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Il museo di Baltimora vende Warhol e Rauschenberg per comprare opere di artisti di colore e donne

di Silvia Anna Barrilà

Sara VanDerBeek. White Nude. 2013. The Baltimore Museum of Art: Purchased as the gift of Robert E. Meyerhoff and Rheda Becker, BMA 2018.4. © Sara VanDerBeek

4' di lettura

Passare dalle parole ai fatti. È quello che ha voluto fare il Museo d'arte di Baltimora vendendo sette opere della sua collezione di artisti come Warhol, Rauschenberg e Franz Kline - vale a dire “maschi bianchi” - per acquistarne altre di artisti di colore e di artiste finora esclusi dalla storia dell'arte narrata dai musei europei e americani, quali Jack Whitten, Amy Sherald e Lynette Yiadom-Boakye. Un tema molto sentito negli ultimi anni, che il museo di Baltimora ha affrontato con una mossa che può far discutere, ma che è stata a lungo soppesata e che ha senso in una città in cui più del 60% della popolazione è nera. “Il Baltimore Museum of Art, come ogni museo civico, deve sottoporsi ad un continuo processo di revisione della sua collezione e individuazione di aree da accrescere e migliorare con l'obiettivo di costruire una collezione che sia rilevante per la comunità che serve” ha detto il direttore del museo, Christopher Bedford. Le opere messe in vendita (una pratica chiamata “deaccessioning”, concessa ai musei americani a patto che i proventi vengano reinvestiti nella collezione) sono state scelte perché il museo già possiede opere più importanti dello stesso autore, oppure versioni più significative della stessa serie o della stessa fase di produzione dell'artista. La decisione della vendita delle singole opere è stata approvata dai trustees del museo e anche da coloro che le avevano donate al museo.

Le vendite. Così lo scorso maggio, da Sotheby's a New York, il museo ha messo all'asta l'olio su tela “Green Cross” dell'espressionista astratto Franz Kline del 1956, venduto per 5.195.600 dollari (stima 6,5-7,5 milioni); due tele di Kenneth Noland, rappresentante del movimento del Color Field, “Lapis Lazuli” del 1963, venduta per 615.000 dollari (stima 400-600.000) e “In-Vital” del 1982, venduta per 237.500 dollari (stima 150-200.000); un'opera di un altro rappresentante del Color Field, il russo-americano Jules Olitski, “Before Darkness II” del 1973, venduta per 50.000 dollari (stima 20-30.000); e un “Oxidation Painting” del 1978 di Andy Warhol, venduto per 3.375.000 dollari (stima 2,5-3.5 milioni). Un totale di quasi 10 milioni di dollari, ai quali si aggiungono i proventi non rivelati derivati dalla vendita di due opere in trattativa privata: il murale “Bank Job” di Robert Rauschenberg del 1979 e l'opera “Hearts” dello stesso anno di Warhol. Secondo quanto riporta Artnet, i ricavi derivati dalla vendita dei due Warhol sono destinati ad essere spesi nei prossimi tre-cinque anni, mentre quelli delle altre opere vanno a costituire un fondo dal quali il museo può attingere solo il 5% all'anno, in modo che anche i successori dell'attuale direttore abbiano la possibilità di acquistare opere rilevanti per il proprio momento storico.

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E gli acquisti. Ed ecco, allora, che a fine giugno il museo ha annunciato l'acquisizione di 23 nuove opere, di cui sette comprate in parte grazie al ricavato dell'asta di maggio. Si tratta di: “Baltimore” di Isaac Julien, filmmaker inglese di colore, classe 1960, candidato al Turner Prize nel 2001, rappresentato da diverse gallerie in vari paesi del mondo tra cui Victoria Miro a Londra e Metro Pictures a New York. Nei suoi lavori Julien spesso si interroga sulla rappresentazione dei neri nella cultura visiva, e anche questa video installazione a tre canali è un'allegoria della storia, delle razze e delle classi. Poi il museo ha acquistato il film “In The Body of the Sturgeon” di Mary Reid Kelley e Patrick Kelley, duo americano noto per i suoi film che con umore nero riconsiderano le persone marginalizzate dalla storia, e un lightbox legato al film, “Gaudy Night”. Poi una scultura della keniana Wangechi Mutu, un'artista già ben nota al mercato internazionale, intitolata “Water Woman”, una figura a cavallo tra la letteratura occidentale e la cultura narrativa africana.
Il museo, inoltre, ha acquistato “9.11.01” di Jack Whitten, artista afro-americano scomparso lo scorso gennaio, attualmente in mostra al museo con delle sculture dell'ultima fase della sua produzione. L'opera, una riflessione sull'11 settembre, è esposta nella mostra a lui dedicata al museo. Poi un dipinto di un'altra artista celebrata dal mercato, Lynette Yiadom-Boakye e, infine, “Planes, rockets, and the spaces in between” di Amy Sherald, un'artista diventata famosa per il suo ritratto della ex-First Lady Michelle Obama, che ha avviato un dibattito pubblico sul ruolo del ritratto e i codici di rappresentazione nelle immagini dei neri americani. A 44 anni è da poco entrata nella scuderia di Hauser & Wirth , che le dedicherà una personale a New York nel 2019.
Oltre a queste opere, il museo di Baltimora di recente ha acquistato un'opera di Mark Bradford, star del padiglione americano all'ultima Biennale di Venezia , due fotografie di Zanele Muholi, artista emergente sudafricana che sta vivendo una rapida ascesa, un dipinto della nigeriana Njideka Akunyili Crosby, un'altra artista in grande crescita, e dell'astrattista nigeriano Odili Donald Odita, ma anche opere di artisti giapponesi e cinesi come Kenji Nakahashi, Wang Qingsong, Toshio Sasaki, Noh Suntag e Yoshihiro Tatsuki.
“I musei stanno entrando in una nuova era di accresciuta consapevolezza di storie incomplete e pregiudizi che devono essere affrontati” ha dichiarato il direttore del museo Christopher Bedford. “Nell'acquisire opere dei più importanti artisti neri e donne che lavorano negli Stati Uniti, oltre a opere importanti da Corea, Cina, Messico e Giappone, ci auguriamo non solo di affrontare metodicamente le precedenti omissioni nella nostra collezione, ma di ampliare anche il canone e la narrazione storica raccontata attraverso l'arte. Procedendo in direzione di una rappresentazione equa e dell'accuratezza storica nella nostra collezione, aspiriamo a diventare un riflesso migliore della nostra comunità di Baltimora e a condurre un dialogo fruttuoso sulle future pratiche museali tra i nostri colleghi. Questo gruppo di acquisizioni è solo l'inizio”. Riflessioni che in Italia sembrano ancora molto lontane.

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