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«La civiltà che abbiamo costruito ad oggi ci sta distruggendo molto velocemente. Il mio appello è: costruiamo una nuova civiltà prima che questa distruzione avvenga. Altrimenti i nostri figli sarebbero le prime vittime. Bisogna creare un mondo a tre zeri: zero emissioni inquinanti, zero concentrazioni della ricchezza e zero disoccupazione».
È quanto ha detto Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace, nel suo intervento al Festival dell’economia di Trento, durante il panel L’impresa sociale per uno sviluppo sostenibile, al quale hanno partecipato anche Erika Stefani, ministro per le Disabilità, il cardinale Mauro Gambetti, vicario del Papa per la Città del Vaticano, ed Elena Beccalli, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Club tre zero
Yunus ha invitato i giovani, in sala erano presenti numerosi studenti, a creare dei Club tre zeri, esortandoli a coinvolgere la famiglia e gli amici in questi club, in modo da far crescere l’iniziativa in modo esponenziale.
«I giovani - ha aggiunto - devono prendere il controllo del pianeta», un pianeta che ha paragonato a un’astronave nello spazio: «Voi giovani - ha chiosato - non siete dei passeggeri su questa astronave, siete i piloti».
Il Nobel per la pace 2006, durante il suo intervento, ha raccontato di come, da giovane insegnante, abbia sviluppato l'idea del microcredito arrivando a fondare la Grameen Bank, con l’obiettivo di «fare business per risolvere i problemi della gente». La carità, ha detto, «ha un limite: non torna indietro. L’intento del business sociale, invece, è di prestare soldi, per aiutare a fare affari chi non li ha . E così i soldi tornano indietro».
Yunus ha spiegato di non essere un banchiere. «Lo sono diventato - ha detto - ero solo un giovane insegnante in un villaggio del Bangladesh. Ogni giorno pensavo a cosa potevo fare, anche piccole cose, per aiutare le persone povere e proteggerle dagli usurai. Allora ho deciso: avrei messo io a disposizione, a tassi onesti, il denaro di cui avevano bisogno per le loro attività: creare un’impresa, vendere le proprie merci, fare il raccolto».
Il microcredito, ha proseguito, «funziona così: si prestano pochi soldi, a persone che hanno solo bisogno di sostegno e fiducia. Così abbiamo creato un progetto per lo sviluppo che è sorprendentemente diventato una banca nazionale».
L’economia diventa egonomia
Alle parole di Yunus hanno fatto eco quelle del cardinale Mauro Gambetti, vicario del Papa per la Città del Vaticano. «L’economia - ha sottolineato - dovrebbe dare ordine alle attività umane. Invece è diventata egonomia, mettendo al centro l’individuo. Un problema che non tocca solo un popolo: è mondiale».
Gambetti ha ricordato che «Già Benedetto XVI, nell’enciclica Deus caritas est, diceva che le attività economiche devono poter sviluppare la propria imprenditorialità intorno a ragioni non solo di profitto. La Cristianità porta con sé un concetto che non è quello di homo faber o homo oeconomicus, ma di homo pauper. Quest’ultimo non è colui che non ha beni, ma colui che è distaccato dai beni, fino al punto di non considerarli fine o prolungamento nel mondo, tanto che può farne a meno».
Gambetti ha anche detto di essere «favorevole all’aumento dei salari. Gli aumenti vanno dati nella direzione del riconoscimento dell’impegno, non tanto dai risultati. Ricevi sulla base di quello che vai restituendo».
Disabilità non significa assistenzialimo
Il ministro Stefani ha, invece, concentrato il suo intervento sulle disabilità. «Quando si parla di disabili», ha affermato, si deve uscire dal preconcetto «che si tratti di materia di natura assistenzialistica. Non è così».
Per suffragare queste parole, Stefani ha evidenziato che «vi sono già oggi aziende profit che hanno progettualità interne di valorizzazione che includono persone disabili. Parlo di grandi aziende, che non hanno bisogno di mettere in rilievo, con queste iniziative, il proprio marchio ma, invece, hanno compreso la linea del futuro».
La disabilità, ha concluso il ministro, «non può limitarsi a essere solo rispetto di una quota di collocamento ma deve essere, appunto, valorizzazione delle risorse. Spesso le imprese precorrono la politica e questo dà coraggio di credere che stiamo navigando verso una vera inclusione».
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