Il meglio del decennio sul grande schermo
Ecco una panoramica che racconta alcuni degli autori e delle opere più significative
di Andrea Chimento
5' di lettura
Quando un decennio volge al termine è sempre tempo di bilanci, anche nell'universo cinematografico. Appassionati, critici e addetti ai lavori provano a individuare le tendenze principali e i film più importanti degli anni Dieci del nuovo millennio, seppur i criteri con cui procedere e la scala di valori di cui tenere conto siano spesso oggetto di discussione.
Un metodo classico è quello di prendere in considerazione gli autori, e un nome che non può sicuramente mancare all'appello è l'americano Paul Thomas Anderson, regista che con tre splendidi film come «The Master», «Vizio di forma» e «Il filo nascosto» ha mantenuto fede alle grandi cose fatte in precedenza, diventando un nome fondamentale del cinema contemporaneo.
Un percorso simile è quello dell'inglese Christopher Nolan, regista che ha trasformato ogni pellicola (da «Inception» a «Dunkirk», solo per citare il primo e l'ultimo lungometraggio da lui diretti in questo decennio) in un evento semplicemente imperdibile.
Non è un regista, ma una casa di produzione assolutamente protagonista del decennio la Pixar Animation, che ha confermato (se ce ne fosse stato bisogno) quanto il cinema d'animazione per tutta la famiglia possa dare vita a vere e proprie opere d'arte: tra i tanti capolavori, una menzione speciale al memorabile «Inside Out», ma anche al terzo e al quarto capitolo di «Toy Story».
Grandi registi americani
Numerosi sono gli autori che hanno fatto la storia del cinema e che hanno regalato dei veri e propri capolavori anche negli anni Dieci del nuovo millennio.
Si pensi all'eterno Martin Scorsese che ha realizzato solo grandi film nel corso del decennio (da «Hugo Cabret» a «Silence», passando per «The Wolf of Wall Street»), con la ciliegina sulla torta del recentissimo «The Irishman», meraviglioso lungometraggio testamentario, che ci offre un assist per ricordare l'importanza che le piattaforme streaming stanno avendo anche nella realizzazione e distribuzione di grandi film (Netflix, in questo caso).
Una significativa menzione tra i registi americani non più giovanissimi, la meritano anche Jim Jarmusch (strepitosi «Solo gli amanti sopravvivono» e «Paterson»), Quentin Tarantino (anche per il recente «C'era una volta a Hollywood») e Steven Spielberg (sempre una sicurezza, come dimostrato ad esempio da «The Post»).
Impossibile dimenticare poi altri notevoli lavori come «Zero Dark Thirty» di Kathryn Bigelow, «L'amore bugiardo» di un altro grande autore come David Fincher, «Boyhood» di Richard Linklater (un film girato in 12 anni) o l'ambizione di Terrence Malick con «The Tree of Life».
Messico e Sud America
È stato anche un decennio che ha confermato la grande forza del cinema messicano, con tre registi come Alfonso Cuarón, Guillermo del Toro e Alejandro González Iñárritu a fare da capifila (e dividersi numerosi riconoscimenti, tra Oscar e vittorie ai grandi festival).
Tra i tanti, il film che reputiamo il più memorabile è un altro lavoro distribuito da Netflix: «Roma», con cui Cuarón ha raggiunto davvero la piena maturità.
Per quanto riguarda il Sud America, invece, non si può non citare uno dei nomi fondamentali della contemporaneità come il cileno Pablo Larraín, vero e proprio rappresentante di questo decennio con sei film notevoli: «Post mortem», «No – I giorni dell'arcobaleno», «Il Club», «Neruda», «Jackie» e «Ema».
Cileno era anche un altro grande regista come Raoul Ruiz, che nel 2010 ha realizzato uno dei suoi lavori più importanti: «I misteri di Lisbona».
Africa e Asia
All'interno del cinema africano, se dovessimo fare un solo nome, la scelta cadrebbe senza dubbio sul tunisino Abdellatif Kechiche, che con «La vita di Adele» (ma non solo con questo) ha firmato una delle opere più significative del decennio.
Se il cinema del Medio Oriente può essere rappresentato da un capolavoro come «Una separazione» di Asghar Farhadi, quello dell'Estremo Oriente ha davvero numerosissimi lungometraggi che meriterebbero una menzione.
Tra questi, un posto speciale va al magnifico «Parasite» del sudcoreano Bong Joon-ho, che ha vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes 2019, esattamente un anno dopo la vittoria di un'altra opera di grande forza ed eleganza come il giapponese «Un affare di famiglia» di Hirokazu Kore-Eda.
Meno noto al grande pubblico ma altrettanto importante è il lavoro del filippino Lav Diaz, autore di opere torrenziali e visivamente magistrali, che possiamo riassumere con il monumentale «From What Is Before».
Sempre dall'Asia arriva il documentarista più rilevante del decennio: il cinese Wang Bing con «'Til Madness Do Us Part» ha firmato un documentario, ambientato in un manicomio, semplicemente imperdibile. La scena cinese, però, è davvero tra le più interessanti degli ultimi anni, con tanti nomi di rilievo (Jia Zhang-ke, in primis) e film di grande forza ed eleganza (da «A Simple Life» del 2011, firmato dall'acclamata autrice della new wave hongkonghese Ann Hui, al recente «So Long, My Son» di Wang Xiaoshuai).
Tra i documentaristi, però, oltre a Wang Bing e ad altri nomi celebri come Werner Herzog e Frederick Wiseman, una menzione speciale va a Joshua Oppenheimer che con «L'atto di uccidere» (incentrato sul genocidio indonesiano) ha dato vita a uno dei lavori più importanti del decennio.
Europa
Anche tra i registi europei ci sono autori che hanno fatto la storia del cinema e che continuano a realizzare opere fondamentali. Il primo nome che viene in mente è Roman Polanski, vista la grandezza del suo ultimo lavoro «L'ufficiale e la spia», ma basta ricordare «Carnage» e «Venere in pelliccia» per rendersi conto di quanto Polanski abbia fatto per questi anni Dieci.
Un altro nome è Pedro Almodóvar, che grazie al suo capolavoro «Dolor y gloria» ha firmato una tappa fondamentale del cinema degli ultimi anni.
Una menzione anche al lavoro dell'inglese Sam Mendes, per aver firmato con «Skyfall» uno dei film della saga di James Bond migliori di sempre e per la conferma del suo grande talento con il recentissimo «1917».
Ha fatto un solo lungometraggio in questo decennio il francese Léos Carax, ma il suo «Holy Motors» gli fa guadagnare comunque la menzione e il titolo di film transalpino più sorprendente e originale dell'intero decennio.
Altri capolavori indimenticabili sono «Faust» del russo Aleksandr Sokurov, «Il cavallo di Torino» dell'ungherese Béla Tarr e «L'altra Heimat» del tedesco Edgar Reitz.
Una nota a parte per il monumentale e impressionante «Hard to Be a God», ultimo film di Aleksej German, tra le opere più pregevoli degli ultimi decenni.
Cinema italiano
Infine, un paragrafo per il cinema italiano, che spesso viene criticato troppo frettolosamente e che nel corso del decennio ha prodotto cose egregie, anche cercando nuove strade (documentari compresi).
Da un grande nome storico come Nanni Morett i (autore di due film bellissimi negli anni Dieci, come «Habemus Papam» e «Mia madre») a un regista che sta realizzando i lavori migliori proprio negli ultimi anni come Luca Guadagnino (il grande e meritato successo di «Chiamami col tuo nome», ma anche il coraggioso e affascinante «Suspiria»), passiamo ai due autori italiani forse più rappresentati di questo decennio (come del precedente): Matteo Garrone e Paolo Sorrentino. Il primo con film sempre unici ed emozionanti (a partire dal meraviglioso e sottovalutato «Reality»), il secondo per averci fatto riflettere e discutere con tutte le sue (quasi sempre bellissime) creazioni, tra le quali non si può non citare «La grande bellezza» del 2013, unico Oscar al miglior film straniero assegnato all'Italia nel corso dell'ultimo decennio.
loading...