Il mistero di Leonardo che affascina
L’annuncio del ritrovamento di un disegno a sanguigna del maestro apre il dibattito anche sull’attribuzione del Salvator Mundi. Il team Bonelli Erede interviene sulle problematiche legali
di Marilena Pirrelli
7' di lettura
Mentre a Parigi lo scorso 18 novembre è passata la «Madeleine penitente» di Gia n Giacomo Caprotti detto Salaì, dopo una battaglia di offerte al telefono, per 1,7 milioni di euro (2 milioni di dollari), tasse incluse, dalla stima tra 100.000-150.000 €, aggiudicata da Matthieu Fournier ad Artcurial. Con l’importante scoperta il più stretto collaboratore di Leonardo di Vinci, l’allievo preferito dal maestro che rimarrà al suo fianco per oltre 25 anni e lo seguirà in tutte le sue peregrinazioni, segna un nuovo record mondiale. Se nella capitale francese si scambia, decuplicando il suo valore di stima, un’opera dell’allievo del maestro, a Lecco si annuncia la scoperta di una nuova opera di Leonardo, a detta della studiosa del Centro per l'Unesco di Firenze, Annalisa Di Maria: un disegno, che secondo l’esperta sarebbe il “vero” Salvator Mundi; non che quello venduto in asta da Christie's nel 2017 per 450 milioni di dollari sarebbe un falso, ma sarebbe attribuibile a un altro maestro di bottega o a un allievo di Leonardo. Secondo Di Maria, i test scientifici datano la carta all'inizio del XVI secolo e la barba e gli occhi della figura corrispondono strettamente allo stile di Leonardo. Ma nonostante la sua certezza, un verdetto finale sull'autenticità del disegno e cosa significhi per la tavola Salvator Mundi in mano araba, è ancora in sospeso. Per il momento la carta di proprietà di due collezionisti privati è custodita in un caveau a Lecco, in attesa che la studiosa sveli le sue carte in un prossimo convegno.
La grande gratuità di Leonardo nell’insegnare la propria arte agli allievi, di farli crescere e superare il maestro rende spesso imperscrutabile la sua arte e della sua schiera di allievi. E ci regala un altro mistero. Del resto lo stesso Salaì ha saputo assimilarsi come nessun altro alla raffinata tecnica di Leonardo affermandosi come uno dei più influenti divulgatori dei modelli leonardeschi attraverso la produzione di copie e variazioni dei capolavori di Leonardo, ma anche in qualità di autore di opere originali.
Il dibattito tra gli studiosi
“Non ignorerei a priori il nuovo disegno, ma semplicemente non posso dir nulla senza vederlo e conoscere le prove scientifiche” ha detto al Telegraph l'esperto di Leonardo Ma rtin Kemp. “Avrei bisogno di vedere se è disegnato con la mano sinistra. Leonardo disegnava tutto con la mano sinistra“ ha specificato uno dei massimi studiosi dell’opera vinciana. E anche Chiara Rostagno , oggi nella Direzione Generale Musei - Polo Museale della Lombardia , e dal 2015 al 2018 direttrice del Museo Nazionale del Cenacolo Vinciano conferma il grande enigma storiografico e artistico di Leonardo. «L’attribuzioni e la datazione della matita ci impongono indagini scientifiche, aspettiamo di vedere il foglio e di farne le analisi materiche, il tema della conservazione della sanguigna, i cinque secoli trascorsi e le condizioni conservative rendono complessa e ardita l’interpretazione scientifica, ma per chi ama la scienza e la conoscenza queste notizie spalancano il cuore e la testa: attribuire una nuova opera a Leonardo rappresenta una sfida conoscitiva per tutta la comunità».
Il pubblico
Tra le alchimie di cui la Storia dell'Arte è capace, l'attribuzione di un'opera è certamente quella che è in grado di attrarre con maggiore forza l'attenzione anche del vasto pubblico.«Quando un'ipotesi di attribuzione riguarda Leonardo da Vinci – prosegue la studiosa –, s'innesca una reazione fragorosa, a prescindere dalla solidità della tesi e delle sue conseguenze scientifiche. L'esperienza quotidiana quale Direttore del Museo del Cenacolo Vinciano a Milano mi ha dato la possibilità di consolidare una misura tangibile della forza esercitata da Leonardo sulle persone, a prescindere dalle latitudini e dal percorso culturale. Di entusiasmi e cocenti disillusioni su Leonardo il pubblico ne ha vissute molti in questi anni». E la dottoressa Rostagno le elenca: «hanno perduto l'illusione della “Bella principessa” (detto anche ritratto di una Sforza) e sono quotidianamente “sospesi” in merito al destino e alla coesistenza di tesi distinte al riguardo del “Salvator Mundi”. Come dice Pietro Marani, in molti pensano di avere un Leonardo o, più semplicemente, sognano di averne o scoprirne uno, secondo una seduzione del pensiero che potremmo avvicinare anche all'illusione di poter assurgere la perfezione del Maestro, che di certo ha animato la stagione dei cosiddetti Leonardeschi. Allievi ed epigoni hanno sempre teso alla sua opera, riprendendone i segni (talvolta persino il tratto), le modalità, i temi iconografici per arrivare ad esiti capaci di produrre una vera e propria vertigine, come nel caso della Madonna Litta. Ma questo è un altro grande valore di Leonardo, ovvero quello di aver sempre desiderato (o forse aver solo accettato la sfida ideale) che un allievo fosse in grado di superarlo» spiega Rostagno.
Comunque, al di là del comune sentire e delle vicende “romanzesche”, il processo di attribuzione di un'opera d'arte (o d'architettura) ha un suo percorso. «Si avvale di una impronta metodologia a e di strumenti scientifici che – prosegue Rostagno –, come tali, richiedono tempo perché possano dare risposte e che, soprattutto, si nutrono della possibilità di confronti aperti, fra studiosi e anche fra discipline. Pertanto al cospetto di tali opportunità, perché tali sono i dubbi e i quesiti nel fare scientifico-disciplinare, occorre che sia dato modo di compiere ricerche e approfondimenti e di garantire – in fondo – che vi si possa applicare con ogni rigore, nel rispetto sia del valore dell'autore e sia della collettività. Per coloro che praticano il mondo dell'architettura come me, che presuppone un atto costruttivo capace di produrre molteplici legati documentali, la vita è talvolta più facile. Anche se permangono spesso temi e ambiti di ricerca ampi, articolati e densi di fascino interpretativo» prosegue la studiosa vinciana.
Lecco e l’altrove dell’arte
Il luogo poi dell'ultimo “ritrovamento” parrebbe non stupire. «Lecco è nella produzione di Leonardo e nella sua esperienza personale luogo “ricorrente” – spiega Rostagno – perché molti degli artisti che tesero alla sua opera ebbero quella provenienza e perché vi era una solida relazione fra i possedimenti in quelle terre e la nobiltà milanese ai tempi di Leonardo. Ma la sola provenienza non basta, per delineare l'opera di un uomo che ha molto viaggiato, insegnato e per collocare dei pezzi che hanno l'abitudine a seguire legati e passaggi. A prescindere dagli esiti ai quali la comunità scientifica ci condurrà su questo disegno, rispetto a questa nuova ipotesi attributiva (sulla quale già si annunciano alcune profonde ombre), mi permetto di sottolineare come la sola idea di una nuova opera del Genio, abbia saputo essere capace di un “sommovimento geologico” (avrebbe detto Proust) in grado di distoglierci, anche solo per qualche istante, dal difficile contingente di questi giorni, per condurci “altrove”. Questo, in fondo, ci dimostra la vera potenza del rapporto (anche solo immaginifico) con il nostro patrimonio e la sua sempre struggente forza e attualità» conclude Rostagno.
Salvator Mundi
Del resto la stessa tavola passata in asta nel novembre 2017 per 450 milioni di dollari a New York è stata attribuita prima alla scuola di Giovanni Antonio Boltraffio, poi a Boltraffio e, solo dopo il restauro e lo studio di un gruppo di ricercatori, tra cui Martin Kemp, su richiesta del direttore della National Gallery di Londra, Nicholas Penny, a Leonardo da Vinci nel 2011. Venduta in asta a Londra nel 1958 per 45 £, l'opera, acquistata nel 2005 per 1.175 $ da Robert Simon in Louisiana, poi ceduta al mercante Yves Bouvier e, infine, venduta al collezionista russo Dmitrij Rybolovlev, è uno dei dipinti più dibattuti del mondo dell'arte con squadre di studiosi contrari all’attribuzione e altre a favore, senza però ancora prove documentarie e scientifiche incontrovertibili. L'attribuzione è un tema caro agli esperti dell’arte e a quelli del diritto: ad Alberto Saravalle, Manlio Frigo, Francesco Sbisà e Silvia Stabile del Focus Team Arte e beni culturali, dello studio BonelliErede di Milano abbiamo posto delle domande sui rischio di uno strascico giudiziario.
L’attribuzione si sancisce una volta per tutte?
Nel settore dell'arte, a volte anche transazioni importanti, concluse in sedi prestigiose e nel rispetto di tutti i crismi possono in qualche occasione riservare delle sorprese. Questa vicenda pone l'accento sul valore delle attribuzioni (pareri, expertise, perizie, autentiche). Occorre sempre prestare una grande prudenza: il parere dell'esperto, dello studioso così come dello storico dell'arte, vale come opinione basata sulla propria competenza e connoisseurship, con la consapevolezza che ulteriori studi potrebbero confermare o disattendere tale parere con nuove attribuzioni dell'opera. L'esperto non può avere potenziali conflitti di interesse e dovrà dimostrare di avere adottato il metodo e gli strumenti di accertamento che siano riconosciuti come idonei ai fini dell'attendibilità delle sue conclusioni. Questo del Salvator Mundi non è che l'ultimo di non rari casi (si pensi al celeberrimo caso delle teste di Modigliani) che rendono evidente come l'esperto, non essendo più in vita l'artista, si assume il compito e la responsabilità di certificare o di negare l'attribuzione di un'opera con conseguenze potenzialmente notevolissime sia sul piano della sua credibilità scientifica, sia più in generale, sul piano economico.
Sull’attribuzione pesano valutazioni anche di ordine economico?
Più elevato è il valore commerciale dell'opera di cui venga contestata l'attribuzione, maggiore sarà il rischio di uno strascico giudiziario. Le possibili conseguenze sul piano civile e penale derivanti da una attribuzione incerta o mutevole potranno riverberarsi non solo sugli esperti, ma anche su tutti gli altri soggetti coinvolti, case d'aste e proprietari delle opere, lasciando vincitori e vinti ma in definitiva, il vero perdente è il regolare funzionamento del mercato dell'arte.
Quali sono i criteri di autorevolezza dell'esperto?
Lo studioso che si esprime sull'autenticità o sull'attribuzione di un'opera a un determinato autore deve essere preparato, qualificato e competente del periodo storico al quale l'opera si riferisce o dell'artista stesso (nel senso che non deve essere un generalista) e riconosciuto come tale nel settore dell'arte a livello internazionale. Tale verifica è operata attraverso, ma non solo, le pubblicazioni scientifiche, gli studi e le ricerche, i titoli accademici, l'esperienza professionale, la sua notorietà e stima sul mercato, la collaborazione con primari laboratori di ricerca e conservazione, l'indipendenza dell'esperto e l'assenza di conflitti di interesse, per esempio non deve essere un dipendente di una casa d'aste o un mercante.
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