le sfide di oggi

Il management dei talenti nell’economia globale, tecnologica e dell’incertezza

Vanno sostenuti, messi alla prova con problemi e in contesti aziendali di complessità e rilevanza crescente, con responsabilità sempre maggiori

di Marco Grumo *

(Coloures-pic - Fotolia)

4' di lettura

Il paradigma dell’impresa locale e nazionale sembra sostanzialmente non esistere più. L’economia mondiale, nonostante le varie immissioni di liquidità, non cresce secondo le attese: a causa di eventi planetari straordinari, nuovi scenari economici, forti interconnessioni tra economia finanziaria e reale, cortotermismo nelle decisioni e negli investimenti, ma anche innovazioni radicali nel campo della scienza, della tecnologia e dell’industria, per non parlare dell’instabilità politica ed economica di molti Paesi e delle relazioni economiche internazionali che alternano momenti di liberismo a spinte di protezionismo puro.

Nell’economia e nella società dell’incertezza, l’unica certezza è rappresentata dal capitale e dai talenti. Questo vale per le imprese profit, per quelle non profit, ma anche per le pubbliche amministrazioni locali e centrali. Lo dimostra la recente esperienza della Cina che, come noto, ha investito in modo strategico sui talenti, facendoli espatriare in Occidente per la loro formazione per poi incentivarli a rimpatriare, posizionandoli in ruoli apicali di partito e nelle imprese nazionali, remunerandoli di conseguenza.

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Ma chi sono i talenti? Sono persone proattive capaci di muoversi nella complessità, capaci di semplificare problemi, di ragionare al di là degli schemi, con forti capacità di problem solving e con una straordinaria apertura mentale. Presentano spiccate doti di adattamento, di gestione delle relazioni interpersonali, anche in contesti molto diversi dal proprio. Completano il profilo una solida preparazione umanistica, linguistica, tecnico-scientifica e tecnologica, nonché manageriale.

Sono incubatori e promotori di innovazione (a 360 gradi), coniugata con una spiccata capacità di realizzarla in modo veloce, efficiente ed efficace. Amano le sfide nuove (e parimenti soffrono la monotonia e la ripetitività delle organizzazioni) mostrando curiosità “a tutto tondo” e ottimismo. I talenti hanno una soluzione per ogni problema, ma soprattutto non si stancano di cercarla. Hanno una capacità intellettiva non comune, associata a personalità, creatività, duttilità, intelligenza intuitiva, ma soprattutto coraggio. Hanno anche valori forti che gli consentono di entrare in “sintonia” con le persone, guidandole al massimo livello di performance.

I talenti mostrano una grande velocità di apprendimento e una spiccata proattività e imprenditorialità, nonché una chiara visione di medio-lungo termine: vedono le opportunità prima degli altri e meglio degli altri. I talenti sono dotati di un’inclinazione naturale superiore alla media di tipo analitico, relazionale, progettuale. Hanno grande capacità di modellizzazione dei fenomeni, abbinata a un elevato senso pratico e a grandi doti di umiltà.

In altri termini, i talenti presentano una superiore “learning agility”, “people agility”, “results agility”, “mental” e “change agility”: sono persone aperte alla diversità e che imparano molto dall’esperienza e dai feedback altrui. Capaci di raggiungere risultati ottimi in condizioni difficili, sanno motivare anche gli altri a raggiungerli; sono in grado di risolvere problemi e di prendere decisioni in condizioni di forte incertezza, ambiguità e complessità; sono curiosi e desiderosi di sperimentare.

Il talento, insomma, non è un “eremita” o un “solista”, ma una persona capace di vedere in anticipo “sentieri” diversi da quelli battuti dagli altri; sentieri quasi “controcorrente”, “blue ocean” e win-win. Non è una questione di età (anche se più il talento è giovane, meglio è) ma di qualità, e in particolare di carattere e di personalità. Alcuni talenti saranno più performanti (e quindi adeguati) in contesti apicali funzionali, altri in posizioni di general management; alcuni potranno essere più pronti ad assumere ruoli di vertice, altri potrebbero richiedere ulteriori processi di sviluppo e di investimento. Tutti però alla fine devono restituire all’azienda prestazioni superiori e quindi elevati livelli di “return on investment”.

Chiaramente è importante scovare, alimentare e impiegare opportunamente i talenti, ma soprattutto è importante non perderli. Per riconoscerli e gestirli servono competenze ed esperienze specifiche. I talenti vanno sostenuti, messi alla prova con problemi e in contesti aziendali di complessità e rilevanza via via crescente, attribuendogli responsabilità sempre maggiori anche nell’ambito dei piani di “succession management”.

Per ciascun talento l’azienda deve darsi un adeguato progetto personale e aziendale di talent management, sia di breve sia di lungo termine. Sempre più importanti saranno anche gli “analitcs” in grado di scorgere tra grandi masse di dati (interne e esterne all’azienda) alcuni “segnali” rivelatori di tali profili. Del resto, oggi il web offre alle aziende milioni di curricula provenienti da tutto il mondo tra cui scorgerli e anche le stesse base dati aziendali del personale interno contengono numerose informazioni utili. Gestire bene i talenti porta ottimi risultati di business, fidelizza le persone liberando al massimo il loro potenziale, diminuendo il turnover e i costi di recruiting.

I talenti possono essere segnalati dai capi, trovati nelle università italiane ed estere, nei centri di ricerca, sul web, mediante premi aziendali, job posting. Tuttavia vanno sempre visti “in azione” e seguiti con attenzione. Prove individuali, prove di gruppo, problemi da risolvere, responsabilità aziendali: sono tutte occasioni preziose. Del resto, i curricula, gli algoritmi e le segnalazioni arrivano sempre fino a un certo punto.

I talenti possono anche essere già presenti nell’impresa, bisogna solo farli emergere. A ogni modo, devono anche essere adeguatamente inseriti nell’organizzazione e gestiti: esistono tante storie di talenti non correttamente identificati, ma anche di talenti veri che però non si sono rivelati buoni investimenti, semplicemente perché non sono stati inseriti in contesti organizzativi adeguati.

Il successo dei talenti in azienda è frutto di tre componenti: la qualità delle persone, gli strumenti e l'ambiente organizzativo.
I talenti si preparano in molti modi: sul lavoro, fuori dal lavoro, in aula, con percorsi “su misura” di training individuale e di gruppo (di tipo tecnico, linguistico, manageriale e comportamentale) via web, mediante job rotation (in azienda e in contesti di business, linguistici e culturali differenti), inserendoli in team di alta qualità, assegnando ruoli aziendali temporanei oppure mediante affiancamento, coaching e progetti e responsabilità di respiro internazionale, solo per fare alcuni esempi.

Non bisogna avere paura di investire sui talenti perché lavorano e fanno lavorare e, pertanto, costituiscono il vero “motore” dell’innovazione e della performance aziendale. La sfida globale dei talenti è in corso!

* Professore di Economia aziendale e di organizzazione e management delle imprese globali Università Cattolica del Sacro Cuore.

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