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Il Milan in extremis batte la Lazio. E il Napoli ribaltato dall’Empoli va in ritiro per punizione

Campionato povero ma bello, nuovo controsorpasso del Milan sull’Inter. Il Napoli perde terreno sulla coppia di milanesi in testa

di Dario Ceccarelli

(AFP)

5' di lettura

Sabato pomeriggio sorpasso dell'Inter (3-1 alla Roma). Domenica sera controsorpasso in extremis del Milan (2-1 alla Lazio). Dite quello che volete, pensate quello che vi pare: sarà anche un campionato scarso, tecnicamente inferiore a quello inglese o spagnolo, ma era da un bel pezzo che non ci divertivamo così.

Un campionato povero ma bello con un susseguirsi di colpi di scena che probabilmente elettrizzeranno fino al traguardo (tra quattro giornate) questo rovente testa a testa tra le due milanesi. Un derby infinito, all'ultimo respiro, che offrirà un nuovo capitolo della saga già questo mercoledì 27 aprile a Bologna dove l'Inter recupera finalmente l'ormai famosa casella segnata con l'asterisco.

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Facciamo allora due conti: ora il Milan è 74 punti e l'Inter a 72. Se la squadra di Inzaghi vince, andrà a 75 punti effettuando un nuovo sorpasso sul Milan. Diciamo che l'Inter è padrona del suo destino, mentre il Milan, per arrivare primo, deve sperare in un passo falso dei cugini. Tutto è possibile, quindi mettiamoci comodi e godiamoci lo spettacolo.

Con una novità: che il terzo contendente allo scudetto, il Napoli, con una delle sue strane follie, si è tirato fuori dalla corsa facendosi ribaltare dall'Empoli che fino all'ottantesimo era sotto di due gol. In otto minuti il Napoli si è autodistrutto incassando tre reti e collassando su stesso. Addio sogni di glorie, accuse e contraccuse al veleno e un bel ritiro per punire la truppa. L'ultima volta che lo fece, quando poi fu esonerato Ancelotti, gli andò male. Ma come dicono i saggi: l'esperienza insegna che gli uomini dall'esperienza non imparano mai nulla.

Ma ora bisogna tornare all'Olimpico dove il Milan, al 92', con la punta del piede sinistro di Tonali, è riuscito a battere la Lazio dopo una sfida iniziata malissimo per i rossoneri sotto di un gol (Immobile) dopo neppure quattro minuti.

Un cazzotto micidiale per i Pioli boys reduci dal già devastante derby di Coppa Italia con l'Inter. A Roma pioveva, ma pioveva molto più forte sul Milan che sapeva di giocarsi l'ultima carta per lo scudetto. Con una aggravante: che stava perdendo pezzi anche in difesa. Il gol di Immobile, infilatosi come una lama nella fragile “Maginot” rossonera, era un pessimo segnale. Di un'altra serata da incubo. Invece, piano piano, l'aria è cambiata e la Lazio, pur pericolosa in contropiede, ha cominciato ad arretrare.

Ma è nella ripresa che il Milan diventa sempre più cattivo. Un Diavolo con gli zoccoli e con le ali che mette alle corde i difensori biancocelesti. Il più feroce è Leao: ogni sua percussione fa male. Dopo cinque minuti si mangia Acerbi offrendo a Giroud la palla del pareggio. E da qui fino al 92', cioè quando Tonali con la punta dello scarpino (su assist di testa di Ibra) riesce a battere Strakosha, comincia un altro film: quello dell' assalto al fortino di Sarri. Un assedio senza fine. Mischie, respinte, parate, pali sfiorati. Pioli cambia le carte: Rebic per Diaz, Ibra per Giroud, Krunic per Messias. Si gioca da una parte sola, con l'Olimpico colorato dalle bandiere rossonere (i tifosi laziali in sciopero per il caro biglietti).

Tutto inutile? No, tanta volontà alla fine viene premiata: il merito è di Rebic che, dopo aver strappato la palla a Marusic, la butta in area dove, tra una carambola e l'altra, Tonali va a segno. Una vittoria meritata, strappata a spallate, che denota comunque la fortissima determinazione dei rossoneri.

«Sono stati leoni» dirà poi Pioli abbracciandosi con Paolo Maldini. Un segnale potente quello che da Roma arriva all'Inter. Il cui succo è questo: sappi, amica mia, che non molliamo. Se lo vuoi, questo scudetto, te lo dovrai sudare fino all'ultimo secondo. Molto polemico invece il tecnico della Lazio. «Una partita arbitrata a senso unico» dirà Sarri dopo il match. In realtà, gli unici episodi controversi (una trattenuta di mano fuori dall'area del portiere Strakosha e un braccio di Luis Alberto in area) sarebbero più a favore del Milan. Ma quando si vince, e le cose vanno bene, tutto va in cavalleria.

Insomma: il giallo dello scudetto è ancora aperto. Anche se i tifosi dell'Inter, dopo aver strapazzato la Roma dell'amico Mourinho, avevano sperato di chiuderlo in questo week end. A proposito dello Special One una cosa va detta: che l'inter sia in palla, alla sua quinta vittoria consecutiva, è chiaro, limpido e indiscutibile. Ma se poi le si stende davanti un bel tappeto e le si dice, prego si accomodi, come ha fatto Mourinho, allora è inutile andare avanti. Ai 75mila di San Siro non è sembrato vero. Anche questa volta è stata una festa. Come canta Venditti: ci vorrebbe un amico. San Siro ce l'ha: è il grande Mou.

Quanto al Napoli, è arduo fare una valutazione tecnica. Qui andiamo nel teatro dell'assurdo, più Jonesco che Eduardo. Come è possibile che una squadra ancora in corsa per lo scudetto con due gol di vantaggio (Mertens e Insigne), si faccia ribaltare dall'Empoli negli ultimi dieci minuti? L’Empoli non vinceva da dicembre. E l’ultima volta, ironia della sorte, era stato proprio col Napoli.

Una disfatta surreale propiziata da grossolani errori difensivi che meriterebbero un consulto con un dottore bravo. «Colpa mia se non reagiamo» si autoaccusa Spalletti dopo le punte di spillo con De Laurentiis. Sembra, il povero Spalletti, uno di quei padri mollaccioni che, davanti all'insegnante giustamente severo verso lo studente fannullone, prende comunque le difese del figlio.

Di chiunque sia la colpa, i partenopei hanno fatto un solo punto nelle ultime tre partite. Possibile che, nel momento decisivo, si spenga luce? Se questo avviene, il problema sta nel manico. In una società che, evidentemente, non riesce a reggere la tensione di una corsa al titolo. Ora, per tornare sulla terra, bisogna subito ripartire per non mettere a rischio anche la Champions. I distacchi dagli inseguitori sono ampi, però meglio non fidarsi.

Liegi-Bastone-Liegi

Le azzurre giù dal podio. Anche per il nostro ciclismo femminile non è sempre festa. Molto attese dopo gli ultimi exploit al Nord, le azzurre Elisa Longo Borghini e Marta Cavalli questa volta, alla Doyenne, si sono dovute accontentare di un quinto e sesto posto, sempre onorevole, ma comunque, per come ci hanno abituato, solo un pregevole piazzamento. Il primo posto va invece ad Annemmiek Van Veutlen, la 39enne campionessa olandese che conquista per la seconda volta in carriera la Liegi Femminile.

Per la Liegi maschile, segnata anche dal ritiro campione del mondo Alaphilippe (finito contro un albero) il successo è andato a Remco Evenepoel, il golden boy belga che da tempo cercava una vittoria di prestigio per dare lustro al suo palmarès. Il 22enne belga, fuggito a 29 km dall'arrivo, è arrivato da solo. Nella volata per i piazzamenti Van Aert ha preceduto Martinez. Tre belgi sul podio. Tra i primi dieci nessun italiano. Va ricordato che il grande favorito, lo sloveno Tadej Pogacar, ha dato forfait in extremis per stare vicino alla fidanzata, in lutto per la morte della madre. Tanto di cappello, non era un gesto così scontato.

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