Il merito si coniuga con una scuola che non discrimina
Il tema della povertà educativa oggi in Italia sta diventando un terreno scivoloso, tra chi ne parla in termini di retorica e chi invece ne ignora l’impatto sui giovani
di Daniela Fatarella (*)
3' di lettura
Il tema della povertà educativa oggi in Italia sta diventando un terreno scivoloso, tra chi comincia a parlarne in termini di retorica e chi invece sembra voler ignorare l’impatto di questo fenomeno sulle nuove generazioni e sul futuro del Paese.
Eppure i dati parlano chiaro. Fuori dal Covid, dalla discussa qualità sulla didattica a distanza e rientrati nell’ordinaria routine scolastica, i dati Invalsi del 2023 offrono una fotografia che non può non farci riflettere profondamente. Anche quest’anno uno studente su due esce dalle superiori con competenze inadeguate in italiano e matematica. Prime crepe iniziano a vedersi anche alla primaria, che resta il fiore all’occhiello della scuola italiana, e si confermano pesanti divari territoriali, con il Sud indietro e molto distante dal Nord, e una dispersione implicita che penalizza le famiglie che provengono da situazioni socioeconomiche meno favorevoli.
Guardare questi dati con lucidità, significa vedere quanto la questione della povertà materiale ed educativa sia sempre più radicata nel nostro paese e stia diventando un generatore di diseguaglianze sempre più marcato, che lascia indietro una parte consistente dei nostri ragazzi. E allora ecco che questi dati Invalsi, a poche settimane dall’inizio del nuovo anno scolastico, dovrebbero spingerci ad una riflessione più ampia sull’importanza dell’offerta scolastica, che invece di esacerbare le diseguaglianze, dovrebbe cercare di attenuarle.
Oggi l’equazione appare purtroppo semplice: esiste una relazione effettiva tra disuguaglianza di offerta sui territori ed esiti scolastici. Risulta quindi evidente come il deficit strutturale del sistema scolastico a livello nazionale e locale, in termini di spazi, servizi e tempi educativi (come mensa e tempo pieno, palestra e agibilità delle scuole) comporti come conseguenza diretta un peggioramento degli esiti scolastici. Di contro, nei territori che mantengono una qualità dell’offerta, si rileva una resilienza nell’apprendimento dei minori in svantaggio socioeconomico.
L’indagine di Save the Children
In una recente indagine del 2022 di Save the Children (Alla ricerca del tempo perduto), sono state messe a confronto le 10 province italiane con l’indice di dispersione «implicita» più bassa e più alta, con evidenze importanti. Si rileva infatti come nelle province dove l’indice di dispersione «implicita» è più basso, le scuole primarie hanno assicurato ai bambini maggior offerta di tempo pieno, maggior numero di mense, di palestre e sono inoltre dotate di certificato di agibilità . Questa correlazione appare ancora più rilevante se si considerano i minori svantaggiati dal punto di vista socioeconomico. Prendendo infatti in considerazione le province italiane che hanno la percentuale maggiore di studenti nel quintile socioeconomico più basso, la dispersione «implicita» risulta significativamente inferiore in quelle province dove almeno la metà degli alunni della scuola primaria frequentano il tempo pieno e almeno la metà delle scuole ha la mensa.
Gli elementi da considerare
Le variabili strutturali appena citate rappresentano solo alcune delle tante componenti da considerare per rafforzare la strategia di contrasto alla dispersione scolastica. Tuttavia, è evidente quanto un’offerta adeguata di spazi e di tempi educativi possa contribuire efficacemente a ridurre le disuguaglianze educative territoriali. È un vero paradosso che, pur ribadendo l’importanza della «qualità dell’offerta educativa», i territori dove la povertà minorile è più forte siano in Italia quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre. Proprio dove i bambini, le bambine e gli adolescenti affrontano, con le loro famiglie, le maggiori difficoltà economiche c’è al contrario maggior bisogno di un’offerta educativa più ricca. E quando questa offerta scolastica è potenziata, questa è in grado di fare la differenza, anche nelle province con maggior numero di minori in difficoltà socioeconomica.
Quindi è proprio da qui che dobbiamo ripartire. È necessario concentrare interventi e risorse per rendere le scuole svantaggiate o le aree deprivate ricche di ambienti per l’apprendimento innovativo, strutture per lo sport e la musica, insegnanti e personale motivato. La scuola, si trovi nei quartieri “migliori” o “in frontiera”, deve poter sempre garantire il diritto ad un’istruzione di qualità.
Pietro Calamandrei, in un discorso pronunciato al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, disse: «Se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento e della Magistratura e della Corte costituzionale». Oggi, per parlare realmente di «merito», , è necessario intervenire per correggere le diseguaglianze. Ripartire da una scuola che non discrimina è l’unica ricetta per allontanare il rischio di una bancarotta politica del nostro Paese.
(*) Direttrice Generale Save the Children in Italia
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