Il graffio del lunedì

Il Napoli dà un bel 4 al professor Sarri. Lo schianto della Juve: Agnelli sotto accusa

Se il Napoli ride e si diverte, il Milan piange assai. C'è qualcosa che non va nella squadra di Pioli

di Dario Ceccarelli

Serie A, l'Inter continua la rincorsa alla vetta

5' di lettura

Nella notte dedicata a Maradona, con lo spirito di Diego che dà le ali al Napoli, la Lazio subisce una bruciante sconfitta che dovrà far riflettere Maurizio Sarri, incapace di dare anima e corpo a un gruppo di giocatori mai in grado di opporsi ai partenopei, autori di una partita che resterà nella storia del Napoli, ora da solo in testa alla classifica dopo la nuova caduta del Milan col Sassuolo.

Dries Mertens e l’ex maestro Sarri

Che legnata per il professor Sarri! Che non solo si prende una spazzolata storica dal Napoli (4-0), che stupisce per le proporzioni, ma gli tocca anche subire l'irriverente sberleffo di Dries Mertens, autore di una doppietta d’antologia che ha demolito proprio il suo ex maestro, colui che l'aveva lanciato come uno dei centravanti più prolifici dell'ultimo decennio. Basti pensare a quei i 28 gol nei 2016-17 con la maglia azzurra.

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Una stagione sicuramente non ripetibile, quello di Mertens, ora non più ragazzo con le sue 35 primavere. Però in questo momento, con Osimhen infortunato, la nuova giovinezza del belga sta facendo molto comodo al Napoli, che con questo straripante successo sulla Lazio cancella tutti i dubbi dopo due sconfitte consecutive con Inter e con lo Spartak.

Per i partenopei, decimati dalle assenze, una rassicurante prova di affidabilità in un momento particolarmente delicato, con l'Inter e l'Atalanta che viaggiano a gonfie vele ricandidandosi per il titolo. Oltre alla doppietta di Mertens, vanno segnalate le reti di Zielinski e di Fabian Ruiz, un sinistro imparabile all'85'. Luciano Spalletti, dopo tante critiche, si prende una bella rivincita e lancia un avviso a chi insegue: non siamo in testa alla classifica per caso. Il Napoli non è un fuoco d'artificio. Chi vuole puntare allo scudetto dovrà fare i conti con noi.

Nuovo tonfo del Milan

Se il Napoli ride e si diverte, il Milan piange assai. C'è qualcosa che non va nella squadra di Pioli. Qualcosa che scricchiola. La nuova sconfitta col Sassuolo (1-3) la seconda consecutiva, accende una spia d'allarme nel team rossonero che ha subito 7 reti in due partite.

Certo, in mezzo c'è stata la bella impresa con l'Atletico Madrid, squadra da tempo immemore imbattuta in casa. Però questo scivolone casalingo con il Sassuolo è proprio brutto. Caratterizzato, tra l'altro, da errori e imprecisioni inaccettabili come in occasione del pareggio degli emiliani, nato da un abbaglio di Bakayoko; oppure nel terzo gol di Berardi, scaturito da un'altra clamorosa distrazione di Kessie.

L'impressione è che la coperta rossonera sia diventata troppo corta. Il turnover funziona se fatto a piccole dosi. Non quando gli infortuni si moltiplicano (Calabria, Tomori, Rebic e via elencando). Alla fine si paga dazio. Soprattutto se si incontra una squadra fresca e pungente come il Sassuolo, desiderosa di ben figurare con una candidata allo scudetto.

Anche il grande Ibra, questa volta sembrava un’anima in pena. Quasi sempre in fuori gioco, non ha mai praticamente inciso. Gli infortuni si pagano. Bisognerebbe anche domandarsi come mai, al Milan, l'infermeria è sempre così affollata. Pioli, che ha da poco rinnovato il contratto, dovrà pensarci. E trovare presto delle risposte.

Il calvario della Juve

E' il destino dei grandi: che fanno parlare di sé sia quando sono sull'onda, sia quando si schiantano. Parliamo della Juventus, naturalmente. Che dopo la sconfitta con l'Atalanta, quinto ko stagionale, ha praticamente azzerato le speranze di rimonta scudetto. E lasciamo perdere la goleada subita col Chelsea.

Ma siccome al peggio non c'è mai fine, eccola prendere di nuovo il centro della scena per l'inchiesta dalla procura di Torino sulle famose plusvalenze che vede indagati tutti i vertici della società al completo, partendo quindi dal suo presidente Andrea Agnelli, una figura da tempo sono la pressione di “eventi avversi,” per usare un eufemismo.

Qualcuno più addentro a questi maneggi ( è da almeno 20 anni che le società di calcio, sempre più indebitate, utilizzano il trucco della plusvalenze per camuffare i bilanci) potrà spiegare con dovizia di particolari quanto la Juventus sia solo la punta di un iceberg di un sistema che rischia, anche per i danni non previsti provocati dalla Pandemia, di andare a pezzi e inabissarsi nel gorgo dei fallimenti e delle inchieste dei giudici, spesso felicissimi di mettere le mani sul grande intrallazzo del calcio.

Del resto perchè stupirsi? Se un giocatore come Ronaldo costava al 31 milioni a stagione, per non parlare di Allegri che ne incassa otto per galleggiare a metà classifica, come si può pensare di mettere in ordine dei bilanci sempre più devastatati da una crisi economica arrivata ormai al suo punto di rottura?

Ma sono le famose “prediche inutili”. Si rischia di diventare noiosi. Dei barbogi invisi anche ai tifosi che pretendono le star nonostante disavanzi da paura (la Juve 282 milioni). Prediche inutili: come parlare della corruzione nella politica e di malaffare negli appalti. Alla fine, prevalendo la paura comune dello schianto, va sempre finire tutto a tarallucci e vino.

Si chiederanno altri soldi allo Stato, qualche intervento tampone, e via così. Detto tutto questo, a proposito della Juventus, c'è un altra questione dalla quale non si può sfuggire: ed è quella che riguarda la figura di Andrea Agnelli.

Nessuno nega che questa presidenza abbia realizzato un ciclo straordinario di successi, però negli ultimi anni è successo di tutto. E quasi sempre in negativo: dall'incredibile valzer di allenatori in tre anni, al patetico caso Suarez, una figuraccia collettiva messa in qualche modo a tacere nell'imbarazzo generale.

E poi i risultati sul campo: gestiti male, anche quando non erano così catastrofici. E infine i due pezzi da novanta della mala gestione di Agnelli: la fallimentare vicenda della Superlega e ora, dulcis in fundo, anche questo ennesimo scandalo finanziario con tutta la società messa sotto inchiesta.

Si ha un bel dire che “così fan tutti “, ma qui c'è un problema urgente, sia di immagine sia di risultati. Alcuni dirigenti sono già scappati (Marotta, Paratici), altri come Pavel Nedved sono attaccati alla poltroncina con un super collante. Agnelli però non può continuare a far finta di niente, come se fossimo in mezzo alla solita baruffa mediatica sul rigore dato o non dato o su qualche torto arbitrale.

La Juventus ha un nome, un prestigio, uno stile da difendere. Adesso c'è ben poco da difendere. E qui non basta una vittoria a “corto muso” come piace al conte Max, o una rimonta dei bei tempi che furono. E' proprio tutto che scricchiola. Un regno che sembra sul punto di tramontare, con tutti che scappano dalle proprio responsabilità come nei regimi che crollano.

Con la Guardia di Finanza, forse, si può trovare un escamotage, anche se non sono più tempi per fare il gioco delle tra tavolette. Ma c'è un altro giudice, quello dell'opinione pubblica, che non si può continuare a prendere in giro, a raccontargli storielle che, troppe volte, abbiamo già sentito. E' a queste domande che Andrea Agnelli dovrebbe dare delle risposte.

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