ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùSbagliando si impara

Il linguaggio segreto della brigata di cucina (e una lezione manageriale)

Il manager è chiamato a creare, presidiare e custodire equilibri delicati: i modi per il mantenimento di un efficiente sistema organizzativo

di Costanza Biasibetti *

(AFP)

3' di lettura

Se ti è mai capitato di lavorare in una cucina o di vedere una brigata in azione, saprai che si tratta di un mondo a sé, di un ecosistema in precario equilibrio in cui ogni persona ma anche ogni compito, ogni funzione, ogni minima preparazione, ricoprono un ruolo essenziale per assicurare il successo (non solo del ristorante, ma paradossalmente di ogni singolo piatto). Tale equilibrio è dato da un insieme di fattori percepibili solo in parte (o per nulla) dal cliente, che trova dinanzi a sé il proprio ordine frutto di pensieri, mani, approcci differenti, uniti insieme a tempo record.

Se ti è mai capitato di sedere al ristorante accanto alla cucina, probabilmente avrai udito i comandi di un linguaggio segreto, incomprensibile ai più, galleggiare nell’aria densa di vapori; un ritmo serrato, come una danza tra fuochi e fornelli, in cui non puoi perdere un passo, non puoi distrarti, nemmeno per un secondo.

Loading...

Anche se non ti è mai capitato di lavorare in una cucina o di coglierne qualche scorcio, ti consiglio di dedicare un po’ di tempo alla visione della serie “The Bear” che ha consacrato Jeremy Allen White - il protagonista che interpreta uno chef di raro talento arroccato in una prigione di dolore - come uno dei migliori interpreti sulla scena contemporanea.

Il racconto di un mondo altro, parallelo ed invisibile (a noi che mangiamo), ci offre uno spazio prezioso di riflessione e un originale ribaltamento dello sguardo: quali leggi definire per la nostra personale brigata? Come pianificare l’organizzazione di un ecosistema in cui personalità e skill differenti convivono e apportano parti fondamentali? Come assicurare e coltivare il successo di un progetto?

I giusti comandi: lo chef, capo di brigata - il manager, per capirci - riveste molti ruoli, pratici e di coordinamento, in base all’estensione della sua cucina e a quella della sua brigata. È il garante dell’ordine, il custode dell’equilibrio, colui che si gloria giustamente del successo e dovrà chiedersi cosa sia andato storto in caso di fallimento. È in capo a lui la scelta dei giusti comandi. Anche quella del tone of voice migliore perché all’interno della sua organizzazione tutti si sentano ingranaggi attivi e preziosi, valorizzati nella propria unicità. Scegli una tassonomia equilibrata.

Distinguere le voci dai rumori di fondo: in una cucina - contemporaneamente - ci sono pentole che bollono, padelle che sfrigolano, lame che affettano, chiacchiere sulla sera precedente, la playlist che dà ritmo ai movimenti, i malumori personali (perché le persone hanno anche brutte giornate, ebbene sì). Ci sono gerarchie che non puoi controllare. Quelle istintive che si creano naturalmente, quelle dei suoni e degli stimoli funzionali alle attività di sistema. È compito e missione del manager sublimare le voci essenziali dai rumori di fondo. E una volta individuate quelle voci, dare loro spazio, dare loro senso.Ascolta con cura la colonna sonora del tuo ecosistema.

L’urgenza della sincronia: capita che qualcosa non funzioni. Capita che un ingranaggio si inceppi, che si bruci una padella, che il lievito non lieviti, che un componente della brigata si assenti (anche quando è presente). Ma questo non ci priva dell’urgenza della sincronia, della necessità di raggiungere l’obiettivo (e di raggiungerlo bene). Da bravo chef e da bravo manager, considera l’urgenza, tampona con decisione, resta saldo (che tradotto potrebbe suonare come “non sbroccare”). Costruisci tempi e spazi di serenità.

Marco Polo, ne “Le città invisibili” di Calvino, entra in punta di piedi nella cucina e nell’ecosistema perfetto del regno di Kublai Kan e prova a scoprirne le leggi segrete. Descrivendo un ponte, ne nota ogni singola pietra. «Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?» chiede allora Kublai Kan. «Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra − risponde Marco, - ma dalla linea dell’arco che esse formano». Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: «Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che m'importa». Polo risponde «Senza pietre non c’è arco».Dobbiamo imparare a custodire ogni singola pietra. A coglierne il valore nella costruzione dell’arco. Dobbiamo imparare a riconoscere chi e cosa, in mezzo all’'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

* Consulente di Newton Spa


Riproduzione riservata ©

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti