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Il muro al cinema: quando «Il cielo sopra Berlino» disse «Goodbye, Lenin!»

Dal dramma alla commedia, tutti i generi della Settima Arte hanno provato a raccontare costruzione e caduta del luogo simbolo della Guerra Fredda. A partire da «Uno, due e tre!», capolavoro di Billy Wilder

di Francesco Prisco

Bruno Ganz in una celebre scena de «Il cielo sopra Berlino» di Wim Wenders (1987)

3' di lettura

Il cinema, vuoi o non vuoi, è stata l’arte principe del Novecento. La più giovane, innovativa, penetrante e, perché no, remunerativa del cosiddetto Secolo Breve. Come tutte le arti, ha pagato dazio al luogo simbolo della Guerra Fredda provando a raccontare le diverse stagioni del muro, dalla costruzione alla caduta. Con registri che cambiano col genere: dal dramma alla commedia, dalla rievocazione storica alla provocazione surrealista. Ecco una selezione delle pellicole che raccontano meglio quest’epoca.

Il «Cielo» di Wim Wenders
Dici Berlino e il pensiero va immediatamente a Il cielo sopra Berlino (1987), capolavoro di Wim Wenders, artista di punta del Junger Deutscher Film. La Guerra Fredda volge al termine e due angeli, rispettivamente interpretati da Bruno Ganz e Otto Sander, vagano invisibili sulla città, ascoltando i pensieri dei passanti, che si tratti di una donna incinta, un pittore, un uomo che pensa alla sua ex ragazza. Scena cult: il concerto di Nick Cave, all’epoca habitué della metropoli dimezzata. L’immagine di Bruno Ganz seduto sulla spalla della statua della Vittoria esprime bene l’idea di poesia applicata al cinema. Siccome nel 1989 il muro crolla, sarà necessario un sequel per aggiornare il destino di personaggi e città. Esce nel 1993 e si intitola Così lontano così vicino. Ci scappano i cameo di Lou Reed e Michail Gorbačëv. Roba così.

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La locandina originale di «Uno, due, tre!» di Billy Wilder

Amore oltre Cortina
Se ci chiedete qual è il più bel film mai realizzato sulla Guerra Fredda a Berlino, tuttavia tocca rispondere Uno, due, tre! di Billy Wilder. Esce nel 1961, esattamente lo stesso anno di costruzione del muro, ed è un capolavoro di ritmo e gag. È la storia di un manager americano (James Cagney), capo della sede di Berlino di Coca Cola che sogna promozione e trasferimento a capo della sede di Londra. Perché ciò accada è necessario che si ingrazi il suo superiore di Atlanta: quale occasione migliore che ospitarne la figlia (Pamela Tiffin) in vacanza in Europa? Il problema è che la ragazza è una testa calda: arriva a Berlino, varca il muro di notte e sposa (!) un giovane quanto fervente comunista (Horst Buchholz). Che ne dirà adesso papà? Apriti cielo...

Una scena del film «Uno, due, tre!»

Tra «Deutschland 83» e «Chernobyl»
Gli appassionati delle serie Tv hanno diverse strade per affacciarsi sul mondo ai tempi della Guerra Fredda. La prima si chiama Deutschland 83, sofisticatissima guerra di spie sull’asse Est-Ovest inquadrata negli anni in cui il modello del socialismo reale si apprestava a entrare in crisi, la seconda è Chernobyl. Ok, non parla della Germania dell’Est, ma per quanto ci riguarda resta valido il famoso detto del compagno Gorbačëv, secondo il quale il disastro della centrale nucleare ucraina datato 1986 fu tra le cause del collasso dell’impero sovietico.

Il film premio Oscar «Le vite degli altri»

Chi spia «Le vite degli altri»
Film di culto assoluto è Le vite degli altri di Florian Henckel von Donnersmarck (2006), premio Oscar 2007 come miglior film straniero. La vicenda si svolge a Berlino Est nel 1984: il capitano della Stasi Gerd Wiesler (Ulrich Mühe) viene incaricato di spiare Georg Dreyman (Sebastian Koch), famoso scrittore teatrale e intellettuale, ritenuto all’apparenza non pericoloso per il Partito comunista di regime. Spionaggio, delazione, carriera: una parabola seguita da molti ai tempi della Ddr. Alla faccia delle vite degli altri.

Scena iconica di «Goodbye, Lenin!»

«Goodbye, Lenin!»
Tra i film sull’età del muro realizzati dopo la caduta del muro, menzione speciale a Goodbye, Lenin! (2003), commedia amara di Wolfgang Becker con tratti di surrealismo. Trama: una fervente sostenitrice della Repubblica democratica tedesca (Katrin Sass) viene colpita da infarto alla vista del figlio (Daniel Brühl) pestato dalla polizia alle manifestazioni dell’ottobre 1989. La donna resta otto mesi in coma e, quando si sveglia, per precisa prescrizione medica non deve essere sottoposta a stress. Valle a spiegare tutto quello che è successo nel frattempo! Il figlio si assume dunque l’ingrato compito di allestire e tenere in piedi una dettagliatissima impalcatura di finzione. Perché la Ddr è finita ma mamma non lo deve sapere.

La locandina di «Totò e Peppino divisi a Berlino»

«Totò e Peppino divisi a Berlino»
Chiudiamo con un cult assoluto, guardando all’orticello di casa nostra che tante soddisfazioni ci ha dato. Eggià, anche l’Italia ha avuto il suo Uno, due, tre!: si intitola Totò e Peppino divisi a Berlino, esce nel 1962, a un anno dalla costruzione del muro, e porta la firma dell’artigiano di Cinecittà Giorgio Bianchi. Battute, colpi di scena e scambi di persona a ripetizione. Si sa che la storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. Chi lo diceva? Certo che lo sapete: l’eroe nazionale della Ddr. Tale Karl Marx...

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