poesia

Il non detto si fa corrosivo

Tra l'analitico e il fulmineo le “Variazioni sul vuoto” di Niccolò Nisivoccia

di Alberto Fraccacreta

(Photo12 via AFP)

2' di lettura

Spesso la poesia nasce da un incontro con qualcuno o con qualcosa. E da tale incontro – sicuramente decisivo per il soggetto scrivente – scaturisce un pensiero (il cosiddetto «pensiero poetante») continuo e ossessivo, la cui consistenza filosofica, abbarbicata a uno slancio emotivo per nulla avaro, cresce con l'addentrarsi nell'incavo della dialettica.

Variazioni sul vuoto di Niccolò Nisivoccia possiede proprio questo andamento tra l'analitico e il fulmineo, il logico e l'orizzontale, nel riguardo dei quali il non detto, la reticenza sembrano emergere con forza estrema.

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Si tratta di petit poèmes en prose sul modello di surrealismo e postsurrealismo (Char, in particolare), dotati di una corrosività concettuale che ricorda alcune pagine dei moralisti francesi (Cioran): siamo quindi nel terreno dell'aforisma e del distillato lirico («La vita nel suo semplice darsi – sospeso ogni giudizio, redento ogni peccato, spariti i confini. La vita noncurante di sé stessa, inconsapevole, perfino ignara»), seguendo una linea di poeticità che si apre esattamente nel punto in cui sembra serrarsi («Quei momenti di estasi, tra il tormento e lo stupore»).

È evidente che l'incontro fondamentale di Nisivoccia – l'espace littéraire, direbbe Blanchot – avviene con la percezione del vuoto nella sua declinazione più bruciante («Ogni volto è un vuoto, che riempiamo della nostra storia. Il nostro volto come un vuoto che si fa carne, forma della nostra storia») e, addirittura, nei suoi effetti febbrili («Lo stupore del vuoto. L'emozione davanti all'ignoto»). Come si può notare, non sono abolite dal poeta le gabbie metriche né gli snodi di rime, assonanze, consonanze: sono soltanto nascosti graficamente nel flusso – all'apparenza – tranquillo della prosa.

Il cipiglio di Caproni

Il deciso cipiglio caproniano («Lavorare a lunga scadenza. Aspettare, avere pazienza») con improvvisi cambi di rotta («Accogliere Caino, incontrarlo, perfino restituirgli l'ascolto»), le falsificazioni à la Pessoa («Lo vedi questo vuoto slabbrato di Storia e memoria. Né un prima né un dopo. La solitudine di Álvaro de Campos») e gli scongiuri montaliani («Vivere nella tua assenza. La violenza di rinunciare alla mia stessa essenza») sono allora elementi in grado di decifrare il vuoto, stendere una colata di pienezza nei lancinanti spifferi della non consistenza. Possibilmente senza dimenticare mai – ed è qui che la dialettica poetica ritrova la sua perfetta circolarità – la concretezza (etica ma anche ontologica) della presenza nell'altrui viso: «Nel tuo volto, che mi guarda, la mia responsabilità».

Niccolò Nisivoccia, Variazioni sul vuoto, Edizioni Le Farfalle, pp. 58, € 10


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