pagamenti alla pa

Ecco come non sono riuscito a pagare una cartella con Pago PA

Indicazioni poco chiare, percorsi complessi e ostacoli continui: alla fine meglio pagare con il Rav (che ora sarà sostituito)

di Alessandro Longo

4' di lettura

Trovarsi a dover pagare una cartella esattoriale da 3mila euro, volerlo fare sul sito dell'Agenzia dell'Entrate per grande fiducia verso le sorti progressive della nuova PA digitale italiana; perderci 30 minuti, rinunciarvi e quindi arrendersi a fare un Rav (che peraltro adesso sarà abolito). Sempre con e-banking, certo, dal sito della propria banca; senza bisogno di andare di persona allo sportello.

Ma non certo un grande successo alla luce di quel percorso di trasformazione digitale che sta abbracciando la pubblica amministrazione. E che ha proprio in PagoPA – il sistema che in teoria, secondo le norme, a fine dicembre dovrà gestire (dopo vari rinvii) tutti i pagamenti verso la Pubblica amministrazione – uno dei migliori traguardi degli ultimi anni.

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Già, PagoPA è relativamente una storia di successo (relativamente al resto della PA digitale italiana, s'intende, in media sempre agli ultimi posti della classifica Desi della Commissione europea). Ma il diavolo, come spesso accade, si annida nei dettagli.

Vediamoli, in questa esperienza diretta di pagamento. Ricordando sempre che in teoria questo servizio dovrebbe essere usato e usabile da tutti i cittadini, non solo da esperti del mondo fiscale.

Dove si paga

Cominciamo dal dove pagare. Una cosa è l'Agenzia delle Entrate e l'altra è l'Agenzia delle Entrate-Riscossione, per le norme italiane, quindi l'utente si ritroverà due siti del tutto separati. Sul primo si può controllare con comodità il proprio cassetto fiscale, fare la dichiarazione, eccetera. Sul secondo controllare la situazione debitoria, pagare appunto le cartelle in sospeso.

Nella Pec che annuncia la cartella si trova quale sia l'indirizzo del sito giusto, abbastanza in piccolo in un mare di testo. Ma con l'estro con cui ci si accosta alla lettura di un codice miniato a caratteri gotici è ancora possibile trovare il link nel documento dell'Agenzia. Non si può che sognare ardentemente il pulsantone di Amazon.it “compra subito” con un clic. E non sarà l'ultima volta, in questo viaggio.

Primo passo, facile: clic su accedi all'area riservata (si aprono tre opzioni, di cui il primo è per cittadini e il secondo per professionisti o imprese; e un professionista, che è anche cittadino, può rimanere un po' interdetto. Poco male, comunque: le prime due portano alla stessa pagina; ma allora perché metterne due?).

Secondo passo, ancora più facile: accedi con Spid, metti credenziali e one time password.

Terzo passo: comincio a perdermi. Al centro campeggia un Controlla la situazione, clicco lì, chiedo le cose da saldare e compare il documento in questione. Logica vorrebbe avere un bel pulsante “paga” o “salda” vicino alla voce relativa al pagamento. Come il “compra” di un negozio e-commerce, appunto. Ma niente. Clicco allora sul documento. Niente nemmeno qui. Viene da pensare che l'Agenzia, in fondo, non voglia farti pagare subito. Si preoccupa per te: prende tempo per aiutarti ad abituarti all'idea.

Il miraggio del pagamento

Da questo pensiero così rincuorato, dopo un po' noto un piccolissimo link: Visualizza/nascondi piano scadenze e rav. Ora finalmente appare un codice Rav (utilizzabile via e-banking) e un promettente Paga ora questo documento.

Clic. Non succede nulla. Anzi no, una scritta minuscola: documento inserito nel tuo carrello. Occhi peregrinano sullo schermo alla ricerca del carrello, magari in alto a destra. Nulla. Allora comincio a cliccare un po' a caso, quando noto un simbolo “+” nel menu a sinistra di fianco a Controlla la tua situazione. Qui c'è Paga cartelle e avvisi, ma un clic di nuovo mi riporta a cercare il documento. La grafica però è diversa da prima. Come in un videogioco, quando ti sei bloccato e finalmente qualcosa cambia: è promettente.

C’è un’ unica opzione disponibile: Genera Rav. Io volevo pagare online qui, non dalla banca; ma tanto vale provare. Ti chiede se vuoi confermare Rav. Non capisco, ma mi adeguo. Alla fine, come un miraggio inatteso, compara Paga online. Ma non dovevo usare il Rav? Era un trucco per testare la mia ostinazione? Clicco per pagare online. Altri due clic inutili in cui il sito mi chiede quello che già sa e che ho già detto di voler fare.

Adesso mi indirizza su un altro sito, quello di PagoPa: mi richiede di nuovo tutto, di accedere con Spspid, password e Otp. Proprio un mirabile esempio di “esperienza integrata”: tutte le PA europee vanno verso un punto unico di accesso per tutti i pagamenti, l'Italia dice di volerci andare pure, ma al tempo stesso è riuscita a spezzare in due uno stesso singolo pagamento.

Il nodo delle banche

Ora tre opzioni: pagare con carta di credito (ma il valore è troppo elevato, il sistema non lo accetta), con conto corrente o altri metodi. Proviamo il secondo.

Compare una lista di banche. Con i nomi delle banche in caratteri normali, ovviamente? Macché: il nome della banca si trova solo dentro il logo della stessa, piccolo e sgranato. Per fortuna c'è il motore di ricerca banche. Peccato che le mie non ci sono: BNL e Iwbank-Ubi Banca. Ma PagoPA non aveva conquistato ormai il mondo del credito? Non così, pare. Non c'è una delle due banche nemmeno negli Altri metodi di pagamento. Qui compare pure Satispay; ma è impraticabile aspettare che si carichi il borsellino con 3mila euro. Va bene per piccoli acquisti, con un borsellino che si ricarica ogni domenica; non per grossi pagamenti da fare subito.

Di qui l'unica via del Rav, con una nuova autenticazione, sul sito della propria banca. Addebito avvenuto. Tutto bene? Chissà: a una settimana di distanza, sul sito dell'Agenzia il documento risulta ancora da saldare e non c'è risposta a una segnalazione fatta (con lo screenshot del Rav pagato) dal sito stesso.

Intanto il sito ufficiale dice che PagoPa ha già il 77 per cento di PA aderenti, ma solo il 17 per cento aderenti effettive. Nei prossimi mesi dovrebbe andare meglio, dato l'obbligo del 31 dicembre che incombe. Con la speranza che oltre a un'adesione di facciata ce ne sia anche una sostanziale, con un servizio che sia davvero usabile per il cittadino.

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