione europea non è possibile usare la parola “latte” associata alle bevande vegetali, come per esempio quelle di soia. Il voto dell’Europarlamento però va oltre, come spiega Paolo Zanetti, neoeletto presidente di Assolatte: «Strasburgo non si limita a confermare le norme in vigore, che già vietano l’uso improprio dei nomi tipici del latte: come burro, formaggio, yogurt o la stessa parola “latte”. Con questo voto si è deciso che bisogna vietare anche le evocazioni e le imitazioni: per esempio, l’uso di espressioni come “bevanda tipo latte” o “succedaneo del latte”». In poche parole, il tofu non potrà più essere definito un “formaggio vegetale”, così come su una bevanda di soia o di riso non può esserci scritto “succedaneo del latte”. «Quelle decise dal Parlamento Ue - dice ancora Zanetti - sono integrazioni rilevanti, che consentiranno una tutela delle denominazioni lattiere simile a quella prevista per le Dop e le Igp».

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Il mercato delle bevande di soia

Le bevande di soia sono apparse ormai diversi anni fa sul mercato come prodotto di nicchia, destinato a una fetta di consumi pari a poco più dell’1% del totale. In pochi anni, però, queste bevande sono cresciute rapidamente, fino a ritagliarsi in Europa una fetta di mercato del 14%. «Non credo che queste bevande siano responsabili del calo dei consumi di latte, poichè sono nate per accontentare chi non vuole o non può consumare latte - dice Zanetti -. La loro crescita però è anche la conseguenza della cattiva informazione e delle fake news che circolano sul latte. Peraltro, dopo alcuni anni di aumento delle vendite a due cifre, hanno davvero rallentato la corsa e oggi rappresentano meno del 10% dei consumi totali».

La tutela delle denominazioni lattiero-casearie

La tutela delle denominazioni lattiero-casearie in Europa nasce nel 1987 ed è stata confermata con successivi regolamenti. Con varie sentenze, inoltre, la Corte di Giustizia Ue ha sempre confermato la tutela delle denominazioni lattiero-casearie. L’ultima, in ordine di tempo, è nota come Sentenza TofuTown e ha decretato che il divieto europeo di utilizzo delle denominazioni lattiere vale anche qualora i prodotti a base vegetali siano accompagnati da indicazioni che chiariscano la natura vegetale del prodotto.

Eppure, non sono mancate le difficoltà nel corso dei lavori preparatori del voto dell’Europarlamento: «Assolatte è intervenuta direttamente sulla delegazione italiana chiedendo di votare l’emendamento 171 – racconta Zanetti – mentre la nostra associazione europea si è attivata sul Parlamento spiegando le ragioni politiche ed economiche dell’industria lattiero casearia». Durante il voto finale la delegazione italiana ha votato compatta l’emendamento. Il testo sarà ora oggetto di negoziato con il Consiglio dei Ministri Ue.

Latte fresco in calo, cresce quello a lunga conservazione

A dispetto del Covid, dunque, per il mondo del latte il 2020 non sarà un anno da buttare: «È vero che il lockdown ha fatto registrare un brutto calo nei consumi di latte fresco - ammette Zanetti - ma in quello a lunga conservazione la tendenza è stata opposta. Difficile fare stime per la fine dell’anno, la situazione continua ad essere in forte evoluzione. Speriamo di confermare i volumi dello scorso anno».

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