Il no di Gallimard a Céline: i pericoli di una folle condanna all’oblio
di Serena Uccello
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«In nome della mia libertà di editore e della sensibilità che ho maturato in quest'epoca sospendo questo progetto, considerando che non ci siano le condizioni metodologiche e memoriali per svilupparlo in modo sereno». Con queste parole l’11 gennaio Antoine Gallimard annuncia che la casa editrice di cui è presidente «sospende» il progetto di ripubblicare gli scritti antisemiti di Louis Ferdinand Céline - i pamphlets, Bagatelles pour un massacre, L'Ecole des cadavres e Les Beaux draps - in una raccolta intitolata Ecrits polemiques.
Un passo indietro: uscite nel 1937, 1938 e 1941, le tre opere non sono state più pubblicate dalla fine della seconda guerra mondiale. Fu lo stesso Céline a volerlo, la vedova, Lucette Destouches, dopo la morte del marito ne fece rispettare la volontà salvo recentemente cambiare idea. A questo punto Gallimard manifesta l’idea di una riedizione critica. Le cautele sono massime visto che il lavoro viene affidato a un curatore di peso come il professore universitario Régis Tettamanzi, prevista pure una prefazione firmata dallo scrittore Pierre Assouline. La diffusione della notizia però diventa fuoco che infiamma: interviene il governo, interviene la comunità ebraica francese, intervengono numerose associazione impegnate nella lotta al razzismo e alla xenofobia. Come riporta in Italia l’agenzia Ansa in un pezzo firmato da Paolo Levi, il delegato interministeriale per la lotta al razzismo e all'antisemitismo, Frederic Poitier, scrive all’editore per chiedere “garanzie”: «In un contesto in cui il flagello antisemita va combattuto con forza, le modalità di presentazione al grande pubblico di questi scritti vanno pensate attentamente». E poi (se già il messaggio non fosse stato abbastanza chiaro) : «La qualità dell'apparato critico che accompagna questi testi, come anche la capacità di chiarire il contesto storico e ideologico in cui vennero prodotti e la comprensione dei traversi dell'autore nonché gli errori fattuali in essi contenuti, diventa determinante».
La cronaca dunque è la narrazione di una retromarcia che però rischia di alzare il tiro della polemica ancora di più. Fino ad esplodere il confronto su temi che finiscono persino per superare il rapporto con un genio smisurato quanto odiabile. Qui non si tratta più di girare intorno alla facile schematizzazione, ormai, autore geniale-uomo pessimo. Che il tema sia carne viva è evidente dal dibattito sui social. Un esempio, il dibattito aperto da un post sulla bacheca dello scrittore Giulio Mozzi (Einaudi, Mondadori, più di recente per Laurana; ma anche editor, consulente per Marsilio, ideatore della Bottega di narrazione). Mozzi scrive: «Le generazioni future non avranno il diritto di sapere che l'autore di Morte a credito e Viaggio al termine della notte era un porco fascista e antisemita». Mozzi usa la provocazione per smascherare l’insensatezza e la fragilità di una decisione che rinuncia a un progetto ambizioso per arretrare, non allungare il passo ma rannicchiarsi in difesa.
«Mi dispiace - mi dice Mozzi -, mi dispiace perché la collana, isolata dal resto delle opere di Céline era ben pensata, affidata a un curatore bravissimo, studiata con tutte le cautele possibili. Rinunciarvi vuol dire correre anche il rischio che a queste opere accada quello che è accaduto alle opere di Ezra Pound: che sono state spesso ripubblicate ed usate in modo piratesco da editori le cui scelte e la cui formazione fanno riferimento all’ideologia fascista, senza gli strumenti adeguati per essere ben compresi. Una damnatio memoriae di questo tipo rischia paradossalmente di alimentare un a circolazione sotteranea fuori controllo. È come se in Italia si decidesse di non pubblicare più Cesare Lombroso, visto che le sue tesi dal punto di vista scientifico sono sonore sciocchezze. Invece Lombroso continua ad essere pubblicato ed è giusto farlo perché è stato un grande intellettuale italiana riconosciuto nel mondo, perché è interessante capire il contesto il cui le sue teorie sono maturate, perché così possiamo capire le ragioni per le quali in criminologia ha ancora senso parlare di Lombroso».
Un modo facile per provare a “salvare” Céline, per tirarlo fuori dalle secche in cui la sua biografia lo ha inchiodato è quello di chi differenzia le diverse fasi dell’opera dell’autore francese, quasi a spaccare l’uomo in due. La tesi non convince Mozzi perché appunto «le persone non si possono dividere» e perché farlo vorrebbe dire autorizzare implicitamente la damnatio memoriae: salviamo cioè quel che ci aggrada, buttiamo al macero il resto. Salviamo il vero Céline, l’altro quello controverso via. Per Mozzi, no questo «è un ragionamento che non può funzionare».
«C'è un autore rumeno - aggiunge - che si firma con il nome di un personaggio di Dracula, Van Helsing mi pare: è l’autore di testi folli, che tracciano trame massoniche ai protocolli di Sion. La Germania ne ha vietato la pubblicazione ma il web ne è pieno. Questo per dire che decisioni di questo tipo rischiano di alimentare una lettura ingenua e quindi fatta male»
Ma perché Gallimard ha ceduto? Domando. «Questo bisognerebbe chiederlo a loro. Nel senso che la pubblicazione avrebbe potuto tranquillamente passare inosservata. È successo invece che qualcuno ha sollevato la questione. Da ciò è seguita la storia che conosciamo. La valutazione, evidentemente, del momento politico li ha convinti a rimandare: tra scegliere di uscire ed affrontare la tempesta e rinviare, hanno deciso di aspettare un momento più tranquillo, di rimandare. Ciò non è affatto positivo però: non è cioè bel segnale che l’ufficio stampa di una casa editrice come Gallimard non si sia stato in grado di affrontare una situazione di questo tipo».
Pavidità? «No, non credo. Semplicemente - dice Mozzi - hanno fatto quattro calcoli e si sono detti che non sarebbero riusciti a gestire la cosa. Hanno fatto una scelta improntata alla prudenza, anche perché non mi pare che abbiamo parlato di rinuncia. Hanno rinviato, almeno lo spero, a una fase più tranquilla. Tutto ciò tuttavia ci deve far riflettere: quando le voci esplodono e si alimentano diventano ingestibili persino da un soggetto forte come Gallimard. Pensiamo ad esempio a quello che è successo in Italia con la vicenda dei sacchetti biodegradabili. Tutti a parlarne senza sapere che in realtà i sacchetti li abbiamo sempre pagati, ora semplicemente il costo viene specificato nello scontrino». La folla di Seneca adeguata al tempo presente, pompata dalla potenza delle tecnologia, si fa un mostro senza controllo. E la difficoltà «è dei governi, di Gallimard, dei media».
«Mi dispiace - ripete Mozzi - come mi dispiace che non si riesca ad accettare il fatto che è stato un nazista, lo è stato per dieci anni, ma lo è stato. Pensiamo al nostro D’Annunzio. Tra le sue opere meno lette ci sono quelle dedicò a Mussolini. La sua opera è tutto integralmente pubblicata, ma queste opere non sono lette, e non lo sono perché sono brutte. Questo per dire che alla fine sono i lettori a selezione e a determinare la vita di un’opera».
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